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Il festival letterario si chiude a Lo Quarter tra preistoria, cinema e poesia

Tra gli ospiti Lavinia Mannelli, Alberto Moravetti e Alessandro Zara

Si conclude domani, 18 luglio, nella sala conferenze di Lo Quarter la terza edizione di Mediterranea. Culture. Scambi. Passaggi, il festival letterario organizzato ad Alghero dall’AES – Associazione Editori Sardi. L’ultima giornata si aprirà con la presentazione del libro Domus de janas. Arte e religione nelle tombe ipogeiche della Sardegna (Carlo Delfino Editore) con Giorgio Murru, direttore del Menhir museum di Laconi, l’archeologo e docente Alberto Moravetti e il fotografo Nicola Castangia. A seguire, Alessandro Zara, autore sassarese al suo primo libro, presenta la raccolta di poesie PerLe mie radici (Carlo Delfino Editore) con Maria Elena Sini, Antonello Grimaldi – di cui sarà proiettato il cortometraggio “Terra” – Gabriele Desole, Paolo Valle, Marco Piras e Mario Chessa dei Bertas. La serata si concluderà con la presentazione del libro L’amore è un atto senza importanza, opera prima dell’autrice Lavinia Mannelli, edito da 66thand2nd.

Un millennio di Mediterraneo, la Napoli di Rea e Boccaccio. La serata del 16 luglio, la seconda nell’area archeologica della Villa Romana di Sant’Imbenia, si è aperta con la presentazione del volume The sea in the middle – The Mediterranean world, che racconta mille anni del Mediterraneo, dal 650 al 1650. Come ha spiegato Brian Catlos, docente all’Università del Colorado e autore del libro insieme a Thomas Burman e Mark Meyerson, le vicende che ruotano intorno al “mare di mezzo” vanno inquadrate con una prospettiva diversa da quella utilizzata dalla storiografia tradizionale. Se è vero che in un millennio ci sono stati molti conflitti tra le grandi civiltà che hanno vissuto lungo le sponde del Mediterraneo – gli Ebrei, i Cristiani e i Musulmani – è anche vero che per la maggior parte del tempo i tre popoli hanno vissuto in pace, scambiandosi informazioni, mutuando le reciproche culture e i costumi. Molti testi, ha spiegato l’autore dialogando con la medievista catalana Roser Salicrù i Lluch, sono scritti in doppia lingua e anche gli oggetti di uso comune, come le monete, erano simili. L’interesse a dividere le popolazioni, rappresentarle in lotta anziché in pace, era piuttosto un’esigenza delle élite, per mantenere il potere e sviluppare in questo modo quell’idea di nazione che prenderà piede dopo il 1600.

Un racconto diverso rispetto alla tradizione è anche quello che propone Roberta Morosini, docente all’Università di Napoli L’Orientale e autrice per Mediando di I cieli naviganti, un viaggio nella città partenopea così come raccontata da Domenico Rea e di Giovanni Boccaccio. Secondo Morosini, che riprende la concezione dell’autore di Ninfa plebea, la descrizione di Napoli è ancora immersa negli stereotipi tradizionali che non aiutano a conoscerne realmente la natura. È giusto raccontare la vita dei “bassi”, anche l’umile povertà di chi li abita, ma senza scadere nel compatimento, nella commiserazione troppo spesso presenti anche in grandi autori come Eduardo de Filippo. Domenico Rea, ha spiegato l’autrice nell’incontro con Raffaele Sari, raccontava la sua Nofi proprio come Boccaccio – che a Napoli aveva vissuto in giovane età, apprezzandone la cultura letteraria allora ben più avanzata di quella fiorentina – raccontava le sue novelle, con uno sguardo neutrale e senza giudizi morali. Al tempo di Boccaccio, ha spiegato Morosini, Napoli era l’America del tempo perché il Mediterraneo portava ricchezza. Oggi non è così e la città resta la prima vittima di sé stessa.

La serata è stata conclusa con il concerto-reunion degli Elva Lutza, il duo composto da Nico Casu (voce e tromba) e Gianluca Dessì (chitarra), insieme alla voce di Ester Formosa e alle percussioni di Bruno Piccinnu: un ensemble che ben sintetizza in musica le tante influenze che il Mediterraneo ha visto incrociarsi, dalla Catalogna al Medio Oriente, dal Nordafrica alla Sardegna, e condensate nel cd Cancionero.

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