Consegna diplomi
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Si ha voglia a dire, “ah che bello tu non lavori, puoi fare quello che vuoi!”. Lo sanno bene i pensionati, che dopo una vita lavorativa in attesa di avere tutto il tempo a loro disposizione, salvo qualche caso raro e fortunato, si intristiscono perché si sentono inutili e non più valorizzati. Si vedono ai giardinetti, al bar o ai centri sociali, senza più saper bene cosa fare del loro tempo.Perché il lavoro, anche il più faticoso, dà dignità e senso di appartenenza, e garantisce un’esistenza autonomamente gestita, anche se spesso ai limiti della povertà o sussistenza. Detto questo, è ormai chiaro che nei prossimi anni le offerte di lavoro non aumenteranno, anche se in realtà il lavoro non manca. Mancano i soldi per retribuirlo. Perché il lavoro ormai viene svolto sotto forma di lavoro nero, stage, periodi di prova, progetti a scadenza, contratti non rinnovabili, a cui spesso per poter accedere è perfino richiesta una qualifica di tale competenza che meriterebbe da sola un contratto stabile, mentre invece non garantisce quasi mai neanche il rimborso spese.

Inghiottendo l’amaro boccone e sorvolando su questo, la domanda che pongo è: esistono categorie di aspiranti lavoratori in un paese con disoccupazione, o non occupazione, o meglio occupazione non retribuita, che abbiano più diritto di altri di essere inseriti prioritariamente nel mercato del lavoro? Chi ha più o meno diritto? I padri di famiglia, le ragazze madri, i giovani, i cinquantenni che rischiano di non ricevere più la pensione per cui hanno pagato i contributi, i già precari da anni, gli studenti che hanno tanto faticato per ottenere una laurea, o chi ha uno o due master, le donne, i perseguitati politici, gli handicappati? Bisognerebbe aspettare tempi migliori e uscire dalla crisi per pensare che anche un disabile ha come tutti un diritto a un posto di lavoro, che produca reddito e dignità, un lusso che la società non può permettersi in tempi di crisi? Non si può dire che una categoria abbia più diritto di un’altra. Sono convinta che ne abbiano diritto tutti, senza esclusione. Ma credo anche che la civiltà di un Paese si giudichi da come vengono protette le categorie più deboli e ancor di più penso che invece di aspettarlo, qualche volta sarebbe meglio crearlo il lavoro, inventarselo. E non credo che un’attività autofinanziata, eticamente e socialmente giusta, non debba sforzarsi a produrre profitto, o non riesca a farlo. Sono possibili e realizzabili nuovi modelli d’impresa, sostenibile e solidale. A volte ci si riesce e questi successi rappresentano una luce di speranza in un presente che sembra diventare sempre più buio.

Nel primo trimestre 2011 il tasso di disoccupazione italiano rispetto al trimestre dell’anno precedente è salito dal 28,8 % al 29,6 %. Nella popolazione compresa fra i 18 e i 44 anni la percentuale di occupati è del 62,5 %, mentre per i disabili nella stessa fascia di età scende al 18,4 % e questo nonostante esista una legge (L.n.68 del 1999) che tuteli il loro inserimento lavorativo. Secondo i dati dell’ISFOL del 2010, l’inserimento lavorativo di disabili è sceso del 34 %, che significa uno su tre, mentre un’indagine del Censis svolta nel Lazio riporta che l’80 % dei disabili adulti intervistati vivono la mancanza di inserimento nel mondo lavorativo come il disagio sociale più grave.

“Nessuno nasce imparato” si dice a Napoli, e tutti possono imparare, anche i disabili. Quindi ben vengano progetti di sostegno come “Cucina Inclusiva”, promossa dalla comunità per disabili Sant’Egidio di Roma, e sostenuta dalla Fondazione Telecom Italia. Il progetto ha come scopo la formazione e l’inserimento lavorativo in forma stabile di disabili nel settore della ristorazione, come Commis di sala e di cucina, con qualificazione specifica e successiva assistenza durante l’inserimento. È nato cosi il corso di formazione Cucina Inclusiva, durato 14 mesi , curato da chef e esperti del settore in collaborazione con la società di consulenza gastronomica Laurenzi Consulting. Tutti i partecipanti, 24, hanno ottenuto il diploma e sono stati menzionati per il loro impegno, partecipazione e puntualità alle lezioni, cosa non sempre scontata, anche per i corsi di master post-universitari!

Alla consegna dei diplomi a novembre, già il 60 % dei neodiplomati aveva trovato occupazione in noti locali romani, alcuni dei quali si fregiano di una stella Michelin, e questa percentuale di occupazione alla fine di un corso di formazione è anche più alta di quella di cui si possano vantare la LUISS o la Bocconi! Prima della consegna è stato mostrato il filmato “Valgo anch’io” di Maite Carpio, che mostra i corsisti nel loro percorso formativo e ce li fà conoscere personalmente, facendoli parlare dei loro desideri, delle loro aspettative e della loro voglia di valorizzarsi e di stringere rapporti interpersonali, come tutti noi del resto. Il video mostra quanta sensibilità e umanità ci siano in loro, quanta voglia di lavorare, mostrando estrema puntualità e affidabilità nello svolgere bene le proprie mansioni, con spontaneità e simpatia.

La comunità di Sant’Egidio svolge da anni un’attività di sostegno, atta all’inserimento di disabili nella società e di valorizzazione delle loro capacità. Già dal 1991 ha realizzato questi intenti con una prima esperienza nel campo della gastronomia, promuovendo la gestione di un locale dal nome Pane, Amore e Fantasia, una paninoteca con solo sei tavoli e 15 coperti, gestita da disabili affiancati da volontari della comunità. Questa prima esperienza ha permesso a disabili la possibilità non solo di svolgere un’attività lavorativa, ma di partecipare a un’impresa di successo, cercando di occupare un posto nel campo della ristorazione con prospettive di redditività.

La Trattoria de Gli Amici, gestita da una cooperativa promossa dalla comunità, la cooperativa Pulcinella Lavoro, in cui soci fondatori sono disabili e non, apre nel 1998 e si presenta come ristorazione di qualità in un ambiente accogliente e umano. Situata nel cuore di Trastevere, a piazza Sant’Egidio 6, è un locale solare e accogliente, dove per 80 coperti lavorano al momento 13 disabili, affiancati da professionisti del settore e “Amici” volontari. Gli introiti della trattoria coprono abbondantemente i costi di gestione anche in tempo di crisi e contemporaneamente alimentano un sistema di lavoro equo e solidale. Replicabile dove solo vi sia la volontà. Segnalata dalle più importanti guide italiane dedicate alla ristorazione, offre cucina tradizionale romana con tocchi originali. Molti sono i clienti fissi, perché l’atmosfera è familiare e rilassata e gli avventori si sentono ben accolti, come amici. Gli “Amici” disabili lavorano con attenzione, gentilezza e professionalità, forniscono volentieri informazioni e spiegazioni sui piatti, lasciando trasparire tutto l’orgoglio che produce la dignità del lavoro e il loro garbo crea la fidelizzazione dei visitatori, sempre più non occasionali. Perché la trattoria non è sorta solo come progetto teso a inserire socialmente persone con handicap, ma li rende compartecipi di un’impresa finanziariamente di successo e mira per di più ad aiutare anche altri, a livello internazionale. Infatti nel locale sono esposti quadri e oggetti prodotti nel laboratorio d’arte della Comunità, e dagli introiti di queste vendite e di quelle dei vini selezionati (che come segnala sulle bottiglie il bollino Wine for Life, partecipano al programma DREAM della Comunità), si finanziano da anni progetti che sostengono la lotta all’AIDS in Africa.

Alla Trattoria de gli Amici la divisa di sala è una maglietta nera che sul davanti porta la scritta “AMICO” o “AMICA”, sul dorso c’é scritto: “CAPACE? IDONEO? ABILE?” la portano tutti, disabili e volontari, perche li identifica tutti come semplicemente lavoratori.

www.santegido.org

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