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Un segreto lungo cinque secoli svelato dalla Divisione di Paleopatologia dell’Università di Pisa. Lo studio dello scheletro di Maria Salviati ha rivelato i segni inequivocabili della sifilide venerea nella sua fase terziaria.

La Divisione di Paleopatologia dell’Università di Pisa si è resa protagonista di una nuova scoperta che riscrive la storia della famiglia dei Medici di Firenze. Nel 2012 è stata condotta dall’equipe pisana la riesumazione dei resti di Giovanni dalle Bande Nere (1498-1526) e di sua moglie Maria Salviati (1499-1543), sepolti nelle Cappelle Medicee di San Lorenzo a Firenze. Lo studio dello scheletro di Maria Salviati ha rivelato i segni inequivocabili della sifilide venerea nella sua fase terziaria: sono ad esempio evidenti le lesioni sifilitiche sull’osso frontale del cranio.


Il cranio di Maria Salviati visto frontalmente. Sono evidenti le lesioni sifilitiche sull’osso frontale (Archive of the Division of Paleopathology. University of Pisa)

La diagnosi è una novità assoluta nella storia delle malattie dell’illustre casato: dai documenti del tempo non risulta infatti che Maria soffrisse di sifilide, una malattia ben conosciuta dai medici del Rinascimento, ma che non le fu mai esplicitamente diagnosticata. Sappiamo invece che la stessa nobildonna rifuggiva le visite approfondite dei dottori, quasi a tenere nascosta per pudicizia le manifestazioni più eclatanti del male che la tormentava.

Maria probabilmente venne infettata dal marito, il celebre Giovanni dalle Bande Nere, che aveva una vita sessuale sregolata, ricca di frequentazioni con prostitute, in un’epoca in cui il male venereo serpeggiava tra le cortigiane e tra chi conduceva il mestiere delle armi. Dopo la scoperta delle Americhe, infatti, la sifilide fece la propria comparsa in Europa con una violenza di manifestazioni cliniche e una virulenza che si attenuerà solo dopo la metà del ’500.


Ritratto di Giovanni de’ Medici detto “delle Bande Nere” dipinto da Francesco de’ Rossi nel 1546–1548. Olio su tavola (Firenze, Istituti Museali della Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Fiorentino, Palazzo Pitti, Galleria Palatina).

Di sifilide si ammalarono persone di tutti i ceti sociali, e moltissimi aristocratici furono colpiti dal “mal francese”, come era anche chiamata in Italia la terribile malattia. “La scoperta della sifilide di Maria Salviati arricchisce la storia della famiglia Medici di un dato finora sconosciuto, mostrando tutte le potenzialità della ricerca paleopatologica in campo storico-medico”, afferma Valentina Giuffra, direttore della Divisione di Paleopatologia dell’Ateneo pisano.

Lo studio è stato pubblicato sul numero di giugno della prestigiosa rivista “EmergingInfectiousDiseases” del Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta, ed è stato ritenuto così interessante da guadagnare la copertina del periodico scientifico. Gli autori sono Antonio Fornaciari, Raffaele Gaeta, Simona Minozzi e Valentina Giuffra.

La sifilide costituisce oggi una malattia infettiva riemergente, pericolosamente in espansione anche nel mondo occidentale a causa della scarsa attenzione alla prevenzione e alla protezione nei rapporti sessuali.

Antonio Fornaciari, primo autore del lavoro, spiega: “La scoperta della sifilide di Maria Salviati permette di approfondire l’impatto sociale e culturale della sifilide sulla società rinascimentale. Una malattia che non era considerata con imbarazzo per gli uomini, era invece socialmente stigmatizzata per le donne e considerata sintomo di dissolutezza morale. La malattia di Maria Salviati, anche fosse stata diagnosticata, non poteva essere divulgata. In un momento storico così delicato, in cui Cosimo I in cerca di legittimazione politica stava gettando le basi del Granducato di Toscana, non poteva passare il messaggio che la madre del futuro granduca fosse malata di sifilide”.

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