A qualcuno potrà apparire strano, forse qualcuno non ci ha mai pensato – troppo preso magari dai lucenti filmati dei mari tropicali – ma il Mediterraneo offre una biodiversità straordinaria in un mare relativamente piccolo (detto per inciso, rappresenta infatti solo l’un per cento di tutti i mari del globo) e oligotrofico (povero di sostanze nutritive). Secondo i dati riportati dal sito di Lega Ambiente Arcipelago Toscano (www.legambientearcipelagotoscano.it) nel bacino del Mediterraneo sono presenti circa il 6% delle specie marine mondiali, di cui circa il 28% è endemica. Innanzitutto definiamo brevemente il concetto di biodiversità: con questo termine, ormai utilizzato non solo in ambienti strettamente scientifici, si intendono tutte le forme animali e vegetali geneticamente dissimili nei vari ecosistemi terrestri1. Si tratta di una traduzione letterale della parola inglese biodiversità: in realtà, avendo la parola diversity il significato di “varietà, molteplicità”, biodiversity si dovrebbe tradurre più precisamente con “biovarietà”. A questo riguardo, il Mare Nostrum non ha nulla da invidiare agli altri mari del mondo, non a caso è stato indicato dalla World Conservation Union (Iucn) come “Global biodiversity hotspot”2.
A questo concorrono vari fattori: lo scambio con l’Atlantico e l’Oceano Indiano (tramite il Mar Rosso); l’afflusso dei grandi fiumi che vi sfociano (si pensi al Rodano, al Po, all’Ebro, al Nilo), i quali coi loro delta formano vari ecosistemi nelle diverse coste; e infine il relativamente recente fenomeno della tropicalizzazione, sebbene non si possa certo dire che quest’ultimo abbia contribuito all’arricchimento della biodiversità (con tutta probabilità, al contrario, sta contribuendo al suo impoverimento, almeno per quanto riguarda le specie autoctone). Nel Mediterraneo si concentrano e convivono specie tipiche dei mari del Sud con specie provenienti dal Nord, stanno affluendo specie aliene che trovano nel suo caldo bacino un ottimo habitat per proliferare: molte di queste, infatti, possono essere ora considerate in qualche modo “stabili”, cioè specie ormai da considerare quasi autoctone (squali martello, pastinache,murene e via di questo passo)3
Prendiamo come esempio i cetacei (sul www.lifegate.it è riportata una scheda interessante): nel Mediterraneo si possono incontrare 21 specie di cetacei, alcune delle quali vi risiedono “in pianta stabile” – cioè si possono osservare regolarmente – e altre che compaiono invece occasionalmente. Nel primo gruppo troviamo la Balenottera Comune, il Capodoglio, il Delfino Comune e il Tursiope; fra gli occasionali l’Orca, la Megattera e la Pseudorca; esistono poi delle specie che accidentalmente visitano il nostro mare (e che sono definite specie “accidentali”), come la Balenottera Boreale o la Focena. Non male, per il piccolo mar Mediterraneo…
Sul sito dall’Aiam (www.aiam.info) c’è una sezione dedicata ai siti dove è possibile reperire tutti i dati concernenti la florida, sterminata varietà della fauna e della flora acquatica mediterranea. Una prosperità che il WWF da ormai diverso tempo si batte per conservare, con l’obiettivo di non limitare la conservazione non solo delle specie a rischio (come la tartaruga marina e la famosa foca monaca), ma di tutto l’intero ecosistema al fine di preservarne l’integrità e la salute4. Talvolta certi toni allarmistici possono sembrare inutilmente isterici, ma è altrettanto vero che la pesca “non sostenibile”, la cattura accidentale di specie protette e il turismo privo di una qualsivoglia logica “ambientalista” possono provocare gravi rischi che si ripercuoterebbero anche sull’economia dei paesi affacciati sul Mediterraneo.
1 Definizione tratta da Wikipedia.
2 Dati riportati dal sito di Lega Ambiente di cui sopra.
3 Si visiti il sito del Ciesm (Mediterranean Science Commission), www.Ciesm.org
4 A tal proposito c’è da sottolineare la preoccupante regressione della Poseidonia Oceanica, pianta di vitale importanza per il Mar Mediterraneo: se n’è parlato nell’articolo dedicato alla tropicalizzazione del Mediterraneo.
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