Oggi più che mai è una buona idea investire in cultura. Non solo a lungo termine, come poteva sembrare fino a pochi decenni fa, per i posteri: un semplice obbligo morale. Oggi la cultura, il settore che occupa più addetti in Europa, è un ottimo investimento.
Il settore che però ha sofferto moltissimo in tutto il periodo della quarantena, per mancati introiti e mancati contratti. Multinazionali dello spettacolo come Le cirque du Soleil costrette al fallimento, troppi impegni, e guadagni saltati, per soli due mesi di inattività si rompe la magica macchina del circo più bello al mondo. Ed è una buona metafora di come funziona la globalizzazione delle aziende.
Nel frattempo i musei diventano sempre più digitali, gli artisti si esibiscono sul web, i convegni diventano webinar. Una ricchezza di contenuti gratuiti mai vissuta nella storia, i più importanti artisti, filosofi, scrittori o giornalisti che parlano a tutti, in tutte le case. Al netto della disperazione e le morti, è stato un periodo di grande sperimentazione. Mai abbastanza audace però, la cultura nel mondo digitale è ancora sostanzialmente una copia di quella della realtà fisica.
L’idea di questo numero è quella di cercare di capire quello che ci aspetta dal futuro, dopo un’esperienza che nessuno avrebbe mai immaginato di vivere a livello planetario. Lentamente si riprende possesso della nostra vita, dei tempi di lavoro, delle prospettive a breve termine. E’ il momento di recuperare il tempo perso, si organizzano Festival all’ultimo minuto, mantenendo però la sostanziale offerte di qualità, vedi Time in Jazz di Paolo Fresu a Berchidda. L’organizzatore afferma che per un investimento di 700 mila euro il ritorno economico per il territorio si aggira intorno ai 3 milioni di euro.
La cultura, come è facile immaginare, non è qualcosa di definito e stabile. Perfino i monumenti sono sottoposti a rigidi controlli nei secoli. E’ di strettissima attualità il pezzo della nostra Storica dell’arte Adriana De Angelis Verso una nuova cultura del monumento. I monumenti sono la rappresentazione di un determinato contesto storico e culturale, chi nel passato poteva essere considerato un eroe con gli occhi di oggi diventa un dittatore. Ma con gli occhi dei nostri posteri potrebbe tornare ad essere un eroe positivo. E’ la bellezza e il rischio della cultura.
La visione statica delle “strutture culturali” determinate dai primi antropologi europei è emblematica. La cultura delle popolazioni africane studiate dal punto di vista europeo era pur sempre una rappresentazione dettata dalla cultura di partenza dell’osservatore, non si può essere oggettivi in assoluto. L’interpretazione è sempre presente, anche senza volerlo. I popoli, le lingue, le tradizioni esistono a prescindere da chi le guarda. Oppure no, ci deve essere il racconto esterno che rende universale una determinata pratica o uso. Forse entrambe le cose, siamo continuamente attori e spettatori allo stesso tempo. Non possiamo, ad esempio, osservare la società, generalizzare un comportamento, senza considerarci parte della stessa.
La cultura ha il potere di unire, ma anche di violenti strappi nei confronti dello status quo. Ogni nuova concezione della società rappresenta una lotta nei confronti del presente. Anche quando il regime mussoliniano si ispira ai fasti dell’impero romano, vuole distruggere la cultura del suo tempo.
La cultura è vita. Questo è normale, è fatta dagli uomini per gli uomini. Come tante manifestazioni di solidarietà che ha ricevuto l’Italia, primo paese vittima della pandemia. Un tributo all’Italia, anche da artisti della sponda sud del Mediterraneo come ci racconta Soumaya Bourougaaoui nel suo La cultura non si ferma!.
Non si fermano le biblioteche, le librerie, la voglia e la necessità di leggere e comunicare i libri. Anche le istituzioni pubbliche hanno fatto la loro parte, come racconta Viviana Maxia nel suo “Leggendo, leggendo, il mio tempo mi riprendo.
Un bellissimo viaggio nella musica del Mediterraneo, è l’inchiesta proposta dalla musicista e giornalista Maggie. S Lorelli. Comincia il suo viaggio dal sud più sincero: il Cilento di Nando Citarella.
La possente eredità della cultura nuragica continua a rappresentare un esempio virtuoso di civiltà anche oggi. Il Nuraghe Arrubiu, non famoso come Barumini, ma altrettanto bello e importante, produce ricchezza e lavoro qualificato per il territorio.
La cultura è anche quella scientifica. Anzi, direi che viviamo completamente in una continua atmosfera “scientista”, dove tutto deve essere misurato e riproducibile. Esiste una tecnica che però è unica nel suo genere, la ceroplastica che permette di produrre veri e propri capolavori di precisione. Quella che prima era l’unica “fotografia” del corpo umano, oggi diventa tecnica di descrizione del mondo botanico o del coronavirus, nel pezzo di Cristina Delunas Dalla peste alla Covid-19. La ceroplastica delle pandemie.
La politica è l’unica strada che permette una progettazione culturale ad ampio respiro. Singolarmente o attraverso associazioni, si fanno progetti, si portano a termine visioni culturali e artistiche limitate. Ma la politica deve avere il potere di progettare senza limiti di spazio e tempo. Progettare investimenti per la cultura, come promette di fare il candidato sindaco Graziano Milia, vuol dire immaginare il futuro di una comunità. Senza investimenti pubblici, senza la partecipazione del pubblico nella realizzazione di progetti culturali è quasi impossibile guardare al domani. La cultura mediterranea è un insieme infinito di pezzi. Si deve parlare sempre al plurale: culture e tradizioni, visioni e progetti, lingue e arti del Mare Nostrum.