Il vino libanese è stato influenzato, per come lo conosciamo oggi, da due fattori chiave: l’antica tradizione fenicia, giunta al suo culmine verso il 1200 a.C., e l’epoca del protettorato francese, durato dal 1916 al 1943. Il Libano è un Paese intimamente legato al vino sin dalle epoche più remote, grazie all’attività dei Fenici ai quali si deve non soltanto il successo produttivo e qualitativo del fermentato d’uva, ma persino la rinomanza di un commercio che riecheggiava lungo tutte le sponde mediterranee, avente la città di Ugarit come epicentro. La fama dei vini prodotti in quest’area geografica, ove la viticoltura è stata un lascito babilonese di almeno 5000 anni prima, è riportata persino nei versi della Bibbia, per non parlare poi della recente scoperta di un antico torchio fenicio, vecchio di 2600 anni, in perfetto stato di conservazione e capace di contenere oltre 4500 litri di mosto.
Questa lunghissima tradizione, mantenuta inalterata fino al periodo dell’Impero Romano e per tutto il Medioevo, ebbe un declino nel XVI secolo: infatti, l’esercito ottomano invase buona parte delle terre che si affacciavano sul versante occidentale del Mar Mediterraneo, la produzione e il consumo di vino pertanto furono vietati per tutta la durata in cui il Libano restò parte del Califfato Islamico e almeno fino agli inizi del XIX secolo.
Un primo ritorno alle pratiche di vitivinicoltura lo si ebbe grazie all’ingegnere francese Eugène Brun, il quale nel 1868 fondò il Domaine Des Tourelles e, successivamente, grazie a Gaston Hochar, al quale si deve l’edificazione di Chateau Musar nel 1930, ad appena vent’anni di età, storica cantina che è stata ricavata all’interno di un castello del XVIII secolo a Ghazir, a circa 25 km a nord di Beirut; proseguire l’attività del fondatore il figlio Serge Hochar che, per quanto già avvezzo all’ingegneria, si iscrisse alla facoltà di enologia di Bordeaux, creando i presupposti che hanno reso Chateau Musar famoso nel mondo e sinonimo di vino libanese.
Nel cuore produttivo del Libano, la Valle del Bekaa, vengono allevate le uve Cabernet Sauvignon, Cinsault e Carignan occorrenti alla produzione del Chateau Musar Rouge, con tipo di impianto a Gobelet e Guyot Doppio, dell’età media di quarant’anni, e densità di 1600 ceppi per ettaro. Dopo la diraspatura avviene la macerazione sulle bucce per circa 4 settimane, con fermentazione spontanea e successiva malolattica in tini di cemento dai 60 ai 300 ettolitri. A seguito di un affinamento sulle fecce fini per almeno un anno in barrique di rovere francese, segue una sosta ulteriore di un anno in tini di vetrocemento ed infine 3 anni in bottiglia.
Lo Chateau Musar Rouge 2016 è tra i vini più emblematici del Libano e si offre alla vista con un colore granato compatto e brillante, senza aver neanche sviluppato un accenno aranciato e decisamente consistente. All’analisi olfattiva l’effluvio alcolico è molto evidente e veicola odori che transitano tra la lacca per capelli allo smalto per le unghie, superati i quali ha inizio una complessità olfattiva che sa di ribes nero e mora stramatura, confettura di mirtilli, sapa e ciliegia sotto spirito, con accenni di cuoio, malagueta e tabacco conciato. Il sorso è generoso e dopo un volteggiare setoso di sensazioni morbide, arriva subito l’acidità, quindi l’astringenza e una sapidità di sottofondo. Vino di grande complessità, lo Chateau Musar Rouge veicola la frutta rossa, il cacao e la scorza d’arancio unitamente alle note percepite alla via orto-nasale e la persistenza ne guadagna decisamente. È evidente la straordinaria quanto lentissima capacità di invecchiamento, pertanto sarà opportuno stapparlo almeno tra 5 anni, intanto si offre come perfetto accompagnamento con tagliatelle al cacao e ragù di cervo.