Quando si dice paesaggi che influenzano un popolo. Ne è piena la Sardegna, esattamente come piene di paesaggi antichi sono le leggende del popolo che da sempre la abita.
Che siano essi sconfinati, ampi e a perdita d’occhio, o semplici anfratti angusti e stretti, la costante dei paesaggi isolani sono le pietre, irte e fiere, che nei secoli si son lasciate accarezzare dalla mano pesante del vento e dell’acqua divenendo a tutti gli effetti, palestra prediletta per la fantasia dei popoli.
E’ così che di quelle particolarmente suggestive si è preso a raccontare storie, perché i primi nonni sardi erano certi che ciascuna nascondesse un segreto. E il segreto di norma girava sempre intorno ad una donna, che in Sardegna hanno chiamato in mille modi diversi, ma dietro la quale c’era sempre la medesima figura.
Oggi per la maggiore la si conosce come Luxia, eppure più anticamente era Orgìa, Giorgìa, Giorgìa Raiosa, o Rabiosa. Lasciamolo da parte il nome, per un attimo almeno, e concentriamoci sulla storia di questa donna dai mille volti, dai cento nomi. Passando di bocca in bocca, di stagione in stagione Luxia è divenuta strega, gigantessa, aiutante del demonio, o semplice contadinella. Ad accomunare quella miriade di leggende che di lei parlano, il suo peccato più grande: l’avarizia.
Proprio così, rifiutò d’offrire del pane, del grano, della frutta a Gesù, Dio o a uno dei tanti Santi che ieri passeggiavano volentieri sull’isola sotto false spoglie, un po’ come vip in vacanza. Per questo venne immediatamente pietrificata e la divinità sarda, irremovibile, non le diede nemmeno la possibilità di rassettarsi, fermandola così come era nel momento in cui si macchiò del peccato.
Per questo di quei paesaggi particolarmente raffinati, nei quali le rocce pare prendano vita, o assumano forma di donna, di canestri, e di utensili da lavoro, si dice che siano dimora di Luxia pietrificata e rimasta ad esempio per tutti quelli che ancora peccheranno d’avarizia.
Forse la più famosa Luxia è ad Esterzili, ma la terra sarda è disseminata di tante piccole e grandi Luxie che sotto la pietra ancora fremono, dando vita a fantomatici paesaggi tinteggiati d’azzurro del cielo, di giallo paglierino della vegetazione arsa dal caldo, e d’arancio muschiato.
E torniamo al nome, l’avevamo promesso d’altronde. La radice è grosso modo sempre la stessa tanto che alcuni studiosi incuriositi, hanno approfondito la vicenda scoprendo che quel frammento di parola un tempo stava ad indicare luoghi umidi, boscosi, fertili, freschi. E Giorgìa potrebbe riconnettersi a ghiorghis, che nel suo significato greco bizantino dovrebbe riferirsi appunto a ciò feconda.
L’ambiente accademico non ci ha messo molto a fare due più due. Dietro quella figura dai mille nomi e dalle molte facce, che le leggende recenti raccontano essere stata pietrificata, si nasconderebbe l’atavica figura della Madre Dea, legata alla terra, alle sue pietre e soprattutto alle acque.
Ma di paesaggi che colano dentro la leggenda, in terra isolana ce ne sono molti altri.
Mi viene in mente la Gola del Gorropu, una maestosa signora che sprofonda per ben 450 metri. Non a caso è una delle più grandi di tutta Europa, e non a caso i sardi la scelsero come location ideale per alcune leggende che hanno tutto il fascino del mistero.
Sarà stato per le altissime pareti che quasi oscurano il cielo, o per il vento che incanalandosi urla come anima in pena, ma si dice che la gola sia la dimora prediletta del demone Drullio, che come ogni buon demone sardo si diverte a tirar scherzi agghiaccianti agli sventurati che a notte fonda la attraversano, magari in cerca del felce maschio che fiorisce solamente durante il solstizio d’estate.
Tradizione vuole che a camminare anche in pieno giorno nei punti più profondi di questa gola profonda quanto l’inferno, non si possa vedere il cielo, ma solo un morbido cielo stellato.
Poi c’è la leggenda che circonda su Gologone, una pozza d’acqua dal fascino primordiale, nei pressi della quale vivrebbe la famelica creatura ben munita di mani artigliate, pronta a tirar giù con sé tutti i visitatori molesti che interromperanno il suo sonno.
Insomma, l’isola è una tavolozza di paesaggi che meritano d’essere amati, e d’essere riscoperti non solamente per l’immediato fascino che emanano, ma per le storie antiche che raccontano.