
“Non potevo che iniziare la presentazione di” Nato Oste” che nella mia città del cuore, Napoli.
In nessun’altra città d’Italia riesco a sentirmi a casa come qui dove il calore che si respira ti riempie il cuore e fa bene all’anima.
Non avrei mai pensato con la mia storia, i miei successi e gli insuccessi di arrivare così dritto al cuore della gente tanto da emozionarli. È stato bellissimo e non smetterò mai di ringraziarvi tutti quanti perché invece tutti voi avete emozionato me.
Un ringraziamento speciale a Maurizio Cortese e Luciano Pignataro per avermi fatto sentire per una sera più che un Oste un vero Re in doppio petto.
Grazie Napoli, non deludi mai“.

È con queste parole che Piero Pompili ha tenuto a ringraziare il nutrito pubblico che lo ha accolto nella città partenopea, durante l’anteprima nazionale di “Nato Oste“, suo libro autobiografico, presso Jacanà, churrascaria in stile luxury e vista mare, in via Partenope.
Originario di San Benedetto del Tronto e classe del ‘75, Piero Pompili si trasferisce in Emilia Romagna nel 1994 per seguire il corso di laurea in Economia e Commercio, anche se la vita lo riporterà sul cammino della ristorazione: nel 1996, a 21 anni, incontra Arnaldo Laghi, cuoco dell’Osteria Numero Sette, che diverrà suo partner nella vita e nel lavoro, purtroppo scomparso nel 2018 a causa di un male incurabile.
Con la pratica, gli studi e agli approfondimenti sull’enogastronomia, e anche grazie alle visite con il suo consorte presso i templi del gusto di mezzo mondo, Piero ha potuto affinare l’arte dell’ospitalità e il palato, fino ad aprire, nel 2003, Il Gastronomo Riluttante, blog dedicato a Ruth Reichel, inventrice del food writing firmandosi come “Muccapazza28” e sul quale accoglierà firme che con il tempo e le sue premonizioni diventeranno chef e critici famosi. Terminata l’esperienza del blogger, per evitare la banalizzazione e gli eccessi del web, Piero approda nel 2016 al ristorante Al Cambio di Bologna, assumendone la direzione e indossando il doppiopetto sartoriale che tutt’oggi lo contraddistingue, omaggiando la figura di Gianluigi Morini, fondatore del ristorante San Domenico a Imola, suo esempio e riferimento.



Tutto il resto, come il New York Times che ha decretato il ristorante Al Cambio quale una delle mete internazionali più ambite e lui tra i più importanti protagonisti del fine dining, è ormai storia.
La presentazione del libro, avvenuta ieri sera a Napoli, ha voluto essere anzitutto un invito alle persone, evitando sigle ed eccessi di mediaticità, che è diventato subito, nel racconto dell’autore, empatia e condivisione emotiva. Nel raccontare, e nel raccontarsi, Piero Pompili è stato affiancato da due relatori di eccezione: Luciano Pignataro e Maurizio Cortese.

“È un libro d’amore” ha subito esordito Maurizio Cortese, mentre Luciano Pignataro, che ha conosciuto Pompili nel 2008, ha affermato che, nella sua narrativa, “Nato Oste” costituisca un ponte della critica enogastronomica che congiunge l’epoca del blog Il Gastronomo Riluttante, con cui Pompili ha brillantemente anticipato la funzione e il peso dei social, a quella della direzione del ristorante Il Cambio a Bologna, riportando in auge il capoluogo emiliano sulla scena della ristorazione a cinque stelle.
Luciano Pignataro ha inoltre ribadito la necessità di un ritorno alla concretezza nel fine dining, coerente con la tradizione, proprio come ha saputo fare Piero Pompili che con coraggio e dignità, superando il lock down, è saputo uscire da una situazione difficilissima a testa alta.
“Nato Oste”, edito da Maretti Editore, commuove per le sue dediche appassionate sin dalle prime pagine. È una narrazione densa, intima, coraggiosa e personale sulla vita riservata, discreta e impeccabile di colui il quale ha riportato la gastronomia bolognese ai fasti di 50 anni orsono, indossando una corazza di imperturbabile impeccabilità, non solo per la professionalità evidente di una carriera ai massimi livelli, ma per quel delicato pensiero di tenere fuori dal lavoro e lontano dalle persone care la pioggia battente del periodo più triste e sofferto della sua esistenza.
Ma c’è l’erudizione di Piero, che della ristorazione ha fatto un’arte raffinata, galante e senza platealità, rendendo intramontabile la cucina tradizionale bolognese in un’epoca di piatti infiocchettati, pieni di colori, talvolta vuoti di forma e contenuto, riportando la Sala di nuovo al centro del panorama gastronomico, in un momento di disequilibrio ove la cucina appare come il tutto nel mentre si perde di vista l’ospite.

Protagonista assoluto come pochi nel panorama nazionale del fine dining, Piero ha riportato nel libro, e con il suo esempio, un carico di umanità formidabile e commovente, restituendo il settore ristorativo ad un Umanesimo che, per quanto raro, pur certo esiste e vive attraverso la vocazione di quelle rare persone che, proprio come lui, sono dei “natural born host“. D’altronde, da vero e proprio visionario, Piero ha portato avanti una rivoluzione culturale ed eversiva, raccontando la verità che nessuno ha voluto riportare del mondo della ristorazione, con D’altronde, da vero e proprio visionario, Piero ha portato avanti una rivoluzione culturale ed eversiva, raccontando la verità che nessuno ha voluto riportare del mondo della ristorazione, con stile e determinazione.
Assieme a Matteo Poggi, scelto due anni fa come nuovo chef al ristorante Al Cambio, ha reso possibile il New York Times nominasse la loro quale migliore lasagna al mondo e adesso si sogna di portarla alla Casa Bianca.