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il monumento ai caduti della Divisione Acqui, nei pressi di Argostoli
il monumento ai caduti della Divisione Acqui, nei pressi di Argostoli (foto scattata nel giugno 2013)

Il caldo era asfissiante quel pomeriggio tardo di luglio e noi camminavamo in salita tirandoci dietro le valigie nella vana ricerca del concessionario.

Il volo era atterrato in ritardo e fino alla fine mi era sembrato che sarebbe finito in mare, tanto era la vicinanza della pista con l’acqua. Ci aspettava qualcuno che doveva affittarci una macchina in quell’aeroporto grande quanto casa mia, ma non era servito a niente, non eravamo riusciti a trovare nessuno. In fondo alla strada, un benzinaio con un piccolo market ci salva. Entriamo e chiediamo indicazioni in inglese, ma il ragazzo greco di turno capisce subito e ci parla in italiano. «Vi siete persi?».

Cefalonia, forse la più bella isola greca dello Ionio, è oggi un luogo di vacanze. Mi chiedevo quante persone potevano viverci sessant’anni fa. Oggi l’isola conta circa 39.000 abitanti, distribuiti principalmente sulla costa per via del territorio interno impervio e montagnoso. Al mio fidanzato piaceva salire fin lassù e io, mentre  percorrevamo quelle strade, mi immaginavo le camionette tedesche appostate dietro le curve e lo strapiombo, lì dove adesso dovevamo stare attenti solo alla capra di turno che scavalcava l’asfalto all’improvviso. Una volta avevo incontrato una capra in spiaggia.

Quest’anno Cefalonia mi ospitava per la seconda volta. L’anno prima, sulla collina che sovrasta Argostoli, avevo visitato il piccolo monumento che ricorda il massacro della truppe italiane della Divisione Acqui, avvenuto per ordine di Hitler dopo l’armistizio dell’8 settembre.

Per ripercorrere le tappe di questa vicenda occorre conoscere gli avvenimenti principali che coinvolsero l’Italia durante la Seconda Guerra Mondiale, in particolare in quella che fu definita la “guerra parallela”, ovvero il tentativo del regime di Mussolini di conquistare parte della Grecia, dell’Albania e di avere così un controllo sui Balcani. Quello che accadde a Cefalonia in quel lontano settembre 1943, infatti, rappresenta il culmine di una vicenda espansionistica sbagliata, come sbagliata era l’alleanza italo-tedesca, e il totale sfacelo, l’inutile strage di soldati italiani in quella che oggi si può considerare una delle località più belle del mondo.

Nelle poche righe seguenti, si riporta la cronologia essenziale degli eventi di quel periodo, fino ai drammatici giorni.

Nell’ottobre-novembre 1940 l’Italia attacca la Grecia, che reagisce e blocca l’occupazione; nel marzo-aprile 1941 si ha la seconda offensiva italiana e l’attacco tedesco alla Grecia, costretta alla resa; nei giorni di fine aprile del 1941, gli italiani occupano le Isole Ionie, tra cui Cefalonia, dove si insedia la divisione Acqui, guidata dal generale Chiminello, quindi dal giugno 1943 dal generale del comando militare di Atene Vecchiarelli, che dipende a sua volta dal comando tedesco in Grecia. A Cefalonia si insedia anche un contingente tedesco. Nel periodo successivo non si registrano particolari problemi né tra italiani e tedeschi, né con la popolazione greca. L’8 settembre 1943, mentre gli italiani festeggiano l’armistizio, i tedeschi avviano l’operazione di disarmo e cattura degli ex- alleati. È a questo punto della vicenda che hanno inizio alcuni scontri tra italiani e tedeschi, i quali capitoleranno con i rastrellamenti e le fucilazioni delle truppe tedesche a danno dei soldati e degli ufficiali italiani presenti sull’isola. Anche le guarnigioni della Acqui stanziate a Corfù, Zante e Lefkada (allora conosciuta col nome di Isola di Santa Maura) furono sopraffatte dai tedeschi.

Sono molti, in realtà, i punti di vista che andrebbero presi in considerazione nell’interpretazione di questa vicenda e su cui anche la storiografia recente si è lungamente scontrata: il punto di vista italiano, quello tedesco, quello greco, gli aspetti propriamente militari, quelli politici ed ideologici, quelli esistenziali e personali. Premesso che il comportamento tedesco fu inaccettabile sotto qualsiasi aspetto etico e morale, ricordiamo che l’armistizio separato, unilaterale e senza preavviso dell’8 settembre 1943 fu per i tedeschi, in sostanza, un vero e proprio tradimento .

Al nostro punto di vista, quindi sicuramente italiano, ma prima di tutto memorialistico, dato che l’articolo vuole inserirsi all’interno delle “memorie condivise”, dunque a quello che verosimilmente condividiamo con i nostri vicini nel Mediterraneo, interessano soprattutto i fatti: quello che avvenne a Cefalonia e Corfù tra l’8 e il 22 settembre del 1943 fu l’uccisione di più di 6.000 italiani tra ufficiali, soldati e marinai considerati “traditori”. Si suole distinguere il periodo dal 14 al 22 settembre come il momento della Resistenza italiana alle truppe tedesche, e i giorni dal 22 al 25 settembre quelli della vendetta tedesca. Se quasi duemila nostri soldati già avevano trovato la morte sotto i bombardamenti tedeschi e in combattimento, quasi altrettanti furono fucilati insieme a gran parte degli ufficiali, fra cui lo stesso comandante di divisione, il ricordato e compianto Antonio Gandin, il quale aveva provato, nei giorni successivi all’armistizio, a mantenere i rapporti con gli ex-alleati in modo da evitare ripercussioni. A tutt’oggi, tuttavia, non esiste un calcolo univoco e definitivo delle vittime, poiché occorre considerare anche coloro i quali trovarono la morte durante il trasporto in mare verso i lager e la terraferma. Quale che sia la verità, la targa del monumento di Argostoli, nella doppia lingua italiana e greca, testualmente cita: «Ai soldati della divisione “Acqui” marinai e finanzieri di presidio nell’isola offertisi volontariamente nella lotta contro gli aggressori nazisti caduti dal 15 al 26 settembre 1943. In combattimento: ufficiali 65, sottufficiali e soldati 1250. Fucilati: ufficiali 155, sottufficiali e soldati 5000. Dispersi in mare: sottufficiali e soldati 3000. L’Italia riconoscente». Per un totale di più di 9000 vittime. Onde evitare trattazioni e interpretazioni che non mi competono, consiglio di consultare, per spunti e approfondimenti, oltre al materiale reperibile sul web, i libri di storia La divisione Acqui a Cefalonia di Rochat-Venturi (edito da Mursia), Cefalonia. Quando gli italiani si battono di Rusconi (Einaudi), Né eroi né martiri, soltanto soldati. La divisione Acqui a Cefalonia e Corfù, settembre 1943 a cura di Camillo Brezzi (Editore Il Mulino), e i notissimi libri di Paolo Paoletti: I traditi di Cefalonia. La vicenda della divisione Acqui 1943-1944 e Cefalonia. Sangue intorno alla casetta rossa. La fucilazione degli ufficiali della divisione Acqui. 24-25 settembre 1943.

Sono molte le persone (tanti i miei coetanei) a non sapere cos’è successo qui, a non sapere cosa unisce italiani e greci in quel lontano respiro di fine guerra, a non immaginare che la storia di questo luogo così silenzioso e solitario ci riguarda molto da vicino. Alcuni di loro non sanno nemmeno dove si trovi di preciso Cefalonia. Non a caso, questa vicenda viene spesso chiamata “strage dimenticata”, poiché rappresenta un enorme buco nella memoria storica italiana.

Quest’anno, al Teatro Monteverdi di Cremona, una commovente mostra fotografica ha ricordato la tragedia di Cefalonia da un nuovo punto di vista, dagli occhi delle donne che «accolsero i militari italiani nascondendoli, aiutandoli e amandoli» (http://www.laprovinciacr.it). Le donne di Cefalonia – Storie d’amore sulle isole di Corfù e Cefalonia in memoria dell’eccidio del ‘43, della fotografa Antonella Argirò, ci aiuta finalmente a comprendere lo stretto legame (spesso poco ricordato) fra i due paesi del Mediterraneo in quest’assurda vicenda: storie d’amore fra donne greche e soldati italiani, unioni miste. I figli e i nipoti di oggi sono il «simbolo di una amicizia tra italiani e greci che andò oltre le regole della guerra».

Per la costruzione di quest’articolo mi sono avvalsa degli Atti del Convegno “La Divisione ‘Acqui’ a Cefalonia e l’occupazione italiana in Grecia tra storiografia e memoria” tenutosi ad Acqui Terme nel dicembre 2013, il quale raccoglie insieme testimonianze italiane, tedesche e greche e di cui si consiglia vivamente la lettura. Da essi ho riportato direttamente l’esatta cronologia degli eventi. Inoltre, ho letto il lungo articolo scritto da Paolo Deotto “Isola di Cefalonia 1943: andò davvero come la racconta una certa vulgata?” pubblicato su www.identitanazionale.it.

L’idea, ovviamente, è nata da me, in particolare dal mio primo viaggio a Cefalonia e dalla strana sensazione provata davanti a quel piccolo monumento sulla collina di Argostoli. Quella che per la storia è una memoria dimenticata e mai accettata, è oggi, per i tanti visitatori coscienti dell’isola, memoria impressa nell’aria e nel silenzio di quel luogo.

FONTI:

http://www.isral.it (Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea in provincia di Alessandria “Carlo Gilardenghi”);

http://www.identitanazionale.it (Istituto Storico dell’Insorgenza e per l’Identità Nazionale);

http://www.storiaxxisecolo.it;

http://www.ossimoro.it/cefalonia.htm;

http://storiedimenticate.wordpress.com;

http://www.laprovinciacr.it;

http://www.mediterraneoass.com.

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