
Situata proprio al centro geografico della Sardegna, la cittadina di Sorgono, con i suoi circa 1400 abitanti, è il capoluogo storico di mandamento del Mandrolisai, subregione della Barbagia a Ovest del Gennargentu, ricadente nella provincia di Nuoro.
L’esatto centro geografico dell’Isola, ricadente in questo borgo, è determinato dalle coordinate geografiche con latitudine 40° 00′ 02″ Nord e longitudine 09° 06′ 57″ Est e contrassegnato da un menhir ubicato all’ombra di un albero di sughero, che insieme ad altri esemplari costituisce uno dei patrimoni naturali e culturali della Regione Autonoma della Sardegna.
Innumerevoli sono i resti preistorici rinvenuti a Sorgono, prevalentemente di Età Nuragica, per quanto nel corso dei secoli il centro abitato si è spostato, fino a trovare definitiva collocazione con quello attuale, ricostruito nel Medioevo. Qui la dominazione romana non ha avuto gli stessi effetti che nel resto della Sardegna, proprio a causa delle difficoltà da parte dell’esercito di penetrare nel cuore dell’Isola e grazie alla resistenza della popolazione autoctona che così potette mantenere una certa autonomia, rispetto alle aree rivierasche e in alcune zone nell’entroterra.
Sorgono rientrava nel giudicato d’Arborea ed era compreso nella curatoria del Mandrolisai sin dall’anno Mille, di cui fu anche capoluogo. Successivamente alla caduta del giudicato, nel 1410, entrò a far parte dei territori concessi in feudo a Giovanni Deana, suocero del marchese di Oristano. Con lo sfaldamento della famiglia dei Deana, Sorgono passò a Leonardo Cubello, che a sua volta lo lasciò a Salvatore Cubello, suo secondogenito che, nel 1463 lo annesse al marchesato di Oristano. Nel 1470 il territorio divenne tenimento di Leonardo Alagon, marchese di Oristano e, tra il XV e il XVI secolo, vi venne edificato il santuario campestre di San Mauro, divenuto un importante luogo di culto e di festività popolari.

Nel 1478, anno della definitiva sconfitta degli arborensi, Sorgono passò sotto il dominio aragonese e venne incorporato al Mandrolisai, ottenendo però un importante privilegio: nel 1507 infatti ottenne, insieme alle altre ville dell’Incontrada, di essere amministrato direttamente da funzionari reali nativi del luogo e scelti mediante elezione annuale, su una terna presentata dagli abitanti da cui il re d’Aragona doveva quindi scegliere il funzionario, privilegio questo che fu mantenuto fino al momento in cui l’isola passò alla dominazione degli Asburgo. Dopo varie vicissitudini e cambiamenti amministrativi, oltre che dalla rimozione dei vincoli feudali ad opera dei Savoia e un passaggio di competenza alla provincia di Cagliari, dal 1927 il comune di Sorgono è parte della provincia di Nuoro.
Impressionante è il patrimonio archeologico di Sorgono, di cui basterebbe citare le Tombe dei Giganti Cungiàu ‘e Tòre, il Nuraghe Lò e il Menhir di Biru ‘e Concas, per non parlare delle aree di interesse naturalistico come quelle in Località Funtana ‘e Meurra, foresta Massanì e Foresta San Loisu, piuttosto che dell’oasi naturalistica in località Bardacolo, in cui è stato anche avviato il ripopolamento del cervo sardo.
In questa terra ricca di storia, tradizioni e folklore, Pietro Uras, Renzo Manca e Simone Murru hanno ereditato i vigneti dai loro rispettivi nonni, fondando così I Garagisti di Sorgono, dimostrando quanto il team work possa essere efficace in un territorio spesso difficile per l’affermazione di nuove imprese.
Il Murru ha origine da tre parcelle di vigna: la prima a Bau Perdosu, impiantata ad alberello da Maureddu Carta, circa settantacinque anni fa, mentre le altre due a Pischina, con ceppi prevalentemente centenari, e quindi con bassissime rese, allevati ad alberello su suoli di granito bianco posto a quasi 500 metri di altitudine sul livello del mare.
Frutto esclusivo del vitigno Monica, con una densità di 4000 piante per ettaro e una resa di 40 quintali, il Murru Monica di Sardegna Doc 2020 dei Garagisti di Sorgono nasce dalla fermentazione delle uve in solo acciaio e una sosta, sempre in inox, per dodici mesi. Il Murru indossa un colore rosso rubino molto luminoso e tendente all’aranciato, presentando evidenti tracce di buona consistenza. Il profumo del pot-pourri di viola e rosa essiccata lascia spazio alle note fruttate di mora di rovo e lampone, oltre che allo speziato da chiodi di garofano, ginepro e cardamomo.
In bocca i sentori si fatto, in intensità, ancora più netti e decisi e la retrolfattiva svela la rosa canina, il ribes nero, la marasca selvatica e i toni agrumati da scorza di arancia con rintocchi piperiti. Il sorso è dunque sostanzioso e dritto con tannini che, ancora vividi, si rincorrono in perfetto bilanciamento con il salino e la freschezza, con l’appagante umami che rende la beva ancora più intrigante e succosa, con chiusura finemente ammandorlata, quasi da rabarbaro, e una persistenza piuttosto lunga. Quaglie arrosto con cioccolato al tartufo.