In occasione del recente Earth day, svoltosi il 22 aprile, National Geografic ha organizzato al Circo Massimo il “Nat Geo Music Live”, una manifestazione con ospiti d’eccezione (Pino Daniele, i Morcheeba, l’africana Rokya Traorè, il dj Coccoluto oltre a il bassista e il batterista di Prince) il cui obiettivo era bilanciare le consistenti emissioni di anidride carbonica del concerto con una serie di iniziative ecologiche.
Quella di quest’anno è stata la terza edizione della manifestazione: l’anno scorso a calcare i palchi erano stati, fra gli altri, i Subsonica e Ben Harper, due anni fa Vinicio Capossela, i salentini Sud Sound System e Cesaria Evoria. Probabilmente non ci pensiamo mai, ma l’impatto in termini di anidride carbonica di un concerto non è affatto irrilevante, così molti artisti sensibili al problema delle emissioni inquinanti non sono stati a guardare e hanno immediatamente fatto il possibile per rendere i propri spettacoli “earth friendly”.
In un’intervista rilasciata a Xlpiù di due anni fa, Thom Yorke dei Radiohead, dal 2005 portavoce dei Friends of Earth, ha affermato: “La cosa più difficile per chi fa un lavoro come il nostro è essere coerente. A volte uno accetta compromessi senza neanche rendersene conto. Anche affrontare lunghi tour è penoso; l’enorme percentuale del nostro ‘carbon footprint’1 ci ha messo in allarme. Abbiamo fatto studiare a una società di Oxford il consumo energetico e l’emissione di carbonio che un tour può determinare e i risultati sono stati spaventosi. La cosa più inquinante è lo spostamento di pubblico, le diecimile persone che si muovono in auto per venire a un concerto. Come si può ovviare al problema? Ad esempio suonando solo in posti dotati di un efficiente sistema di trasporto pubblico evitando gli eventi che si tengono lontano da tutto e da tutti. Secondo, cerchi di volare il meno possibile, magari vai negli Usa con la Queen Mary anziché in aereo. Terzo, cerchi di convincere la compagnia di trasporti a spegnere i motori dei tir durante il tour, inducendola ad usare un generatore che funziona a energia pulita…”2.
Le parole del musicista inglese non lasciano dubbi e, in un momento storico in cui anche indossare un paio di mutande piuttosto che un altro diviene un problema ecologico (come si è letto su un numero di Internazionale di qualche tempo fa), ancora di più ai musicisti viene richiesto un impegno maggiore nel perseguire l’obiettivo di un consumo energetico sostenibile. Ecco quindi il lodevole proliferare di concerti ecosostenibili, fra cui il progetto Edison change the music, che prevede un contest per band emergenti, una community on line per scambiare opinioni e informazioni sul risparmio energetico e l’organizzazione di concerti ecologici (Milano Jazzin’ Festival e Meeting di Rimini fra gli altri).
Lo scorso 22 novembre le band vincitrici del contest, Elio e le storie tese e il rapper milanese Mondo Marcio si sono ritrovati per uno spettacolo alimentato a energia pulita. Proprio sul sito della Edison si trova un documento interessante sul rapporto fra musica e Co2, in cui si legge che le emissioni di un singolo evento musicale in Italia corrispondono alle emissioni generate dai consumi energetici di 6000 famiglie medie italiane (3 persone, 7,5 tonnellate di Co2 annue a famiglia). Ma non sono solo gli eventi live a causare l’immissione di anidride carbonica nell’atmosfera: la produzione di un milione di cd con la custodia in plastica genera ben 1.370 tonnellate di Co2. Se poi si aggiunge l’inquinamento causato da un tour musicale (lo studio prende in esame la media di 50 date) e lo spostamento di chi al concerto deve assistere le cifre s’impennano in maniera drastica.
Lo studio propone anche qualche soluzione: l’installazione di pannelli fotovoltaici nelle vicinanze del palco per generare l’elettricità necessaria ad alimentare le apparecchiature elettroniche e gli strumenti musicali, un servizio di “car pooling” (ovvero più persone in uno stesso autoveicolo) e la realizzazione dei volantini relativi al concerto in carta riciclata. Ogni passo, seppur piccolo, può quindi determinare un abbassamento dei livelli inquinanti degli spettacoli musicali. Gli artisti che hanno sposato la causa sono molti. Jovanotti, in accordo con l’Enel, per il tour di Safari del 2008 ha utilizzato solo energia pulita; Ligabue e Vasco Rossi hanno fatto lo stesso con Lifegate (il progetto denominato appunto “Impatto Zero”).
Numerose sono le manifestazioni di questo genere, tanto da farci pensare che sia diventata quasi una (salutare) moda3. Nel 2009 si è svolto nel Salento un festival di cultura eco-digitale, lo Streamfest 09, sul cui sito si legge: “Streamfest 09 si propone come un’inedita kermesse di immagini, suoni, performance e installazioni, luogo ideale di incontro tra differenti provenienze geografiche e differenti stili di vita. Una manifestazione che, superando le distanze, si propone di abbracciare la tematica della salvaguardia del pianeta e del rispetto per l’ambiente”. Un progetto multimediale che ha utilizzato tutti gli accorgimenti suggeriti prima per ridurre al minimo la produzione di inquinamento: illuminazione a basso consumo, carta riciclata, un pullman per collegare i luoghi del festival con i punti turistici della zona e l’acquisto di carbon credits4 per compensare gli spostamenti in aeroplano degli artisti del festival. Anche Legambiente si è mossa in questo senso, organizzando il FestAmbiente, “il festival della natura e del buon vivere” dove “si mangia biologico, si differenziano i rifiuti, non si usa la plastica, si ‘imbrocca’ l’acqua, bicchieri posate e piatti sono bio-compostabili o di vetro e ceramica”. Nel 2009 il festival è stato alimentato ad energia solare in collaborazione con Ecoluce, che si preoccupa di organizzare eventi in modo sostenibile.
Gli esempi sono molteplici, tutti apprezzabili visti gli alti consumi dei eventi musicali: ridurne l’impatto è quindi una scelta condivisibile, considerando poi che la qualità dei concerti non ne risente affatto5.
[1] Con “carbon footprint” si intende l’impatto delle varie attività umane sui cambiamenti climatici in termini di produzione di anidride carbonica. Vedi www.carbonfootprint.com.
[2] Tratto da La Repubblica Xl n° 29 del gennaio 2008.
[3] A questo proposito, segnalo questo interessante articolo.
[4] Vedi qui.
[5] E’ bene dire che esistono anche molti studiosi scettici riguardo il global warming. Segnalo il blog di un giornalista del Foglio che sposa queste posizioni.