Il bassorilievo di una colonna traiana
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Conoscere e indagare sulla politica locale, sulle componenti politiche e le loro relazioni con l’ambiente circostante, mediante incontri, dati e tentativi d’analisi è come studiare il livello di civiltà e di cultura del benessere e del malessere dei cittadini di un territorio. È propria dell’archeologia l’indagine dello scavo, e devo dire che non è stato affatto facile rimuovere quegli strati (dai più recenti a quelli più antichi) che da più di trent’anni si sono depositati sul terreno della nostra cittadina. L’indagine condotta ad Assemini in questi ultimi mesi, mostra quanto i cittadini siano di fronte ad un fenomeno di rottura con una presunta compatta tradizione politica che non ammette i propri errori e non rimedia ad essi. Non so se si stia lavorando per cambiare sostanzialmente una prassi consolidata del “fare politico italiano” o se si stia, soltanto, prendendo tempo per offrire nuovi soggetti politici, all’apparenza nuovi, affiancati e supportati da “consiglieri” ombra che in realtà non hanno alcuna intenzione di mollare la presa sul potere.Il grande problema di pochi è che ci si attende sempre un miglioramento morale di progressione al meglio. Ci troviamo, invece, davanti ad una serie di avvenimenti di cui dobbiamo definire di volta in volta i singoli elementi, i limiti e i rapporti. Ma se non riusciamo ad individuare una lineare catena di cause nel passato, come possiamo pensare di definire le relazioni tra i fatti di oggi? La ragione pretenderebbe una continuità e una conseguente progressione della coscienza. Ma ciò non avviene e si ricomincia puntualmente da capo. Dovremmo forse incominciare, come direbbe Foucault, ad analizzare i giochi del vero e del falso attraverso cui la politica si è costituita storicamente come esperienza, cioè come essere che può e deve essere pensato. Sfiducia verso la politica, disagio, incertezza, gerontocrazia, ricambio generazionale, sono questi i temi che oggi più che mai emergono quando si parla di giovani, lasciando spesso in ombra quanti partecipano e si spendono per la propria comunità. D’altronde nel nostro sistema di governance, solo attraverso la partecipazione attiva e propositiva, all’interno delle Istituzioni, si può costruire un Paese diverso e il Comune rappresenta ancora un impegno politico che è espressione di un volontariato civico che segna la distanza tra impegno concreto e “politica chiacchierona”.

Simone Rivano
Simone Rivano

Ne abbiamo parlato con un’intervista a Simone Rivano, ex capo gruppo del pd asseminese, da anni attivo esponente di un partito, oggi, in crisi.

Le ultime elezioni politiche non ci hanno insegnato niente, e alcune riunioni di partito così come alcuni componenti sono da archeologia politica. Si DEVE avere il coraggio di cambiare, di provare a cambiare. Come credi si evolverà la partecipazione politica nel futuro?

In periodi di “crisi” come quello che viviamo ora, è quanto mai importante che la classe politica abbia la capacità di interpretare le necessità e le potenzialità di una comunità attraverso strumenti che siano propri dell’età contemporanea. Se invece si continua a pensare di gestire le comunità con gli strumenti ed i linguaggi del secolo scorso, entriamo, a mio parere, nell’ambito “dell’archeologia politica”, che contribuisce a creare un impoverimento della politica.

Nei paesi del nord Europa, per esempio, si parla di politica, di diritti, di libertà e di teorie economiche, qui in Italia invece, siamo ancora fermi a Stalin, Mussolini e a principi ormai persi nel tempo. Questo porta ad una distanza dalla politica perché vissuta come cosa distante e non percepita come interesse di tutti i giorni. Nei paesi “ normali” le istituzioni ed in particolare i Comuni sono pieni di consiglieri trentenni se non ventenni, che discutono di gestione del territorio, di scuola, degli orari di apertura dei locali, dei divieti e delle opere pubbliche da realizzare, di nuove tecnologie e comunque, dei bisogni di tutti i giorni, perché in possesso di un concetto di società ben preciso. Qui neanche ci si prova, e le conseguenze sono quelle di un apatia distantissima da tanti altri paesi europei, con la conseguenza che le frasi che sentiamo spesso sono: “a me la politica non interessa”, oppure “io di politica non capisco niente” o anche “sono molto interessato all’attualità, tranne che alla politica”. Queste tre frasi manifestano una legittima distanza e posizione nei confronti di un concetto di per sé nobile, come quello di politica che viene vissuto come distante o peggio appartenente ad un epoca andata.

Cosa bisogna cambiare nella possibilità di accesso alla “carriera” politica, visto che anche Berlusconi, dicendone una dopo l’altro, e smentendo se stesso in continuazione, rivendica l’importanza dei “professionisti della politica” contro il governo dei tecnici.

La domanda che è corretto porsi è come restituire credibilità alle istituzioni e rendere i cittadini partecipi attivamente alla vita pubblica e civica del nostro Paese. La domanda è complessa, ma è stimolante ipotizzare alcuni scenari, post elezioni politiche appena avvenute. Senza dubbio, noi dirigenti politici abbiamo bisogno di diminuire la distanza tra cittadini e politica, ma per fare questo dobbiamo individuare delle tecniche e delle metodologie atte a coprire quelle lacune che i partiti, oggi, non riescono più a colmare, magari conferendo, istituzionalizzandoli, maggiore autorevolezza a questi strumenti. I partiti dovrebbero rendersi protagonisti di ogni processo decisionale, rappresentando i tanti e diversificati interessi, filtrando le domande di ciascuno e riconducendole ad un disegno comune, rappresentato nelle sedi istituzionali con personale preparato. Oggi questo non accade più, il cittadino si sta distaccando sempre più dalla vita politica e civica della propria comunità e con il voto delle ultime elezioni ha rappresentato, in modo forte, quasi urlato, la propria protesta e disagio. Compito ambizioso dei partiti dovrà essere quello di riappropriarsi del ruolo della rappresentanza, cercando di riavvicinare il più possibile le persone all’impegno politico e alla vita civica della propria comunità.

Che importanza ha, al giorno d’oggi, la questione tanto dibattuta del ricambio generazionale?

Quello dell’assenza di ricambio generazionale è, a mio parere, uno dei fattori che, più di altri, ha messo in discussione il ruolo di rappresentanza dei partiti. La politica, negli ultimi decenni, non ha consentito l’accesso e favorito la partecipazione giovanile e non perché le nuove generazioni non fossero interessate a partecipare, con un ruolo attivo, negli organismi decisionali. Il ricambio generazionale e la partecipazione giovanile, in Italia, anche alla luce degli ultimi accadimenti, rappresentano una scommessa. Sappiamo bene che la maggior parte dei giovani vive in un confuso stato di attesa, sospesa tra preoccupazione e dipendenza dai propri padri, senza gli strumenti necessari per costruire il proprio futuro. Ma a dispetto di tutto, in un’epoca di paure e profonde incertezze, a mio parere, i giovani, davanti alle difficoltà legate al mercato del lavoro e alla ricerca di una piena autonomia rispetto al nucleo familiare d’origine, con il dato delle ultime elezioni politiche, hanno dimostrato di voler partecipare attivamente alla vita politica.

Nella cittadina in cui risiedi, Assemini, il prossimo 26/27 Maggio, andrà a votare per eleggere il primo cittadino, cosa pensi potrà accadere di innovativo?

Le prossime elezioni comunali, mi auguro, segnino per Assemini un punto di svolta attraverso l’ingresso di forze fresche. I Comuni sono l’Istituzione principale dove i più giovani scelgono di impegnarsi direttamente ed essere attivi per la propria comunità, dove il meccanismo di accesso (il sistema elettorale) permette a quanti hanno voglia di assumere delle responsabilità di esprimersi ed aggregare consenso, in base a proprie idee e progetti, slegati dalle esclusive logiche di partito e di appartenenza politiche. I Comuni, inoltre, sono (giustamente) ancora in parte percepiti come livello istituzionale nel quale “in concreto” c’è la possibilità di intervenire e realizzare qualcosa che abbia un riscontro reale per il proprio territorio di appartenenza.

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