Il Mediterraneo è un luogo nel quale il paesaggio è scavato nel mito
, il mito è scavato nelle rocce, che le onde sbriciolano da milioni di anni. Nulla è scontato, nulla è solo ciò che appare.
Esistono luoghi dove nessuno ha la possibilità di sottrarsi al passato. Esistono attorno a noi paesaggi, promontori, spelonche, caverne, antri, battezzati con i nomi di personaggi eterni, e il cui mito rimarrà eterno. Anche se questo è un tempo nel quale la cultura classica rischia di rimanere sotterrata e recisa dalla scure della modernità che rinnega la bellezza che fu’.
Scomparirà mai, mi chiedo? Non riesco a rispondermi, o forse si, mentre personaggi come Miseno e Palinuro mi osservano dai promontori a picco sul mare, dalle rocce alle quali è stato dato il loro nome, dalle acque nelle quali la leggenda vuole dispersi i loro corpi. Il Mediterraneo è disseminato di decine di piccoli golfi, così tanti che l’occhio sembra quasi abituato al vederli. Tanti piccoli spazi di mare chiuso, che danno la possibilità di fuggire improvvisamente, di volare con l’occhio sull’ orizzonte, correndo altrove, in una corsa sfrenata incorniciata dalle rocce.
Chi è Miseno? Chi è Palinuro? Due promontori protagonisti indiscussi della costa tirrenica, ma anche personaggi leggendari, precisamente un timoniere e un musicista che ritroviamo nell’Eneide di Virgilio. E’ proprio Virgilio ad aver costruito una toponomastica mitica ancorando i nomi degli eroi alle coste e ai luoghi d’Italia: Segesta, Lavinium, Gaeta, Palinuro, Cuma, Miseno. Miseno, il cuo capo si trova all’estremità della Penisola flegrea, è per la leggenda colui che sfidò il dio del mare Tritone con la sua tromba, con la sua musica. Colui che venne trovato morto sulla battigia del mare, e dal mare stesso fu trasportato dalle onde sulla riva. E’ li che Enea lo trovò dopo l’incontro con la Sibilla, è li che Enea decise di bruciare il suo corpo e di sotterrarlo sotto un monte, che ancora adesso porta il suo nome.
“Il pio Enea sul lido innalzò un immenso sepolcro,
con le armi di lui e il remo e la sua tromba,
sotto l’aereo monte che ancora è detto Miseno,
e ne conserva eterno per tutti i secoli il nome” ( libro VI 235- 237)
Rappresentato insieme ad Enea nel bassorilievo di Stesicoro di Imera nel VI secolo, Miseno è per molti studiosi la prova che rende le acque del mare tirreno protagoniste dei viaggi di Ulisse ed Enea. Due personalità apparentemente molto distanti, ma unite dall’idea del viaggio, dell’esplorazione, disseminatori di miti e leggende intrise nel nostro paesaggio.
Palinuro lo ritroviamo invece dal punto di vista letterario nel V libro dell’Eneide e paesaggisticamente nella zona del Cilento meridionale. Al centro tra Velia e Policastro, la zona è caratterizzata anche da meravigliose grotte azzurre, antri, spiagge bianche lunghissime. Palinuro era un nocchiero, che cadde in mare durante la notte, mentre dirigeva la nave del suo amico Enea. Il timoniere mitico riuscì a raggiungere a nuoto la riva, ma gli abitanti del luogo lo uccisero abbandonando il suo corpo nelle acque. Non ricevette sepoltura, fino a che Enea accortosi della sua scomparsa vide il suo fantasma, che lo scongiurò di celebrare la sua morte.
“O troppo fiducioso nel cielo e nel mare sereno, nudo giacerai, Palinuro, sopra un’ignota spiaggia”. ( libro V 871-872)
Immergersi nel classico, significa scoprire che la bellezza è una domanda a cui mai verrà data una risposta, significa cominciare a vivere e a leggere il passato e la sua storia nelle rocce, nelle spiagge, nei mari che sono attorno a noi, riassaporando la classicità , la bellezza e il suo gusto. Ci sono paesaggi nel nostro mediterraneo, da ammirare assolutamente in silenzio. Solo rimanendo in silenzio ad osservare, si può sentire il rumore del mito, che dorme e respira, e lo farà in eterno.
Riferimenti
Valerio Massimo Manfredi (2005), Mare Greco, Oscar Storia Mondadori
Publio Virgilio Marone, Eneide