di Abir El Ghoul
Introduzione
«I veri viaggiatori sono soltanto quelli che partono per partire, cuori leggeri, simili agli aerostati, essi non si separano mai dalla loro fatalità, e senza sapere perché, dicono sempre «andiamo», i loro desideri hanno le forme delle nuvole» (Charles Baudelaire) [1]. Spesso i testi letterari medievali, contengono descrizioni di abitudini e usanze di popoli stranieri, lontani, reali o immaginari, ma comunque sconosciuti al pubblico dei lettori. Il tono degli autori di questo tipo di letteratura viatica, varia dalla incondizionata meraviglia al totale disprezzo.
Ho focalizzato in particolare lo sguardo su due autori del Medioevo: Marco Polo e Ibn Battûta, che sono stati oggetto della mia ricerca. L’obiettivo del contributo è quello di prendere spunto dai brani di Marco Polo con il suo libro Il Milione e di pagine tratte da La Rihla di Ibn Battûta, per individuare la genesi delle loro curiosità per i viaggi, in un periodo storico caratterizzato da profondi cambiamenti e notevoli contraddizioni. Viene esplorata così l’opera di Marco Polo per le notizie che fornisce, per il vivo sentimento del meraviglioso che andava incontro ai gusti del gran pubblico. Ci si sofferma poi sul libro della Rihla di Ibn Battûta, in quanto il viaggio costituisce la trama sottile di ogni racconto dell’autore.
Nell’analisi che ho condotto su un ampio corpus di testi i due autori Marco Polo (Il Mercante) e Ibn Battûta (Il Viaggiatore), impegnati nella scoperta del mondo orientale, sembra abbiano intrapreso questi viaggi con intenzioni diverse. In ogni caso la loro esperienza è affascinante e radicale insieme, un’occasione che si caricava sovente del valore di una svolta esistenziale.
Il Viaggio di Marco Polo come metafora della conoscenza
Il Viaggio è da sempre metafora della vita, della ricerca, della scoperta del mondo e di se stessi. Fin dall’Odissea di Omero, l’eroe viaggiatore va incontro a popoli e terre sconosciuti, ma impara a conoscere se stesso e l’umanità in generale, attraverso le differenze e le analogie culturali. Un viaggio come quello di Marco Polo sulle rotte orientali permette al protagonista di confrontarsi con paesaggi, climi, ambienti e civiltà che hanno lingua, costumi, tradizioni e mentalità totalmente diversi. Così il viaggio è inteso come metafora della conoscenza, un’esperienza affascinante, un momento di confronto, scontro e arricchimento [2].
Marco Polo, ancora giovinetto, nel 1271, intraprese il suo lungo viaggio al seguito del padre Nicolὸ e dello zio Matteo, che si erano già spinti in precedenza fino alla corte dell’Imperatore mongolo “Kubilai Khan”, Signore dei Tartari e nipote di “Gengis Khan”. [3] Egli dettὸ i suoi ricordi di viaggio, in francese, a Rustichello da Pisa, nel 1298, mentre intrambi erano in carcere a Genova, a causa delle guerre combattute in quegli anni tra le Repubbliche marinare italiane per il predominio nel Mediterraneo. L’opera ebbe grandissima diffusione e fu presto tradotta in volgare e in latino, ne rimangono traduzioni in diverse lingue, note soprattutto con il titolo Il Milione.
Marco Polo racconta il suo viaggio in Cina basandosi sull’osservazione diretta dei luoghi e dei costumi [4]. Egli è prima di tutto un esploratore, che non si mescola ai mercanti, se non nei viaggi in mare. I suoi spostamenti li ha in genere compiuti come funzionario dell’Imperatore che dispone di stazioni di posta e di scorte [5]. «Chi leggerà od ascolterà queste pagine sappia che deve credere a quanto esse narrano: sono tutte cose vere. E poiché noi distingueremo le cose viste dalle cose udite, il libro risulterà attendibile e veritiero senza alcuna falsità…[…] E avverto che disse solo poco delle infinite cose da lui viste e sentite» (da il Milione)[6].
Il viaggio di Marco Polo ha incrementato il commercio delle spezie, riaprendo la via attraverso il continente asiatico fino all’India e la Cina, permettendo di ridurre i prezzi delle merci importate tra l’Estremo Oriente e l’Europa.
Il Milione è un originale resoconto di viaggi, promuovendo una concezione più moderna della conoscenza. In questo libro, le descrizioni meticolose e fedeli dei paesaggi, delle situazioni e delle persone, ci fanno intravedere un profondo interesse scientifico e il desiderio di documentare con chiarezza le cose narrate. Marco Polo non era solo un mercante, figlio di mercanti, ma un uomo accorto e sagace che andava alla scoperta del mondo per tornare al suo Paese arricchito soprattutto di esperienze da comunicare. Era anche colpito dalle ricchezze di tanti paesi dell’Oriente, scrive a proposito della Cina: «I muri delle sale e delle camere [nel palazzo del Gran Khan] sono tutti coperti d’oro e d’argento […] La volta è anch’essa lavorata in modo che vi si vedono soltanto pitture ed oro». [7]
In quel tempo, gli uomini risultano molto sensibili alla magia. Marco Polo non smette di proclamare che gli orientali sono maestri in questo campo: «Sappiate dunque, che quando il Gran Khan dimora in quel suo palazzo, se piove o fa nuvolo o cattivo tempo, egli ha dei valenti astrologhi e dei valenti incantatori che colla potenza del loro senno e coi loro incantesimi allontanano dal suo palazzo ogni nube e ogni maltempo: il tempo resta bello spora il suo palazzo, e il cattivo tempo se ne va da tutt’altra parte» [8].
Ibn Battûta, il Marco Polo arabo
All’Asia che accoglie missionari, mercanti, esploratori, si contrappone un’Africa misconosciuta, almeno per quanto riguarda l’interno del continente, le carovane sahariane cedono il posto a quelle delle popolazioni nere. Il traffico si trova completamente nelle mani dei musulmani. In questa epoca mentre un grande viaggiatore esplora l’Asia come Marco Polo, un altro viaggia per l’Africa: si tratta di Ibn Battûta, nato a Tangeri nel 1304, in una famiglia della grande Borghesia. Parte per l’Arabia nel 1325 per compiere il Pellegrinaggio rituale alla Mecca, ma poi, animato da una insaziabile curiosità, continuerà a percorrere il vasto mondo. Il suo re lo invia al centro del continente africano.
Questo viaggio dura solo ventidue mesi, ma ci fornisce il primo testo attendibile sull’Africa nera, non scritto direttamente da lui, ma sotto sua dettatura, da un letterato, Ibn Giuzayy [9]. Ibn Battûta ha scritto I Viaggi conosciuto anche come Rihla, il cui titolo testuale è Un capolavoro di coloro che contemplano le meraviglie delle città e le meraviglie del viaggio, in arabo تحفة النظار في غرائب الأمصار وعجائب الأسفار, Tuḥfat an-Nuẓẓār fī Gharāʾib al-Amṣār wa ʿAjāʾib al-Asfār. È il diario di viaggio che documenta la vita di Ibn Battûta e le sue esplorazioni, un miscuglio di narrativa personale, descrizioni, opinioni e aneddoti [10]. Battûta, con questi viaggi, ha voluto apprendere e verificare se l’Islam fosse diffuso nel mondo conosciuto – in questo senso le sue azioni sono paragonabili a quelle dei missionari cristiani – e se fin dove fosse attestata la presenza della fede musulmana [11].
La Rihla costituisce un tesoro inestimabile per la conoscenza dei popoli afro-asiatici nell’epoca medievale, ed ha dato un contributo importante per la nascità delle scienze sociali, essendo un documento unico della storia islamica medievale [12].
ذكر وصولي إلى هذه الجزائر و تنقل حالي بها
و لما وصلت إليها نزلت بجزيرة كنلوس، و هي جزيرة حسنة، فيها المساجد الكثيرة، و نزلت بدار رجل من صلحائها، و أضافني بها الفقية علي و كان فاضلا، له أولاد من طلبة العلم، و لقيت بها رجلا إسمه محمد من أهل ضفار الحموض، فأضافني و قال لي: إن دخلت جزيرة المهل أمسكك الوزير بها، فإنهم لا قاضي عندهم، و كان غرضي أن أسافر منها إلى المعبر و سرنديب و بنجالة ثم إلى الصين
Ardui sono stati i percorsi di Ibn Battûta, attaccato da banditi, annegato in una nave che stava affondando, decapitato da un tiranno, sia per terra che per mare, un cammino audace, un itinerario difficoltoso durante questi anni oscuri, in cui verità e immaginazione giocano ruoli ancora tutti da indagare [13].
Per concludere, ritengo di poter dire che, sia Marco Polo che Ibn Battûta hanno raccontato attraverso i loro viaggi e i loro testi difficili da interpretare pienamente, il Milione e la Rihla, le esperienze di due uomini diversi per formazione culturale, impegnati nella descrizione di mondi diversi da quelli conosciuti, facendo così gli incontri più ricchi, complessi e significativi della storia umana.
Note
[1] Cit. Marta Sambugar, Gabriella Sal, Dalle origini al Cinquecento, Milano, La Nuova Italia, 2004: 249.
[2] Cit. AA VV, Società, Costumi, cultura materiale, l’età preindustriale, Milano, Mondadori, 1997: 77.
[3] Cfr. Lorenza Alessandri, Mariella Pautasso, L’albero delle mele d’oro, pagine di letteratura, (a cura di Doriana Goglio), Torino, Edizioni il Capitello, 2004: 12.
[4] Cit. Jean Verdon, Il Viaggio nel Medioevo, (Traduzione di Massimo Giuffredi), Milano, Baldini& Castoldi, 2001: 370-371.
[5] Idem.
[6] Cit. Marta Sambugar, Gabriella Sal, Dalle origini al Cinquecento, Milano, La Nuova Italia, 2004: 23.
[7] Cit. Jean Verdon, Il Viaggio nel Medioevo, (Traduzione di Massimo Giuffredi), Milano, Baldini& Castoldi, 2001: 375.
[8] Ivi: 370.
[9] Ivi: 335.
[10] Cfr. Ibn Battûta, il più grande viaggiatore del Medioevo, in <https://www.storicang.it/a/ibn-battuta-il-piu-grande-viaggiatore-medioevo_14845>, Ultima consultazione il 14/06/2021.
[11] Cfr. Ibn Battûta il Marco Polo Arabo, in <https://www.arab.it/ibnbattouta.htm>, Ultima consultazione il 14/06/2021.
[12]Nostra traduzione dall’arabo all’italiano.
«Ho accennato il mio arrivo in Algeria e il mio soggiorno lì.
E quando l’ho raggiunta, sono andato all’’isola di Kanlus, che è un’isola bella, in cui ci sono molte moschee, e sono andato nella casa di un uomo di fede, è il giurista Ali, lui era virtuoso, ha dei figli che sono studenti, e ho incontrato un uomo di nome Muhammad della gente di Dhafar Al-Hamoud, che mi ha detto: Se entri nell’isola di Al-Mahal, il ministro non ti lascerà andare via, perché nessuno governa lì. Io, il mio scopo era di viaggiare nel Maabar, Serendib e Bengala, per arrivare poi in Cina».
Cit. Ibn Battuta, Il viaggio di Ibn Battuta: Un capolavoro di coloro che contemplano le meraviglie delle città e le meraviglie del viaggio (Mohamed Abdel Moneim Al-Arian, Mustafa Al-Qassas), Beirut, Dar Ihiyaà al Ouloùm, 1987: 593.
[13] Intervista di Francesco Surdich, L’Oriente di Marco Polo e Ibn Battûta (domenica 26 maggio 2013), in <https://www.dialoghisulluomo.it/it/surdich/l%E2%80%99oriente-di-marco-polo-e-ibn-battuta>, Ultima consultazione il 14/06/2021.
Riferimenti bibliografici
Ibn Battuta, Il viaggio di Ibn Battuta: Un capolavoro di coloro che contemplano le meraviglie delle città e le meraviglie del viaggio (Mohamed Abdel Moneim Al-Arian, Mustafa Al-Qassas), Beirut, Dar Ihiyaà al Ouloùm, 1987.
Jean Verdon, Il Viaggio nel Medioevo, (Traduzione di Massimo Giuffredi), Milano, Baldini& Castoldi, 2001.
Marta Sambugar, Gabriella Sal, Dalle origini al Cinquecento, Milano, La Nuova Italia, 2004.
Abir EL GHOUL: Dottoranda in Lingua, Letteratura e Civiltà italiana presso la Facoltà di Lettere, Arti e Scienze Umanistiche della Manouba, Tunisi.