Può il genere cosiddetto “giallo” destare interesse anche in chi non vive nel rimpianto dei bei tempi andati? Certo che può. Anzi è un suo dovere, dal momento che la letteratura giallo-thriller da pura crime story non sembra avere ancora molte cose da dire, se non provando a intavolare qualche vicenda buona da gettare in pasto alle fiction televisive tanto di moda anche sui principali network nazionali.
Ma non è il caso del commissario Tommaso Fuoco, protagonista di Il colore dell’inganno (edito da Pathos), seconda prova letteraria per Alessandro Sola e interessantissimo dispiegamento di concetti psicologico-metafisici di importanza capillare per la conformazione delle caratteristiche emotive – oltre che diegetiche – di ogni singolo personaggio.
Nella splendida Torino, il commissario Fuoco è un baluardo di giustizia ma anche una sorta di mentore per istituzioni sempre più in difficoltà dinanzi a situazioni apparentemente incomprensibili ma, in realtà, avvicinabili con una particolarissima predisposizione d’animo. Ma soprattutto – e proprio in luce di ciò – della splendida Torino il commissario Fuoco salva ben poco, consapevole com’è di una sorta di mondo parallelo strettamente legato ad alcuni ranghi dell’alta borghesia.
Quando viene incaricato di svolgere le indagini sul brutale assassinio del giovane Dawide Brown, appartenente proprio ad una di quelle famiglie torinesi tanto ricche quanto ambigue, Fuoco non esita un attimo a mettere da parte ogni obbligo di riverenza per setacciare fino in fondo gli armadi altolocati in cerca di scheletri e segreti reconditi. Le modalità con cui è stato compiuto quell’omicidio, infatti, hanno molto in comune con altri accadimenti velati di mistero che hanno la forza di innescare un susseguirsi di spirali mortali apparentemente senza scopo ma, in fin dei conti, particolarmente precise nel graduale sciogliersi di nodi estremamente tortuosi e intrisi di malignità.
Saranno le capacità più radicalmente introspettive del commissario Fuoco a portare alla luce la certezza che nessuno, ma proprio nessuno (nemmeno una vittima) è mai davvero innocente. Il tutto, sulla scia di un unico filo conduttore iniziale: un paio di scarpe rosse in possesso di tutti i soggetti indagati.
Maschere di cera e apparenze sulfuree fanno di Il colore dell’inganno unelemento indubbiamente in grado di generare una crime story dismettendo i panni giallistici per esplorare un universo (post)noir le cui tinte surreali aderiscono perfettamente a frazioni di apparenza che seguono alla lettera le regole non scritte di un codice indecifrabile se non con il permesso di accedere agli antri umani più indicibili e deflagranti.
In Il colore dell’inganno, Sola annulla la sottile linea che intercorre tra l’essenza di vittima e carnefice lasciando libero sfogo a pulsioni inumane avvicinabili solo con l’introspezione più viscerale e luciferina, attraverso la quale è possibile provare a comprendere – se davvero lo si vuole e se realmente se ne è capaci – le motivazioni più inaccettabili di inganni e manipolazioni, trapasso della carne che è anche trasmigrazione incorporea di coscienza e individualismo in un terrificante microcosmo di psicologie contemporanee.
Titolo: Il colore dell’inganno
Autore: Alessandro Sola
Genere: Thriller
Editore: Pathos Edizioni
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