di Laura Zimbardo
Nel folle quotidiano susseguirsi di immagini, fatti e misfatti, scandali e notizie, la mente umana si è ormai atrofizzata, credendo come San Tommaso, solo a quello che vede, tocca o sente, soprattutto in Tv. Si è ormai ingannati dal “packaging” di cose o persone che deve essere “unico” per essere visibile e distinguibile tra la massa: non vi è visibilità senza riconoscimento. Sicuramente però la visibilità di una persona, di un’opera d’arte o di un paesaggio non è proporzionale al suo valore che sia umano, artistico o naturalistico.
Nel mondo dell’arte, soprattutto contemporanea, oggi le strategie del mercato globale impongono che questa sia veicolata attraverso la sua visibilità, attraverso l’informazione e la successiva risposta del mercato. Secondo questa logica, un artista che abbia grande visibilità dovrebbe crescere anche nel mercato, con tutte le conseguenze che questo comporta: il mercato insomma diventa la prova, la cartina al tornasole della qualità stessa dell’opera. Ma esistono tante opere, tanti capolavori e artisti che racchiudono in sé la forza e la bellezza, la passione e la tecnica e non godono della visibilità e della fama che al contrario meriterebbero.
In particolare, artisti non tradizionali che operano al di fuori delle norme estetiche convenzionali, al di fuori del mondo dell’arte e che fanno arte perché ne sentono un bisogno profondo.
Tali artisti spesso vivono in contesti o situazioni ‘ai limiti’, sono invisibili ai più, sono gli artisti della ‘Outsider Art’ o ‘Art brut’, l’arte che nasce fuori dal contesto della produzione culturale ufficiale, nella clandestinità o nella marginalità sociale ed esistenziale.
– Art Brut è un concetto introdotto dal pittore e scultore francese di fama mondiale Jean Dubuffet (1901 – 1985) alla fine della Seconda Guerra mondiale per identificare le opere d’arte create senza intenzione artistica o estetica, ma obbedendo piuttosto a un bisogno, a una pulsione creatrice o espressiva. Il pittore ideatore di questa corrente collezionò i disegni e i graffiti di bambini e di malati di mente e questa collezione oggi fa parte del museo dell’Art brut
a Losanna, Svizzera. Per ulteriori informazioni visitare i siti: www.artbrut.ch, www.dubuffet.com -.
Quest’arte comprende le creazioni di autodidatti e disabili mentali, è un’arte istintiva senza intenzioni estetiche, frutto della personale ed incontrollata pulsione emotiva dell’artista che confluisce in una comunicazione immediata di grande efficacia pur nell’estrema esiguità dei mezzi. Lo stesso artista Jean Dubuffet, che nel 1945 coniò la nozione di Art Brut, la definì “L’arte che si ignora, che non conosce il proprio nome, prodotta dall’ebbrezza creativa senza alcuna destinazione”.
Le opere degli artisti “Outsider” sono piene di emozioni e raccontano storie di vita sempre forti e talvolta sconvolgenti: storie di dolore ed isolamento, dove l’arte è un’attività necessaria e quotidiana, spesso una chiave di sopravvivenza alla reclusione, all’emarginazione, all’indifferenza e all’invisibilità. In esse non esistono più convenzioni formali, ciò che predomina è il puro istinto, un linguaggio arcaico e primitivo, uno stile semplificato, irrazionale. Il risultato è una pittura di grande originalità di forme, di modi espressivi, di tecniche, di materiali, di assemblaggi, dove il colore viene trattato con libertà, le linee sono casuali ed elementari, i soggetti enigmatici, talvolta indecifrabili. E soprattutto, l’artista dell’Outsider Art non è sottomesso alla logica del mercato e non deve compiacere nessuno con le sue opere.
Lesage, Augustin 1876 – 1954 La società globalizzata e consumistica oggi più che mai crea condizioni di marginalità sociale e aspetti di nuove devianze: l’isolamento come forma dell’esclusione sociale, la mancanza del lavoro che provoca sradicamento forzato dal proprio sistema di appartenenze.
Per alcuni tutto ciò per fortuna è un punto di partenza, una strategia di resistenza, cosicché l’artista “invisibile” usa la sua arte per alleviare il proprio disagio psichico e sociale producendo alla fine e spesso inconsapevolmente, dei veri e proprio capolavori di arte contemporanea degni di nota e visibilità.
Così la magia si compie: l’invisibile si trasforma in visibile, la necessità in arte. E quando qualcosa che non è visibile si concretizza dinnanzi ai nostri occhi sprigionando tutta la sua bellezza, la sua forza e la sua passione, una sorta di vertigine ci coglie e il sussulto del cuore ci sconvolge.
Perché ricordiamoci che: “Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”!1
[1] Il Piccolo Principe, Antoine de Saint-Exupéry.