Spesso si parla di Paesi che vogliono ottenere l’indipendenza dal proprio Stato: staccarsi per creare un’identità propria, perché non si rispecchiano negli usi o nelle politiche che li supportano, tanti sono i casi: taiwan con la Cina, L’irlanda, il Monenegro…Ma cosa succede invece, quando per affari economici, dei Paesi vengono sottratti con la forza dalla madre Patria in cui si erano sempre riconosciuti e vengono incamerati da Paesi estranei? E’ come cambiare nome, è come cambiare famiglia, è la ricostruzione di un alter ego che non si vuole e che pesa sulla vita dei malcapitati.
Bambini con bandierine della Syria e tamburi sonanti giocano su tetti distrutti, ormai adibiti a scivoli goliardici…famiglie consumano picnic sui resti delle proprie case attorniante da tanto verde brillante che contrasta col cemento disseminato sulla fresca montagna. Siamo sulle alture del Golan, le così tanto nominate, ma così poco tenute in considerazione dall’opinione pubblica, oggi, Giardino di Dio degli israeliani. Le alture del Golan si trovano al confine tra Siria, Libano,Giordania e Israele.
L’unica città che è possibile visitare è Qunetra, oggi sotto l’egida delle Nazioni Unite. Le alture in questione detengono grande importanza strategica e terreno fertile di origine vulcanica , ricco di falde acquifere. Fino al 1975 era il passaggio del Tap, l’oleodotto che dalla Penisola araba si estendeva fino al Mediterraneo. Durante la guerra dei 6 giorni, Israele ha occupato questi territori, distruggendo i vari villaggi in cui vivevano i siriani. Gli abitanti furono costretti a lasciare le proprie case e a stabilirsi in territori israeliani. Il 14 dicembre 1981 Israele ha annesso il Golan, contravvenendo agli ordini dell’Onu, obbligando alla cittadinanza israeliana i 20.000 siriani rimasti al di là del confine, concedendo dopo ripetute proteste, di specificare accanto alla cittadinanza israeliana, un documento di nazionalità araba.
E’ l’anniversario dell’indipendenza siriana dalle forze francesi, i siriani ritornano sulle alture cercando di ricreare l’atmosfera del passato, dimenticando per un attimo di trovarsi in una città disabitata, fantasma. Le Nazioni unite accolgono i visitatori e un ometto coi baffi scuri siede in un ufficio tappezzato da foto dei presidenti Assad. Per visitare Qunetra è necessario ottenere un’autorizzazione speciale dal Ministero degli Interni e noi stranieri di varie nazionalità non abbiamo quel permesso. L’ometto ci intrattiene una buona mezz’ora, raccontando una triste storia: quella delle ingiustizie sociali, quella dell’esproprio dei territori, della perdita dell’identità nazionale… -“welcome, America, welcome alle tue foto da mostrare al mondo!!”. Così conclude l’ometto rivolgendosi a una ragazza americana.
Un uomo dei servizi segreti ci accompagna per tutta la giornata per evitare che ci perdessimo nei campi minati e per controllare che non fotografassimo obbiettivi militari e sede dell’onu, nonè una presenza ingombrante, anzi è anche molto simpatico.
Nel 1967 durante la guerra dei sei giorni, gli israeliani bombardarono questa città e dopo sei anni nel 73 prima di iniziare il ritiro delle truppe, fecero evacuare i 37000 arabi che abitavano li’, smantellarono completamente la città, portando via: finestre, impianti elettrici, la qualunque cosa potesse essere utilizzata, radendo al suolo con ruspe pesanti ogni edificio. L’ospedale mostra i segni dei proiettili e murales e disegni rappresentano la malinconia e la nostalgia di chi prima si attorniava di profumi e aria fresca e adesso è al di là del confine. E’ incredibile l’affluenza di gente che è tornata qui per questa giornata dell’indipendenza, ognuno di loro ci invita a consumare barbecue sui resti delle loro case, mentre ci raccontano i bei tempi andati con la speranza vivida di poter ancora avere una dimora in questo giardino di Dio.
A livello internazionale, la disputa per la proprietà di queste alture è tutt’ora causa di scontri e ostilità tra Syria e Israele, l’Onu non riesce a trovare un accordo tra le due parti in causa. Solo 2 famiglie vivono ancora li’ dove l’aria è pulita e la calma e’ quasi surreale e in questa giornata di festa all’imbrunire, la gente balla scalpitante sui prati verdi a suon di musica popolare, sperando che un giorno Dio possa restituire cio’ che e’ stato espropriato e che ha lasciato una pesante cicatrice che stenta a rimarginarsi.
“Se due partiti fra i credenti si combattono, mettete pace fra loro e se l’uno eccede contro l’altro, combattete il prepotente finchè non torni all’obbedienza di Dio, poi pacificateli con giustizia.”
Corano (XLIX, 9)
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