Appena approcciato il tema di questo mese, abilità- disabilità, mi è venuto spontaneo, e vorrei sottolinearlo, spontaneo, pensare immediatamente di scegliere come argomento da analizzare quello della psychanalyse hurbane, una branca dell’urbanistica che unita all’approccio psicanalitico analizza il rapporto del cittadino con lo spazio della città. Sono partita dal presupposto mio, del tutto personale, che uno studio sul rapporto diretto degli abitanti di un luogo con uno spazio e le ripercussioni psicologiche annesse, non potesse prescindere dall’includere in questo studio le persone più deboli, cioè quelle affette da disabilità fisiche, quelle che non hanno la libertà di muoversi da sole, quelle che continuamente si ritrovano a percorrere strade che assomigliano più a percorsi a ostacoli, che a percorsi cittadini, il tutto con un equivalente ripercussione psicologica verso il mondo degli “Abili” da non sottovalutare.
E da li è iniziata la mia ricerca, ma con immenso stupore, dopo i primi quattro giorni, ho dovuto cominciare a pensare che la mia intuizione fosse errata, e cioè che la -psychanalyse hurbane- non avesse nulla a che vedere con il mondo della disabilità, o che in qualche modo, il problema della disabilità non rientrasse a pieno titolo nelle questioni primarie affrontate in questi anni. Molto poco sono riuscita a incontrare sul mondo dei disabili, e ho deciso così di contattare proprio il fondatore dell’Anpu, (Agenzia nazionale di psicanalisi urbana francese) il dottore francese Laurent Petit, che ha subito accolto la mia richiesta di aiuto rispondendo a delle domande sul rapporto tra la psicanalisi urbana e il mondo dei disabili. Lui è riuscito a chiarirmi tutto, non c’è nessuna relazione, nessuno studio, nessun lavoro è stato fatto fino ad ora dall’Anpu verso questo mondo, e così quando ho cominciato a insistere con domande del tipo, ma ci sarà mai?, crede che sia importante? Tirando fuori uno spirito da giornalista d’inchiesta senza neanche poi volerlo, ho ricevuto una risposta secca e decisa, che ha definitivamente spostato il mio articolo da tutt’altra parte. ” Le condizioni dei disabili da noi in Francia sono perfette, non hanno nessun tipo di problema, forse è per questo che non ci è venuto in mente di prenderli in considerazione nei nostri studi “. Chiusura netta. Laurent Petit ha riportato la mia penna e la mia curiosità in un luogo molto più vicino a me, forse proprio li da dove sarei dovuta partire, insomma, sarà che forse sono stata spinta a credere che ci fosse un possibile tema di studio sul mondo dei disabili da parte della psicanalisi urbana perchè inconsciamente prendevo come punto di riferimento la nostra condizione italiana e mediterranea? E da li, lo spirito del mio articolo è del tutto cambiato. Così mi sono interessata all’associazione – “tutti a scuola” – www.tuttiascuola.it
che nella disastrata città di Napoli si occupa tra mille intemperie e difficoltà di far valere i diritti delle persone con disabilità fisica e mentale verso le istituzioni, e ho conosciuto così la storia della signora Marisa Staiano.
Marisa Vive a Napoli nel quartiere dei Camaldoli dove ogni giorno è una lotta, che porta avanti insieme alla figlia di dodici anni Gaia, costretta sulla sedia a rotelle. La signora Marisa è un fiume in piena, da anni combatte, cerca di far sentire la sua voce, più volte ha partecipato a programmi televisivi, filmato il percorso che ogni giorno deve compiere per portare sua figlia a scuola, e dalla nostra lunga conversazione, due sono i temi usciti fuori con forza. Il primo – Tutto quello di cui un disabile e la sua famiglia hanno bisogno, non lo ricevono come un diritto acquisito, ma come qualcosa da conquistare, qualcosa di non dato per scontato.- Due, le peggiori barriere da distruggere, non sono solo quelle architettoniche, alle quali giorno dopo giorno ci si abitua anche se con difficoltà, come quando, mi racconta Marisa, difronte a uno scivolo posto li proprio per la carrozzina di sua figlia, trova invece o una sosta selvaggia, oppure un cassonetto della differenziata. Le peggiori sono le barriere mentali.
Da qui mi viene da tornare al punto di partenza, la possibile relazione tra un approccio psicanalitico all’urbanistica e il mondo dei disabili è davvero un connubio errato? O forse avremmo bisogno tutti quanti di unirci per migliorare le condizioni di vita di queste persone, perchè automaticamente ci aiuterebbe a stimolare il nostro rispetto dell’altro, in nome della comunità.
mi sembra un affermazione sostanzialmente presuntuosa quella del Signor Laurent Petit, la tematica dell’abbattimento delle barriere architettoniche, come dell’inclusione sociale del disabile è materia in continua evoluzione e culturalmente necessità di tempi fisiologici per essere consapevolizzata. Forse Petit ha un concetto di disabilità ancora legato alla sola disabilità motoria, mentre la problematica si estende alla disabilità sensoriale, anche.