Quanto costa curare la depressione e quanto costerebbe curarla meglio in uno studio degli economisti inglesi
Non è per cinismo che parliamo di costi della malattia mentale ma per capire quanto queste patologie pesino sui conti degli Stati, non solo in termini di spesa del Servizio Sanitario Nazionale ma anche di perdita di produttività per la persona direttamente interessata dal problema e per i suoi famigliari più prossimi. E perchè – essendo per lo Stato più urgente affrontare il problema economico di quello socio-sanitario – per risolvere il primo ci si ritrova ad affrontare meglio anche il secondo. E il caso del Regno Unito ne è un esempio
La salute mentale? Un problema da economisti. Che prevenire sia meglio che curare è vero anche per le casse dello Stato e per questo nel Regno Unito affrontare il problema delle psicosi è diventato un affare da economisti. I primi studi su questa materia risalgono al 2006, quando i consulenti del Governo provenienti dalla London School of Economics hanno analizzato i costi e le difficoltà del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) nella lotta alla depressione e ai disturbi d’ansia. Si è partiti dai puri numeri: in Gran Bretagna circa sei milioni di adulti (il 16% del totale) soffre di depressione o disturbi d’ansia ma solo un quarto di essi riceve qualche tipo di cura e per affrontare questi problemi si spende solo il 2% dei fondi del SSN. Perchè un numero così esiguo di cittadini con disturbi psicologici è curato? Dall’indagine emerge che la maggior parte di loro ha avuto solo l’offerta di medicinali dal proprio medico mentre tra gli stessi malati c’è la consapevolezza che la cura migliore sarebbe la terapia psicologica che però non è offerta dal servizio sanitario inglese. Per i disturbi d’ansia e depressivi i trattamenti psicologici sono efficaci quanto i farmaci nel breve termine ma molto più efficaci nel prevenire le ricadute. Intanto lo Stato per questi problemi perde ogni anno circa 12 miliardi di sterline e ogni persona con un disturbo d’ansia o depressione costa ai contribuenti inglesi circa 750 sterline al mese – tra cure, pensione, assenze, perdita del lavoro, assistenza… – senza contare i costi sociali per le famiglie impossibili da quantificare. Invece un ciclo di trattamento di psicoterapia di 10 incontri costerebbe complessivamente le stesse 750 sterline che si spendono in un solo mese.
La proposta. Su questi dati i ricercatori della LSE hanno proposto al Governo inglese questa soluzione: cambiare l’impostazione nel trattamento dei disturbi d’ansia e della depressione a favore della terapia psicologica assumendo diecimila psicoterapeuti che a regime, cioè nel 2013, potranno trattare 800 mila persone all’anno. Solo in termini di mancata erogazione dei sussidi lo stato risparmierebbe 1,4 miliardi di sterline a fronte di un costo annuo valutato tra i 400 e i 600 milioni di sterline. Insomma, un anno di cura psicoterapeutica costerebbe allo Stato al massimo 750 sterline per paziente, ma il risparmio per le casse pubbliche sarebbe quantificabile sui 1.750 solo per la mancata erogazione dei sussidi. Poi c’è da aggiungere che si risparmierebbe nei farmaci e che il cittadino, lavorando regolarmente, guadagnerebbe e pagherebbe le tasse. Il Governo, convinto dai numeri degli economisti, ha già attivato il servizio psicoterapeutico a carico del SSN in due distretti.
In Europa e nel mondo. Affrontare questi problemi nel modo più corretto sarebbe urgente anche negli altri paesi dal momento che depressione e stati d’ansia si avviano a diventare il primo problema di salute nel mondo con conseguenze economiche e sociali difficilmente valutabili. In Europa, nel 2009, è stato stimato un costo di 436 miliardi di euro per la mancata salute mentale: nel vecchio continente una persona su quattro soffre almeno una volta nella vita di problemi psicologici. Nel 2005 – e i dati in termini numerici non sono variati in modo sensibile – i dati contenuti nel Libro verde sulla salute mentale “Migliorare la salute mentale della popolazione. Verso una strategia sulla salute mentale per l’Unione europea” prendevano in esame la fascia di popolazione tra i 18 e i 65 anni e davano questi numeri per le diverse patologie:
Dipendenza da alcool – 7,2 milioni
Dipendenza da sostanze illecite – 2 milioni
Psicosi – 7 milioni
Depressione maggiore – 18,4 milioni
Disturbo bipolare – 2,4 milioni
Disturbo da panico – 5,3 milioni
Agorafobia – 4 milioni
Fobia sociale – 6,7 milioni
Disturbo di ansia generalizzato – 5,9 milioni
Fobie specifiche – 18,5 milioni
Disturbo ossessivo compulsivo – 2,7 milioni
Disturbi somatoformi – 18,9 milioni
Disturbi dell’alimentazione – 1,2 milioni
In totale quasi 83 milioni di persone, pari a oltre il 27% della popolazione, ha sofferto nella sua vita almeno una volta di disturbi mentali e lo studio non tiene conto di problemi infantili e adolescenziali e di quelli dell’età senile. Il costo della cattiva salute mentale costa agli stati membri tra il 3% e il 4% del Pil – i 436 miliardi di euro di cui si è detto – tra pensionamenti, assenze da lavoro o abbandono del lavoro, cure. Senza contare il peso per le famiglie che vivono il problema.
Spostando lo sguardo dall’Europa al resto del mondo le cose non vanno meglio e l’Organizzazione mondiale della sanità ha stimato che tra vent’anni la depressione sarà la prima malattia mondiale per numero di casi e per le società sarà quindi l’onere più importante. I numeri – presentati nel 2009, ad Atene, in occasione del primo Global mental healt summit – sono contenuti in un rapporto frutto della comparazione di 45 studi internazionali compiuti su campioni significativi di popolazione e parlano di 450 milioni di persone sofferenti di disordini mentali che causano ogni anno 800 mila suicidi. La depressione è molto più diffusa di altre malattie – come ad esempio l’Aids – che causano però più allarme sociale e d è evidente la relazione tra povertà e sofferenza psicologica: nei paesi poveri si soffre più di queste patologie rispetto a quelli più sviluppati e in questi ultimi sono soprattutto le fasce più povere della popolazione ad esser colpite da disturbi mentali.