Il Mediterraneo è ancora oggi lo spazio più trafficato al mondo. Millenni di scambi commerciali hanno creato la cultura mediterranea, che a sua volta è madre di quella europea. Migrazioni pacifiche o frutto di guerre sanguinarie, colonizzazioni e scomparsa di intere popolazioni. Ogni costa del Mediterraneo conserva memoria di altre coste, di altri uomini e donne che questo mare hanno attraversato.
L’esodo dei migranti degli ultimi vent’anni è un fenomeno nuovo, oggi chi attraversa il mare combatte una guerra personale contro la disperazione. La scelta è fra una morte lenta per fame o violenta a causa delle guerre interne nei propri paesi d’origine, e il rischio di un viaggio per mare.
Utet, la più antica casa editrice italiana, pubblica questo bel libro reportage della giornalista Cristina Giudici, uno spaccato del presente in continuo divenire del mondo dei migranti. Io ho letto la ricca versione digitale: link alle informazioni e video, immagini e altre utilissime note.
Scritto in Sicilia, la terra d’approdo di centinaia di migliaia di persone che cercano di arrivare in Europa. Inutile fare una storia dell’immigrazione, un saggio economico-politico delle regioni di questa ondata di migrazioni che dura ormai da più di vent’anni, meglio cercare di fare una cronaca più sincera, non definitiva ma utilissima a capire meglio il fenomeno che cambierà l’Europa.
Sembra inutile fatica cercare di tracciare una linea di demarcazione tra le tipologie di migranti, le ragioni della loro fuga. Ognuno di loro ha bisogno di vivere, di avere almeno una possibilità. Partono vecchi, giovani, bambini e intere famiglie che rischiano ogni volta di non ritrovarsi, di essere distrutte dal viaggio della morte. Una storia molto forte, tra le tante che racconta la cronista, è quella della famiglia siriana che divise una banconota in tre parti, così da essere riconosciuti nell’eventualità che qualcuno morisse in viaggio.
Questa certezza dell’ineluttabile possibilità della morte, identica a quella di vivere, fa tremare chiunque. Siamo sempre così lontani da questo tipo di scelte, così comodamente abituati a non scegliere nulla, nel mondo ricco tutto è pienamente organizzato, previsto e determinato da scelte generali, il singolo non sa scegliere. Trovandoci in questo stato di continua adorazione di noi stessi, unica libertà veramente piena, non possiamo minimamente capire cosa sta succedendo sull’altra sponda del Mediterraneo.
Il mare non ha colpe. Mare monstrum, certo, ma sempre Mare nostrum ossia di tutti, da questa verità bisognerebbe ripartire. Il libro affronta il fenomeno dal punto di vista delle retrovie, chi nel silenzio agisce per salvare vite umane, cercare di sconfiggere il traffico di essere umani, capire i fenomeni. Dalle pagine del libro si evince questa semplice visione: non esiste una contrapposizione così chiara tra buoni e cattivi, tra innocente e complice, vittima e carnefice. E’ molto difficile muoversi tra le maglie delle varie organizzazioni criminali, che hanno sede nella sponda sud del Mediterraneo, ma con diverse filiali in Italia o in altri paesi del nord Europa. Un lavoro duro quello che portano avanti decine di bravissimi poliziotti, carabinieri, finanzieri e militari che nelle varie missioni cercano di scoprire le dinamiche delle grandi organizzazioni criminali, arrestano gli scafisti della morte, semplici assassini abituati a delinquere, sulle barche o sulla terraferma.
Il viaggio infernale non finisce con l’approdo in Italia, è solo l’inizio di un girone infernale fatto di pestaggi, di minacce continue per estorcere altri soldi alle famiglie dei sopravvissuti. Vengono relegati in nascondigli sempre più organizzati: la tonnara abbandonata di Santa Panagia, a Siracusa ad esempio, dove venivano reclusi al buio decine di uomini e bambini, torturati finché non ricevevano i soldi dall’Egitto o dall’Eritrea, dal Marocco o dalla Nigeria. La polizia è riuscita, grazie alla tenacia e bravura dei militari, a sgominare la banda, il tutto documentato dal video, presente nella versione digitale del libro.
Un libro che racconta le “avventure” donchisciottesche di chi combatte l’illegalità legata al traffico di esseri umani, si tratta di questo in fondo: un affare gigantesco che frutta centinaia di migliaia di euro a tratta. E’ scontato dire che le forze dell’ordine hanno un budget ridicolo, che il personale è composto di pochi coraggiosi e tenaci che resistono alla fatica e allo stress della sofferenza continua, alla visione della malvagità umana replicata all’ennesima potenza. Questi i protagonisti: “Il sostituto commissario Carlo Parini è un poliziotto imponente, tanto burbero quanto estroso, che guida il GICIC e conosce ogni anfratto dell’immigrazione legale e clandestina. Per settimane l’ho inseguito, incalzato, diventando la sua ombra. Il suo collaboratore più prezioso è un interprete marocchino di nome Abdelaziz Mouddih, conosciuto da tutti come Aziz”. I due formano una squadra fortissima, ma estremamente debole nei confronti delle mafie dell’immigrazione.
La posizione della scrittrice e giornalista Cristina Giudici, nonostante tutto, riesce a fornire una cronaca asciutta, non dettata dalla facile esasperazione che deve aver provato vivendo a stretto contatto con una realtà difficile. Si racconta la cronaca quotidiana di un lavoro durissimo, portato avanti in assoluta solitudine da coraggiosi uomini che sembrano volere fermare i mulini a vento.
I capitoli del libro sono così immersi nella cronaca che potrebbero diventare puntate di un reportage giornalistico. Un libro che parla una lingua chiara e veloce, da inviata di guerra quotidiana di chi preferisce necessario ad iniziare a capire cosa significa questa grande tragedia, ma anche ad immaginare come potrebbe essere diverso se la mentalità generale mutasse in investimenti per il futuro del “vecchio continente” che invecchia e muore senza ricambi generazionali.
Mare monstrum, Mare nostrum
Cristina Giudici, Utet 2015