Articolo di Giuliana Abate
Siamo lontani dai grandi miti di Ulisse e Colombo, non ci sono né isole né continenti da scoprire eppure il viaggio ci affascina sempre.
Sarà per la sua capacità di raffigurare il percorso esistenziale di chi, mosso dall’inquietudine e dall’insoddisfazione di fronte alla banalità e alla sicurezza del quotidiano, intraprende un cammino che è scoperta del mondo e di sé stesso alla ricerca di una dimensione più consapevole della vita: così è stato per Ulisse nel suo viaggio di ritorno verso la nativa Itaca, così per Virgilio ed Enea nel loro viaggio di ricerca di una nuova patria, così per Dante che ha potuto raggiungere la redenzione attraverso il viaggio nell’oltretomba.
In ogni viaggio campeggia il rischio di imbattersi in pericoli, difficoltà e incognite ma anche di fare incontri casuali e fortuiti che consentono di misurare le proprie forze, di acquisire maggiore consapevolezza di sé e del mondo.
Nel mare magnum in cui la gente di questo ‘villaggio globale’ naviga, anche il navigatore telematico è un esploratore che vuole ampliare la sua conoscenza, che si interroga e che sa che potrà avere i venti a favore o essere stregato dal canto delle sirene.
Nuovi linguaggi hanno cambiato il modo di concepire e concettualizzare la realtà, è modificata la nostra percezione di spazio, di durata, di distanza, di incontro.
Internet ha superato i limiti geografici, allargando le dimensioni del reale e ha reso più concreto il timore che lo sviluppo delle nuove tecnologie della comunicazione possa provocare una standardizzazione dei comportamenti e un sempre più accentuato isolamento, soprattutto delle aree del mondo non toccate dalla ragnatela mediatica.
Cionondimeno, i collegamenti reticolari, creando modalità alternative di intesa repricoca, consentono una possibilità infinita di interscambi aperti a tutti: la comunicazione telematica supera le barriere territoriali, nazionali, etniche, politiche per elevarsi su scala sovranazionale e transculturale.
Il cyberspazio, infatti, sta diventando sempre più il luogo in cui si costruiscono e si trasformano culture e identità e, in questo ipertesto planetario, più gli individui saranno in grado di controllare i prodotti della loro cultura più lo sviluppo tecnologico potrà essere usato in un’ottica ‘ecologica’, solidale.
Il viaggio nel cyberspazio è fatto di andate e ritorni: si racconta e si ascolta, ci si avvicina e ci si allontana, si intrecciano costantemente, in un gioco di rimandi, autorappresentazioni e accettazione di una pluralità di punti di vista.
Un mare che ha l’indubbio vantaggio di consentire un confronto a tutto campo e di non escludere nessuno in base a fattori sociali, biologici o culturali.
Proiettando in avanti il pensiero, l’immaginario comune, sostenuto da certa letteratura, ha immaginato il futuro abitato da automi in titanio, robot umanizzati e oggetti tridimensionali che escono direttamente dalle stampanti.
E’ un viaggio il nostro appena intrapreso, eppure siamo consapevoli che la rete non è fatta di cavi, di collegamenti e di macchine: è fatta di varie persone che possono scegliere il modo migliore di navigarla e da ciò dipende la sua possibilità di costruire interazioni di tipo interculturale e essere educativa, senza demonizzazioni né mitizzazioni, aprendo così nuovi orizzonti di senso per un futuro in cui tutti navigano non verso il luogo dell’antimateria, dell’illusorio, dell’irreale, bensì verso il luogo dell’incontro con il diverso da sé e dello scambio con realtà differenti.
Accanto alla dimensione commerciale, al business e al marketing si può andare verso un impiego delle nuove tecnologie in prospettiva interculturale per costruire scambi, conoscenze, dialoghi, idee, relazioni e interazioni di culture.
Il valore della rete sta proprio in ciò che più temiamo, la sua varietà che è al contempo ciò che permette invece una integrazione tra differenze e somiglianze che è alla base del multiculturalismo.
Ognuno riesce a trovare nella rete il proprio spazio per esserci: si aprono orizzonti personali e nuove possibilità di cooperazione.
Anche nel cyberspazio, come nella realtà, il bisogno umano di comunicare è necessario per la costruzione dell’ identità. La realtà virtuale è un mare senza limiti geografici né confini, ma l’Io non diventa irreale, tecnologico, anaffettivo, privo di passioni ed emozioni.
Continua invece a cercare, a conoscere, a scoprire, a comunicare e sentire, quasi percorrendo, all’interno di una avventura conoscitiva di sé stesso e dell’altro, uno spazio di ricerca, un percorso che lo porta a scandagliare gli abissi del sua coscienza per costituirsi, infine, persona socialmente responsabile.
Anche tra le onde di questi non-luoghi, come per Ulisse, il viaggio racchiude in sé l’ affascinante dicotomia tra la fedeltà alle radici della terra natale, della società in cui si vive e la promessa di una conquista, di una sfida; si propone come un nuovo spazio comune, democratico, potente, di aggregazione dove si proiettano parti profonde di sé e della propria identità.
Non è dunque un semplice spostamento nello spazio, ma anche quando trae spunto da eventi reali, il viaggio tende a diventare un’avventura dell’Io che, a contatto con esperienze e emozioni diverse, modifica profondamente se stesso.
E’ proprio durante questa navigazione che l’uomo ha bisogno di una bussola per orientarsi, un punto di riferimento per non perdersi nell’oceano del chiacchiericcio sterile, della spazzatura informatica o dal rischio di naufragare in relazioni negative e cattive dipendenze.
Paradossalmente, proprio mentre si ricercherà la libertà, si avrà necessità di un limite, di un confine e, che si navighi sulle onde sconosciute dell’etere o nella culla di un antico mare, la stella polare sarà lì per ricordarci che è sempre l’uomo, con la sua ricerca di senso, principio e fine di tutte le cose.
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