il miracolo del Rei
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È tutto vero. Ne “Il miracolo dei Rei”, docufilm che narra le vicende della colonia penale che è stata la più grande di tutta Italia, tutto è vero.

Le date, i fatti, i personaggi, le conversazioni estratte da documenti storici, diari e articoli giornalistici.

Sono vere le storie degli uomini raccontate, sono veri i nomi, i cognomi, sono vere le circostanze, è vera l’ampiezza impressionante dei territori che i carcerati bonificarono, 6500 ettari. Impossibile guardarli o immaginarli tutti insieme.

Sono veri i morti, un numero scioccante, è vera la malaria che è stata la maledizione lunga millenni di un’isola bella da togliere il fiato, sono veri i luoghi che non dimenticano, d’altronde “la natura non dimentica mai. Sono gli uomini a dimenticare”.

È tutto vero e questo rende la storia ancora più singolare.

Perché tra il 1875 e il 1956 un ampio lembo di terra del Sarrabus, ammalato di malaria e solitudine è stato trasformato. La metamorfosi, come in un incanto doloroso, è costata vite, pazienza, competenza e coraggio. La farfalla nata è quella che noi oggi conosciamo come uno dei territori più belli del sud Sardegna: Castiadas.

Una storia singolare, così come singolare è stato il suo destino. Nel 1956 quando gli edifici della colonia penale vennero abbandonati, questa storia ugualmente rimase orfana. Dimenticata. Cancellata.

Quando Alessandra Usai, regista, mi ha proposto di lavorare alla stesura dei dialoghi, mi pregò di raccontare la storia di Castiadas con il cuore e con la poesia. Mi chiese di farlo perché la storia di Castiadas era anche, in parte, la sua storia.

Il merito di Alessandra Usai non è stato solo quello di recuperla questa storia, ma pure quello di raccontarla come si fa con le vicende preziose: usando il cuore in stretta collaborazione con la testa.

Ho risposto di sì, alla sua proposta intendo. Subito. Non ci ho pensato nemmeno per un momento. Perché raccontando la sua storia, ho avuto modo di raccontare anche la mia. Per cui Alice, la narratrice, impersonata da Katia Monni, è forse in parte Alessandra, in parte me. E allora metterci cuore e poesia è stato inevitabile.

È così che “Il miracolo dei rei” è diventato un ponte fra passato e presente, conversazione fra antenati, loro, ed eredi, noi. È così che “Il miracolo dei rei” è diventata storia scritta, di quelle fatte di date e vicende, ma pure di emozione, di anima e sentimento.

Dopo due anni di durissimo lavoro, in pieno Covid, è nato un documentario che non ti aspetti, lungo 52 minuti i cui protagonisti sono dei veri e propri eroi: carcerati e carcerieri tutti chiusi in una medesima prigione, la bellissima e selvatica Castiadas di duecento anni fa.

Dentro il documentario riprendono vita alcuni dei rei dei quali ancora ricordiamo i nomi, riprende vita Eugenio Cicognani (interpretato da Nunzio Caponio), che sarebbe potuto essere avventuriero e conquistatore ma fu primo direttore della colonia Penale di Castiadas, che in fondo è un po’ la stessa cosa.

Nel 1875, l’11 agosto, mise piede in quella spiaggia che io frequento da che sono bambina. Ogni 11 agosto, a mollo nella lunga e preziosa costa di Castiadas, penso a lui, a Cicognani, al senso di meraviglia e allo smarrimento provato. Alla paura, all’entusiasmo.

Si raccontano le vicende di Felice Senes (interpetato da Matteo Pianezzi) che nel 1909 scrisse per l’Unione Sarda un articolo scomodo, incentrato sulle condizioni dei carcerati nei Tenimenti di Castiadas. Incontrò e conobbe Arturo Mathieu (interpretato da Mauro Racanati), che nel medesimo 1909 fu medico nella colonia penale. I documenti che lo riguardano consentono di avere un quadro più completo in merito a quella che fu una vera maledizione per i sardi, la malaria.

E’ probabile che ognuno di noi, pur non sapendolo, abbia un malato o un morto di malaria nella propria linea familiare. Ma anche questa storia è stata dimenticata: e a “Il miracolo dei rei” ancora il merito di averla recuperata. Perché siamo la nostra storia, anche se dolorosa. E quella della malaria spiega molti degli stereotipi sui sardi e sulla Sardegna.

E poi c’è Giuseppe Cusmano (interpretato da Mauro Addis), l’uomo senza il quale i Tenimenti di Castiadas forse non sarebbero diventati tanto produttivi e ordinati. Mi sono convinta che quel siciliano di servizio in Sardegna abbia realmente amato questi territori pericolosi e selvaggi.

Dell’opera di Cusmano, dei carcerati e Cicognani rimangono gli edifici feriti ma mai abbattuti, il grano e l’orzo selvatici che incontro durante le mie passeggiate estive, i mandorli e gli aranci ormai inselvatichiti, l’uva e i grandi eucalipti, i sentieri lastricati di pietra e i piccoli pontili che d’estate, quando le onde battono forte contro la riva, si fanno vedere, timidamente, per poche ore.

Dell’opera di Cusmano, dei carcerati e Cicognani rimane una storia dimenticata ma non perduta che “Il miracolo dei rei” ha ritrovato. Perché siamo noi uomini a dimenticare, la terra non dimentica mai. Ma delle volte donne di talento e di intuito riprendono in mano le trame degli antichi arazzi e la narrazione riprende.

In Sardegna quelle donne le chiamiamo Janas.

Il miracolo del Rei

Il miracolo dei rei è stato scritto e diretto da Alessandra Usai, prodotto da Nicola Menunni, Massimo Casula e Alessandra Usai, direttore della fotografia Francesco Piras, musica di Antonio Manca, costumi di Maria Rita Frau, montaggio Teresa Sala, dialoghi Claudia Zedda.

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