Cosa succede una volta varcata la Porta d’Europa? Quali prospettive a lungo termine possiamo immaginare per i migranti in fuga? Chi sono le persone che affrontano viaggi impossibili per chiunque?
Una volta sognai
Una volta sognai
di essere una tartaruga gigante
con scheletro d’avorio
che trascinava bimbi e piccini e alghe
e rifiuti e fiori
e tutti si aggrappavano a me,
sulla mia scorza dura.
Ero una tartaruga che barcollava
sotto il peso dell’amore
molto lenta a capire
e svelta a benedire.
Così, figli miei,
una volta vi hanno buttato nell’acqua
e voi vi siete aggrappati al mio guscio
e io vi ho portati in salvo
perché questa testuggine marina
è la terra
che vi salva
dalla morte dell’acqua.
Le parole di Alda Merini possono aiutare ad entrare nella dimensione dei naviganti, molto più delle parole sparse a caso negli ultimi vent’anni.
Delle rotte dei migranti, delle carovane del deserto che dall’Africa sub sahariana si snodano fino ad arrivare alle coste della Libia, sappiamo praticamente tutto. Basterebbero le tecnologie satellitari per tracciare itinerari, numeri e statistiche per provare ad immaginare un futuro alternativo per questi paesi.
Non si tratta di un’emergenza, ma di un esodo continuo. Ci si spaventa per un milione di persone che arrivano in Europa, 130 mila in Italia (dati UNHCR), se pensiamo che solo la Nigeria ha quasi 200 milioni di abitanti e che la maggioranza della popolazione ha meno di 30 anni, abbiamo un quadro esaustivo della situazione.
Gli articoli di questo numero
- Rivivere lo spazio urbano navigando i confini culturali
- Emigrazione ed immigrazione
- Navigare i Confini e raggiungersi
- Spettacolo e cinema nel progetto MigrArti: una breve introduzione
- Marc Mercier e ses “Cartes postales vidéo”
- Sguardi d’oltremare. Letteratura migrante in Italia
- Navigare i confini con l’Associazione italiana turismo responsabile
- Turismo in Sardegna: etica, ambiente e migranti
- Una voce arrivata dal mare, “navigando i confini”
- Calcio e “inclusione professionale” nel progetto Navigare i confini
Chi sono
I ragazzi sono perfettamente inseriti nella società della rete. Hanno profili social e li usano continuamente per tenere i contatti o trovare tutto quello che può servire una volta sbarcati in Europa. Hanno sogni che somigliano a quelli di milioni di ragazzi nel mondo, con identici problemi. Nei paesi d’origine studiare costa troppo, chi riesce a seguire un percorso professionale avanzato fa parte della piccolissima élite di privilegiati, che detengono anche le chiavi del potere del proprio paese. Possiamo immaginare che la classe dirigente provenga tutta da quella fascia di popolazione, insieme alla infinita sequela di golpe militari che gestiscono poi il resto. Un ragazzo che sta al di fuori del “cerchio magico” di legami parentali, amicizie importanti, potere contrattuale, è automaticamente fuori da ogni possibilità. L’ascensore sociale è molto ristretto, o addirittura inceppato.
Trovate le differenze con la situazione in Italia o altri lidi occidentali.
Vengono da lontano ma abbiamo imparato conoscerli, sono diventati familiari e a poco a poco sarà normale parlare di politica interna o di economia. Ci sono ragazze e ragazzi africani che hanno un talento da coltivare, in concorrenza certamente con chi nasce in Europa. Chi sogna di diventare calciatore, chi cantante o artista, chi sogna di diventare un grande chef. C’è chi non ha nessun talento, ma volontà di trovare un qualsiasi lavoro che gli permetta di sopravvivere e far vivere i loro familiari.
In questo numero ci occupiamo di chi vuole inseguire i propri sogni, chi cerca disperatamente di affermarsi ed è pronto a lavorare duramente per farlo.
Ci sono migliaia di persone, associazioni, cooperative sociali che si occupano di accogliere e “sistemare” le famiglie, i ragazzi e le ragazze che sbarcano nelle coste italiane, greche o turche. L’investimento economico in quel settore è molto importante, si tratta però di finanziamenti che non producono quasi mai dei risultati concreti sul futuro dei migranti. L’obiettivo per lo Stato dovrebbe essere quello di rendere tutti indipendenti, socialmente ed economicamente. Si inseguono continuamente le emergenze umanitarie, ma il giorno dopo non si hanno progetti a lungo termine che dotino i ragazzi di strumenti utili. Non c’è nulla di facile, una strada maestra da seguire. I metodi possono essere diversi, ma l’obiettivo dovrebbe essere quello di dare la possibilità di essere indipendenti a tutti i migranti che arrivano, e questo non significa dare qualche euro al giorno, ma programmi di formazione continui.
Il ministero della cultura ha preso una decisione molto chiara, investire sulle capacità artistiche già presenti o da sviluppare. Il progetto MigrArti ha come obiettivo quello di cercare nuovi talenti da formare in Italia, con un modesto investimento (800 mila euro per tutta l’Italia) nel 2015 si sono finanziati grandi progetti che hanno dato la possibilità a molti ragazzi e ragazze di far conoscere i propri talenti.
La redazione di mediterranea ha seguito il progetto Navigare i confini, creato e portato avanti dall’associazione Carovana Smi, da tanti anni impegnata nel dialogo artistico e sociale con gli altri paesi del Mediterraneo. Il progetto è stato un successo, tanto che dopo mesi i ragazzi che hanno partecipato sono ancora uniti e cercano di sfruttare le loro capacità.
Ne abbiamo raccontato in tutte le sezioni, è stata una bellissima esperienza. Anche i mezzi di informazione devono entrare dentro i progetti, provare dal vivo la realizzazione concreta di un sogno. Un po quello che proviamo a fare tutti.
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