L’autismo, chiamato più specificatamente disturbo dello spettro autistico (ASD), intaccando il neuro sviluppo del bambino, ne compromette l’autonomia in età adulta, anche se con sintomi e livelli di gravità notevolmente differenziati da soggetto a soggetto.
Siamo in presenza, non solo di un disturbo particolarmente invalidante, ma anche particolarmente complesso in quanto, sconfinando il bambino in una percezione sensoriale modificata, altera significativamente le sue capacità di relazione e comunicazione con il mondo esterno.
Come riportato nel Portale Autismo, punto di riferimento online dell’autismo in Italia, tre sono le aree del neuro sviluppo coinvolte: “il linguaggio e la comunicazione, l’interazione sociale e gli interessi ristretti e stereotipati”. E’ di tutta evidenza che solo una personalità sufficientemente strutturata è in grado di gestire dette aree in maniera armoniosa. Le persone affette da autismo, invece, come riportato in Neuroscienze.net.
L’empatia emotiva nell’autismo’: “ …pur avendo un’estrema sensibilità per il mondo emotivo, non riescono a contenerlo…” e, così, in essi “sono presenti, allo stesso tempo, espressioni emotive incongruenti che possono sembrare esagerate in alcune situazioni, o comunque inadeguate al contesto e la reciprocità sociale ne risulta gravemente compromessa”.
Il soggetto affetto da autismo, poi, essendo dotato di una spiccata capacità di risonanza con il mondo emotivo esterno, proprio in virtù di una “carente dimensione sociale della competenza emotiva’ è fortemente incapace di “elaborare cognitivamente gli stati emotivi propri e dell’altro”.
Si tratta di un disturbo a grandissima diffusione, che affliggerebbe più di 60 milioni di persone nel mondo, circa 600.000 solo in Italia, senza sottovalutare il fatto, poi, che siamo in presenza di “una disabilità invisibile” in quanto solo una parte verrebbe correttamente diagnosticata. Proprio per far fronte a questa dilagante e invalidante malattia, sin dal 2008, è stata attivata, dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, una campagna mondiale per aumentarne la consapevolezza.Forte l’attivismo nell’ambito della ricerca scientifica con significativi progressi, anche, sul fronte delle tecnologie di assistenza, con la sperimentazione di nuovi strumenti e metodologie.
Proprio in questo ambito rientra l’ARTETERAPIA, quale mezzo coadiuvante nel trattamento del disturbo. Tenuto conto che l’arte è un canale efficace, se non addirittura privilegiato, della comunicazione non verbale, essa ben si presta come strumento terapeutico capace di favorire e facilitare, nel soggetto autistico, l’attivazione delle vita di relazione, della comunicazione e dell’apprendimento. Si tratta di un mezzo che consente di potenziare ciò che inconsciamente gli autistici già possiedono e che, come riportato in Co.Meta Design L’arte al servizio dell’autismo: “L’arte come strumento terapeutico mira a focalizzarsi su tre aree d’interesse: Area educativa (agevolando percorsi formativi e didattici, si può incrementare lo sviluppo della creatività); Area riabilitativa (si mira all’alleviamento di problematiche di tipo comportamentale o patologiche); Area psicoterapica (si punta ad una dimensione più mentale dell’individuo)”…Dunque: “L’arte è al servizio dell’autismo per la risoluzione dei conflitti emotivi, lo sviluppo delle capacità relazionali e per l’accrescimento dell’autoconsapevolezza”.
Un ruolo terapeutico quello dell’arte, ben testimoniato, peraltro, a livelli altissimi, dai percorsi professionali di un’artista del passato, l’italiano Alberto Savinio e uno del presente, il britannico Stephen Wiltshire.
Savinio, scrittore, pittore, musicologo e compositore, fratello minore del più celebre Giorgio de Chirico, ha testimoniato, con la sua vicenda artistica ed esistenziale, quello che il compositore Carlo Alessandro Landini ha efficacemente descritto nel suo saggio ‘Lo sguardo assente: arte e autismo. Il caso Savinio’ (Franco Angeli Editore). Nel saggio, infatti, emerge il ruolo autoterapico che l’arte, nelle sue molteplici espressioni, ha svolto nella vita di questo artista, che, benché affetto dalla sindrome di Asperger, forma attenuata di autismo, è riuscito a raggiungere livelli espressivi non certo secondari nell’arte italiana della prima metà del secolo XIX. Landini è riuscito, infatti, attraverso un’attenta lettura in chiave scientifico-psichiatrica, testimoniata da errori ottici e volti dalle espressioni allucinate rintracciati in molte opere, a testimoniare come l’Art Therapy sia stata adottata, forse inconsapevolmente, da questo artista per arginare il suo disturbo senza, per questo, scadere in prodotti artistici mediocri e insignificanti.
Altro testimone eccellente, di artista affetto da autismo, è Stephen Wiltshire, le cui opere sono diventate vere performance dalle quotazioni ormai stratosferiche. Egli riesce a trasferire sulla carta immagini di città nei minimi dettagli affidandosi solo alla sua memoria fotografica. Sarebbe proprio il suo approccio sensoriale alle immagini, visionate anche per pochi minuti, a consentirgli di riprodurre su carta anche dettagli infinitesimali di una città.
Due soli esempi, questi, che testimoniano, in maniera efficace, quanto sostenuto da Stefano Ferrari in ‘’L’arte come modalità di riparazione.’’ Afferma infatti che: “l’arte adempie ad una funzione latamente terapeutica nella misura in cui consente di esprimere, elaborare e alla fine condividere emozioni profonde’’. Proprio il linguaggio figurativo, diversamente da quello verbale, osserva ancora Ferrari, tocca ‘’quei tassi di emozionalità grezza che agiscono dentro di noi in modo patogeno ma di cui non abbiamo conoscenza’’. Attraverso l’esternalizzazione della emozionalità grezza, così preponderante nel soggetto autistico, l’arte riesce a facilitare, in qualche modo, la canalizzazione di questa massa di emozioni profonde.
L’arte, dunque, si pone come ponte tra anima e realtà e, grazie ai suoi molteplici canali espressivi, riesce a facilitare, anche nelle persone affette da autismo, un dialogo con il mondo esterno sovente, in loro, troppo invalidato.
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