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Ci sono diverse ragioni che spingono gli italiani a scegliere di andar via in via definitiva dal paese. Esse sono legate sia alla carenza di opportunità di crescita professionale, sia alle difficoltà economiche che si riflettono in un alto tasso di disoccupazione. In sostanza non c’è lavoro, né stimoli e facilitazioni per la costituzione di imprese, e quindi per la generazione di un’economia che consenta un sistema produttivo vivace e fruttuoso.

Tuttavia c’è anche un’altra ragione meno diffusa ma altrettanto legittima che spinge i ragazzi verso altri lidi. Si tratta di stimoli culturali, l’esigenza di un rinnovo e di una crescita non solo da un punto di vista meramente economico, ma anche per quanto riguarda gli usi e le abitudini, le dinamiche sociali, formative ed intellettuali. Ci sono infatti delle realtà fuori dal nostro paese che presentano dei modelli culturali avanzati e che consentono una visione della vita ed un’organizzazione della stessa più stimolanti. Un esempio è la facilitazione delle questioni burocratiche, e quindi una più immediata concretizzazione delle idee. Inoltre, ad attrarre, spesso è anche un sistema meritocratico che risponde in modo concreto alle reali capacità dei lavoratori, che permette la crescita ed una carriera professionale. Non solo… ci sono anche motivazioni più strettamente inerenti il campo della cultura: il desiderio di aprirsi all’altro, di sperimentare nuovi modi di vita a contatto con culture differenti. In questo senso andare a cercare fortuna all’estero può diventare l’esportazione del modello mediterraneo e la sua integrazione e trasformazione in qualcosa di diverso, di nuovo. Probabilmente di migliore, perché la fusione consente di selezionare gli aspetti migliori di entrambi i modelli.

E’ il caso di tre ragazzi di Cagliari che, nel lontano 2005, decisero di partire per New York con lo scopo di tentare, di provarci, di vedere se ci fosse la possibilità di costruire qualcosa fuori dalla loro terra, e soprattutto fondando questo lancio imprenditoriale su basi diverse, su una cultura differente. Uno degli scogli maggiori fu il permesso di soggiorno, ma, una volta superatolo anche grazie alla loro disponibilità di investimento, essi riuscirono ad aprire e a far crescere un locale a Manhattan: l’Epistrophy. Si tratta di un piccolo bar ristorante molto accogliente non solo per il suo ambiente caldo, ma anche per i modi dei gestori, la loro affabilità e cortesia. Essi curano la qualità del cibo e dei vini, spesso importandoli da casa. Inoltre ogni domenica c’è un concerto jazz che dà al locale quel tocco particolare ed elegante che lo rende un ottimo posto dove passare in caso ci si trovi a New York, e non solo per gli italiani. Il locale funziona anche e soprattutto perché frequentato dagli stessi abitanti della città, siano essi propriamente americani o appartenenti alle diverse etnie che la abitano ormai da generazioni.

Il segreto ed il successo di questo approccio consiste in un atteggiamento non fossilizzato sui propri modelli culturali, nel partecipare, penetrare la cultura che ti sta ospitando e rispettarla proprio perché lo sta facendo. L’amalgamazione delle due culture ha portato ad un modello evoluto, diverso dai due iniziali, un modello costruttivo che permette ai tre ragazzi di ritenersi soddisfatti del loro lavoro, sia per quanto riguarda l’aspetto economico, sia per quanto riguarda quello propriamente culturale e di integrazione sociale.

Nicola, uno dei tre soci del locale, ha risposto a qualche domanda.

Quali sono le motivazioni che ti hanno spinto a lasciare la Sardegna per la Grande Mela?
Non ci sono state delle motivazioni stringenti che mi hanno spinto nella grande mela… La Sardegna l’avevo già lasciata per andare a lavorare a Milano, ma alla fine Milano è dietro l’angolo e non ho mai pensato di essere partito davvero.
Tornato a Cagliari mi sono detto “Non partirò più…”. Dopo tre anni invece ero a New York City. Ho sempre avuto il desiderio di un’avventura all’estero e alla fine ho ceduto. Di sicuro la ricerca di nuovi stimoli ha contribuito molto a questa scelta, ma anche la voglia di confrontarmi con un’altra cultura, un’altra concezione del lavoro e un diverso approccio ai problemi e alla realtà di tutti i giorni.

L'interno dell'Epistrophy
L’interno dell’Epistrophy

Come mai questo nome: Epistrophy? Cosa vuol dire? Ha un significato particolare per voi?
Epistrophy è il titolo di una canzone di Thelonious Monk, grande pianista jazz.
E’ stato un omaggio ad un meraviglioso pianista e compositore in considerazione della passione per il jazz di Luca, uno dei miei soci.
Con il tempo, poi, alcuni clienti greci ci hanno detto che è una parola greca, greco antico a dire il vero, che significa tornare nei posti che ti piacciono, quale miglior augurio per il locale!

Avete avuto delle difficoltà burocratiche, legate anche al permesso di soggiorno, per quanto riguarda l’apertura del vostro locale Epistrophy?
Le più grosse difficoltà si sono incontrate al momento di regolarizzare il nostro soggiorno, cioè quando si e’ reso necessario tramutarlo in una permanenza stabile. Non dimentichiamoci che le normative relative all’immigrazione, soprattutto dopo l’11 settembre, sono molto rigide. Alla fine, come investitori, ci e’ stato rilasciato un visto di 5 anni rinnovabile. Per quanto riguarda il locale, di sicuro tutto la trafila burocratica è molto più snella e spedita rispetto a quella italiana.

La vostra politica è quella di mantenere i modelli ed i valori della cultura sardo-mediterranea, seppur integrandoli con quelli, alquanto diversi, propri dello stile americano. In che modo riuscite in questo intento?
E’ chiaro che la nostra identità culturale è qualcosa che ci porteremo sempre appresso. La vera forza della città penso derivi proprio da questo. Non è altro che il frutto di tante culture che mischiandosi danno origine a un’altra “cultura”, un’altra identità culturale unica che si ritrova proprio solo a nyc. Noi, senza dimenticarci della nostra, integriamo i valori della cultura sardo-mediterranea con le altre, dando cosi il nostro piccolo contributo al melting culturale della città.

I tuoi soci, Giorgia e Luca, si sono sposati a New York e hanno anche un bambino che sta crescendo all’interno della cultura americana. Quali sono le problematiche che questo comporta? Esiste il timore che egli possa perdere le caratteristiche della cultura che avete lasciato, come la lingua o l’acquisizione delle tradizioni di casa?
E’ chiaro che un bambino che cresce a New York è sottoposto a tutta una serie di stimoli che un bambino che cresce a Cagliari, per esempio, non avrà mai. Non penso si presentino problematiche ma solo splendide opportunità per il bambino che nella sua classe, per esempio, avrà compagnetti di origine cinese, messicana, thailandese e chi più ne ha più ne metta. E non sottovalutiamo l’importanza che crescere in un ambiente multirazziale potrà avere nello sviluppo della apertura mentale del bambino.
Inoltre le scuole sono ben organizzate e multidisciplinari. L’unico problema potrebbe essere legato al costo, in quanto le scuole private offrono i migliori servizi ma hanno dei costi rilevanti, mentre le scuole pubbliche con livelli identici alle scuole private molte volte non riescono a soddisfare tutte le richieste di iscrizione.

Leggendo le varie recensioni in rete sull”Epistrophy l’idea è quella che esso sia diventato un punto di riferimento per gli italiani che passano per New York. Oltre al cibo e al vino di qualità, quali sono le attività che organizzate all’interno del locale?
L’Epistrophy è diventato il punto di riferimenti di molti europei che vivono a New York, non solo italiani. E’ chiaro che la nostra provenienza ha influenzato tutti gli aspetti del locale dal cibo, al servizio, all’arredamento, all’accoglienza ecc ecc.
Ogni domenica abbiamo dei concerti di jazz tradizionale, stile anni 20/30.

A parte la risposta dei turisti italiani, qual è quella invece degli abitanti di New York, siano essi americani purosangue o appartenenti alle varie etnie straniere che ormai abitano la città da diverse generazioni?
Gli stessi abitanti di New York adorano il locale, e abbiamo un forte zoccolo duro di regulars, di clienti abituali che a distanza di anni continuano a frequentare il locale assiduamente.

Passare dalla Sardegna alla frenetica New York significa fare un bel salto, si passa dalla tranquillità e lentezza tipiche della nostra cultura ad un ambiente in cui domina l’abbondanza di stimoli sia sociali, che economici e culturali. Questo non vi ha spaventati? Oppure è stato un elemento che ha motivato la vostra scelta?
Di sicuro, la sfida, il confrontarsi con nuove opportunità e con nuove culture sono stati i motivi predominanti di questa scelta.
La città e’ un organismo vivente, dotato di vita propria, di propria energia che ti travolge e ti sospinge. Da un’altra parte, è una città impegnativa e stancante… ma d’altronde non si può solo prendere. Come in ogni altro rapporto interpersonale, bisogna anche dare.

Quali sono i vostri progetti futuri? Avete intenzione di tornare prima o poi?
Chissà… Stiamo cercando nuove opportunità al momento.
Ma devo dire che l’obiettivo finale e cercare di stare un po’ a New York e un po’ in Sardegna.
E speriamo davvero di riuscirci.

Sito web:
http://www.epistrophycafe.com

1 thought on “New York – L’Epistrophy – Esportazione, integrazione e trasformazione del modello mediterraneo

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