Il Moody Jazz Cafè di Foggia è un luogo dove la musica è ospitata e trattata con ogni riguardo. Non è un luogo nato per la musica: ma la passione e l’inventiva di Nino Antonacci hanno fatto in modo che diventasse uno dei jazz club più interessanti sulla scena nazionale, con una programmazione capace di accogliere personaggi come Enrico Rava, Kenny Garrett, gli Oregon e Ronny Jordan, per rimanere alla stagione attuale, e di ospitare un pubblico di circa cento spettatori ad ogni concerto.
Fabio Ciminiera. In primo luogo, come ti è venuta, cioè, l’idea di trasformare una caffetteria in jazz club e più, in generale, in luogo dove si fa cultura?
Nino Antonacci. Perché essendo sempre stato un amante della musica, non avevo la possibilità di vedere molti concerti dal vivo in questa città. E invece di aspettare la manna dal cielo, mi sono detto: “Quasi quasi, la coltivo io la manna…”
Fabio Ciminiera. E quindi hai sfruttato un posto che non era proprio adatto allo scopo…
Nino Antonacci. La nostra caffetteria non è assolutamente adibita o pensata per la musica. Tanto che, nel corso degli anni, sono state molte le evoluzioni che sono avvenute: all’inizio non c’era la scenografia, non c’erano luci, attrezzature o palco. È anche abbastanza romantico ripensare ai primi anni: in pratica abbiamo cominciato con dei gruppi locali e poi già dal secondo anno abbiamo avuto i primi ospiti internazionali. Abbiamo investito molto nell’attrezzatura perché è uno degli atti di rispetto nei confronti del musicista: avere una buona strumentazione permette un ascolto migliore.
Fabio Ciminiera. Questo ci porta al tema, l’ospitalità appunto. Ho visto negli anni come tratti i musicisti ed è evidente che tu lavori per farli sentire a casa, quando sono da te…
Nino Antonacci. È il mio modo di ringraziarli di essere “i cavalieri che custodiscono la dama”, vale a dire la musica. E grazie a loro che posso godere della musica e quindi sono loro grato di quanto poi accade nel mio locale. In più – se consideri che da noi vengono musicisti affermati, impegnati per buona parte dell’anno in concerto – il fatto di far sì che da noi si sentano a casa è un modo giusto per compensarli, se vuoi, del loro girovagare continuo. Inoltre per noi non è una grande fatica: sia io che il gruppo di persone che realizza con me tutto questo, siamo così di carattere, quindi ci viene naturale, d’altronde lo facciamo con chiunque.
Fabio Ciminiera. Sia vedendo altri posti, sia ascoltando i discorsi dei musicisti, ti sarai accorto di come non sia così dappertutto…
Nino Antonacci. Io mi meraviglio di questa cosa, in maniera negativa. Per noi, comportarci così è la normalità, senza falsa modestia. Mi meraviglio molto di più che accada il contrario.
Fabio Ciminiera. Questo tipo di atteggiamento parte dal palco per poi estendersi a tutto il rapporto con il musicista.
Nino Antonacci. Noi partiamo da un presupposto: con i concerti non ci guadagniamo niente, anzi, il più delle volte ci rimettiamo dei soldi. Viviamo in un mondo dove la gente crede che non esista fare nulla senza un tornaconto. In realtà, anche nel mio caso spendo i miei soldi perchè mi ritorna qualcosa, ma non dal punto di vista economico, quanto per la mia anima, per il mio cuore. Io ho dei ricordi fantastici, ho realizzato i miei sogni. Molti spendono una fortuna per fumare, io la spendo per i concerti: a me rimane nel cuore, a loro nei polmoni.
Fabio Ciminiera. Senza stemperare la purezza del tuo slancio, tutto il lavoro e gli investimenti fatti ti hanno creato una reputazione che ti permette anche di realizzare altre iniziative anche al di fuori del Moody…
Nino Antonacci. Sempre con lo stesso spirito. Anche quando si potrebbe configurare come un lavoro – realizzato su richiesta, intendo – l’approccio è sempre lo stesso. Non mi ritengo un professionista, ho ancora molto da imparare. Ecco, se devo fare qualcosa che mi toglie denaro a beneficio dello spettacolo, dei musicisti o degli spettatori, lo faccio senza nessun problema. forse proprio perché non lo concepisco come un lavoro, ma amo talmente la musica, ho un grandissimo rispetto per le persone in generale e in particolar modo per i musicisti.
Fabio Ciminiera. Nel corso degli anni ti è capitato diverse volte di organizzare seminari con i musicisti chiamati per la tua rassegna, hai fatto vivere il territorio ai musicisti e viceversa hai dato modo al territorio di entrare in contatto con loro.
Nino Antonacci. Qui a Foggia non abbiamo granché da vedere: portare, però, qualcuno che viene da fuori a visitare quelle cose belle che sono nei paesi intorno per me è un piacere. Spesso è capitato di organizzare seminari proprio sfruttando i day-off dei musicisti: è un modo per poter condividere altre esperienze con loro e avere dei ricordi e delle emozioni in più legate al concerto e all’incontro con le persone. Naturalmente uno dei momenti più importanti dell’incontro con queste persone è la convivialità: a tavola, noi offriamo le tradizioni del nostro territorio, facciamo mangiare loro cose genuine, innanzitutto, e poi che rispecchiano in tutto il territorio dal vino alle verdure alla carne.
Fabio Ciminiera. In questo senso anche l’esperienza di Accadìa Blues, ad esempio, è stata una maniera di fare un nuovo discorso con lo spirito che ha contraddistinto tutta l’esperienza del Moody.
Nino Antonacci. Certo, tant’è vero che, proprio perchè l’ho fatta sempre con quello stesso spirito quest’anno ho lasciato. Nonostante sia andato tutto bene, il Comune abbia pagato tutti nei tempi convenuti, è venuta a mancare per me il presupposto più importante cioè l’entusiasmo, la cooperazione, la possibilità di creare qualcosa di bello. È anche per questo che non mi ritengo un professionista: un professionista lo avrebbe fatto per guadagnare anche senza il presupposto dell’entusiasmo.
Fabio Ciminiera. Mi sono tenuto per ultimo il concerto di questa sera che, se vogliamo, rappresenta un punto di arrivo nel rapporto che hai creato con il pubblico. Un concerto a sorpresa, senza dire a chi acquista il biglietto chi si esibirà sul palco, da una parte mette in gioco di nuovo l’emozione della scoperta, la curiosità e il gioco, dall’altra è la testimonianza del fatto che le persone ormai si fidano del tuo lavoro e riconoscono il valore di quello che hai portato a Foggia negli anni.
Nino Antonacci. Mister O nasce dal fatto che a me piace giocare, a me piace il senso dello spettacolo. mi piace creare la meraviglia nelle persone: in realtà la musica non è un fine, la musica è un mezzo ed è uno dei mezzi più puri per unire, per incontrarsi. Nel nostro pubblico sono nate delle amicizie, addirittura degli amori tra persone che si sono conosciute qui da noi, assistendo ai nostri concerti. Mi piace vedere le persone che riscoprono il senso di meraviglia, vedere la gioia negli sguardi degli altri: per questo mi piace organizzare, mi piace fare incontrare le persone che si stupiscono con quelle che portano lo stupore. Una situazione come quella di questa sera è l’esempio più felice: al momento della presentazione quando ho svelato i nomi di Peppe Servillo e del Solis String Quartet il pubblico è esploso, è stato fantastico e non sarebbe avvenuto se avessero saputo al momento dell’acquisto del biglietto chi avrebbe suonato. La curiosità, le aspettative, la liberazione da quel senso di incertezza non ci sarebbero state.