E’ un atteggiamento democratico disconoscere la legittimità ed autenticità di un amore, solo perché omosessuale? E uno stato, può davvero dirsi laico allorquando si arroghi il diritto di stabilire per legge che il concetto di famiglia unicamente valido è da intendersi nell’accezione cattolica, negando la conformità di altre tipologie di unioni familiari? Come è possibile che le istituzioni attuino un’ingerenza simile nella intimità delle persone? I valori della famiglia, la volontà di preservarne l’unità e il rispetto per l’altro possono essere infusi certamente prescindendo dai gusti sessuali, e perciò privati, di chi li mette in pratica. Classificare i “tipi umani” in base alla nazionalità, colore della pelle, cultura, tendenze sessuali e chissà quale altra coercitiva categoria, porta in nuce discriminazione, classismo e odio.
E sulla scia dei corsi e ricorsi storici vichiani riecco l’uomo, testimone di atteggiamenti erronei e incapace di imparare dal suo vissuto, ricommettere, in contesti sociali e temporali sempre diversi, i medesimi errori. Da quale pulpito le massime autorità, simbolo del Diritto, predicano contro i legami gay reputandoli malsani e diseducativi e, di contro, si mostrano blandi, disinteressati e accondiscendenti dinnanzi a condotte non certo puritane, fatte di intrecci tra politica e prostituzione, oramai quasi ostentate e considerate ‘legittime’, purché consentano di arrivare agli apici della società? Possibile che corruzione e amoralità siano ammesse nel nostro bel (?) Paese solo e semplicemente perché avvengono tra eterosessuali?
“Tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla nascita, dalla religione o dalla condizione sociale, sono dotati di alcuni diritti fondamentali e inalienabili”. Questa affermazione contenuta nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, approvata nel corso della rivoluzione francese, è stata successivamente ribadita nei documenti programmatici di molti organismi nazionali e internazionali (lo statuto dell’ONU e la Costituzione italiana).
Ma a cosa è valsa negli anni questa solenne e ripetuta proclamazione se la violazione dei suddetti diritti è messa in atto quotidianamente in qualunque parte del mondo, compresi i paesi sedicenti industrializzati, moderni e progrediti?
Il monito del Vaticano verso i legami omosessuali si fa sentire periodicamente, e la materia religiosa cattolica entra nelle stanze del Potere e con esso forgia le leggi che dovrebbero accompagnare i cittadini tutti di uno stato democratico – l’Italia – verso la convivenza civile, trattandoli alla pari e senza alcuna discriminazione. Dovrebbe, appunto. Ma la realtà dice ‘altro’.
Secondo il dogma cattolico l’atto sessuale deve essere finalizzato, nel contesto familiare dell’unione tra uomo e donna, sempre e solo alla procreazione. Conseguentemente, laddove un’unione precluda il concepimento di un figlio e, nello specifico di un legame gay, la sopravvivenza della specie umana non venga assicurata, vi è quindi devianza dalla norma e dalla normalità.
Perché tale intransigenza? Perché una simile mancanza di elasticità nel voler giudicare aprioristicamente ‘anomali’ gli amori gay? E’ forse paura che – accogliendoli – si sfaldi alla base l’altissimo castello di Verità che la Chiesa da secoli ha cementificato nelle coscienze dell’uomo, facendone il fondamento di un dogma che ha impresso i suoi tratti nella cultura del mondo occidentale?
Accettare il matrimonio ed in genere le coppie omosessuali, non necessariamente minerebbe alla base i principi fondamentali dell’etica cristiana e il concetto di famiglia che essa ha da secoli propinato. Significherebbe, piuttosto, rispettare il prossimo e giudicarlo per la sua integrità morale che non si evince certo dai suoi gusti sessuali. Ancora, ampliare il concetto di famiglia senza che l’uno voglia scavalcare e soppiantare quello preesistente. Perché non auspicarne la coesistenza?
Ciò non ci è dato sapere.
La storia della letteratura occidentale (e non solo) ci attesta innumerevoli ‘prove’ di legami affettivi omosessuali: Alessandro Magno, Platone, Michelangelo, Pasolini (…) e, andando a ritroso fino ad arrivare ai tempi moderni e contemporanei, ci si accorge che l’atteggiamento di monito e condanna nei loro confronti si è acuito avvicinandosi ai giorni nostri. Nell’antica Grecia e nell’impero Romano, infatti, l’atto omosessuale non era vissuto in clandestinità perché oggetto di condanna da parte dei probi mores del tempo.
Nemmeno nel “Libro dei libri”, la Bibbia, esistono espliciti riferimenti di condanna verso gli omosessuali da parte di Gesù Cristo e, laddove li si voglia scorgere, la questione è prettamente esegetica, nel senso che l’esegesi ed interpretazione biblica al riguardo non è affatto univoca, bensì contraddittoria.
Ci sono dei passi biblici normalmente considerati attinenti alla questione omosessuale e nei loro riguardi sussistono varie posizioni interpretative.
Alcuni vedono, ad esempio, nella distruzione di Sodoma (Genesi 19, 1-25) un monito verso le perversioni sessuali, includendo tra esse l’omosessualità; altri notano che l’atteggiamento degli abitanti di Sodoma non fosse tanto l’omosessualità quanto piuttosto la violenza in generale, culminata nel tentativo di esercitare uno stupro a danno degli ospiti (gli angeli) di Lot. Non sarebbe, quindi, da considerarsi come una condanna di Dio verso l’omosessualità in senso lato. “I due angeli arrivarono a Sodoma sul far della sera […] dissero allora a Lot :- Chi hai ancora qui? Il genero, i tuoi figli, le tue figlie e quanti hai in città, falli uscire da questo luogo. Perché noi stiamo per distruggere questo luogo: il grido innalzato contro di loro davanti al Signore è grande e il Signore ci ha mandato a distruggerli –“.
Questo passo non è un trattato di morale, né riguarda la sessualità o i sui abusi, e lo prova il fatto che Lot, agli uomini che volevano abusare dei suoi due ospiti, offrì invece senza battere ciglio le sue due figlie vergini. Trattasi piuttosto della condanna inflitta ai trasgressori del dovere sacro dell’ospitalità nella civiltà beduina del tempo.
E’ foriero di ipotesi interpretative contraddittorie anche un altro passo biblico, Levitico 18, 22 e 20, 13: “Non avrai con maschio relazioni come si hanno con donna: è abominio […] Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; il loro sangue ricadrà su di essi”.
Questa è solo una delle numerose norme (circoncisione, norme alimentari, divieto di farsi tatuaggi o di radersi ed altre) facenti capo al “Codice di purità” che aveva la funzione di tener distinto Israele dalle altre nazioni. E ciò spiegherebbe perché, in seno al Cristianesimo, l’omosessualità venisse considerata alla stregua di un divieto normativo da rispettare, come tanti altri. Trattasi, però, di una tesi non unanimemente condivisa dagli esegeti.
Tanti altri sono i passi in cui vi è un riferimento al tema (Samuele 18 e ss., le Lettere di Paolo, alcuni passi di Matteo) senza che però si possa scorgere nelle parole di Gesù alcun accenno inconfutabilmente indirizzato a condannare l’omosessualità, quanto piuttosto di monito verso devianze di varia natura alle quali era ascritta anch’essa.
Ad avallare tale posizione anche il fatto che il termine ‘omosessualità’ è del tutto assente nella Bibbia, trattandosi infatti di una traduzione italiana della parola tedesca “homosexualitàt”, dal greco omolos (simile) e dal latino “sexus” (sesso); venne coniato nel 1869 e prima di allora il termine usato per disegnarne il concetto era quello di “sodomia”, soprattutto con riferimento all’episodio sopracitato.
La storia ci ha insegnato, e continua a farlo, che la repressione della libertà d’espressione del modo d’essere delle persone, dando per scontato che si manifesti sempre nel rispetto degli altri, porta alla frustrazione di chi la subisce. Sopprimere chi è diverso da noi perché non confacente al nostro modo di pensare ed agire, costringerlo alla clandestinità e ghettizzarlo, è segno di arretratezza culturale.
Togliere voce a chi chiede semplicemente il diritto di vivere in serenità il proprio amore rende fertile il terreno della contestazione.
E uno Stato che legifera a favore di un gruppo umano piuttosto che un altro va lentamente tessendo una tela nella quale rischia di rimanere intrappolato.
Sempre vive le parole di Voltaire, uno dei grandi fautori dell’Illuminismo, in difesa del diritto di ogni cittadino alla libertà civile e politica: “Disapprovo ciò che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”.