Le motivazioni che hanno spinto l’uomo a spostarsi da un luogo all’altro sono molteplici: dalla necessità primordiale di trovare cibo e un luogo migliore in cui vivere, al desiderio di conquista, come per le grandi esplorazioni cinquecentesche, fino al cosiddetto Gran Tour dei giovani rampolli delle famiglie aristocratiche europee che, nel Settecento, divenne un percorso di crescita e conoscenza indispensabile.Ciò che contraddistingueva queste esplorazioni in solitaria delle città e delle Università era appunto l’intento di formare l’individuo, di insegnargli cose che non avrebbe potuto imparare altrimenti, di farlo crescere forte e intraprendente per poi tornare in patria e mettere a frutto gli insegnamenti della vita appresi durante il viaggio. Pur non essendo il divertimento lo scopo principale di questa esperienza, la necessità della condivisione era sentita già allora. Molti scrittori, infatti, hanno lasciato tracce scritte dei loro viaggi, tra racconti, guide e itinerari.
Questa tendenza è diventata un macrofenomeno dei giorni nostri, dove i canali per la diffusione di idee, recensioni, consigli su dove andare si sono moltiplicati a dismisura, e nel giro di pochi secondi si possono rendere partecipi delle nostre esperienze di viaggio migliaia di persone, sia attraverso estemporanee condivisioni sui social network, sia attraverso attività più complesse.
Tra queste, il travel blogging si sta rapidamente trasformando da fenomeno di costume in vera e propria professione: sono infatti sempre più numerose le persone che, dietro un compenso pecuniario, girano il mondo per conto di riviste specializzate per poi pubblicare immagini, recensioni e suggerimenti.
Ma quali sono le differenze tra i travel blogger stranieri, veri pionieri del genere, e quelli nostrani?
Intanto la lingua: scrivere in inglese ha i suoi vantaggi, essendo ormai una lingua universale. È sicuramente più semplice raggiungere un elevato numero di persone se l’idioma utilizzato viene compreso dappertutto. In secondo luogo lo spirito: i primi travel blog stranieri sono nati per caso e i loro autori hanno cominciato a raccontare personali esperienze di viaggio per puro piacere. La monetizzazione delle competenze è arrivata col tempo, mentre da un primo sguardo a quel che accade da noi, l’obiettivo primario rimane il guadagno. Dai commenti in calce a diversi articoli pubblicati su questa professione, in cui si chiede esplicitamente quanto può fruttare, emerge la tendenza alla monetizzazione, possibilmente rapida. È naturale e lecito farsi pagare per il proprio lavoro, anche perché scrivere richiede un impegno non indifferente; però la questione economica non può essere la motivazione principale per intraprendere questo percorso perché si rischia di trascurare la qualità dei contenuti e di veder proliferare uno stuolo di blog tematici poco curati e zeppi di banner pubblicitari, nati con il solo scopo di generare introiti, in totale assenza di passione e talento. Un viaggio non fa uno scrittore, mentre chi cura la stesura dei propri testi, pubblica foto di qualità e fornisce consigli sinceri e utili potrà sicuramente aspirare a un seguito importante e di conseguenza alla possibilità di remunerazione.
Un altro problema che emerge dalle numerose discussioni in rete sul travel blogging è il fatto che accettare di scrivere per un tour operator o comunque per un committente che ha tutto l’interesse ad avere recensioni positive offrendo in cambio una vacanza gratis, possa inficiare l’obiettività del relatore. È chiaro che con questi presupposti diventa più difficile per il travel blogger scrivere qualcosa di negativo sull’esperienza vissuta.
Per intraprendere seriamente questa professione, è indispensabile che il racconto di viaggio 2.0 sia ancorato a solide basi di marketing per proporsi in modo intelligente con un piano editoriale ben definito. Come per tutte le attività è indispensabile una pianificazione accurata, tempo e denaro da investire, sia per i viaggi, sia per l’elaborazione dei contenuti. Occorre studiare le preferenze dei lettori, andare incontro alle loro esigenze, scrivere col cuore e avere tanta passione. Questi requisiti fondamentali vanno poi associati a una grande dimestichezza con l’utilizzo dei social network che, anche se sono ormai alla portata di tutti, hanno delle potenzialità che bisogna scoprire e imparare a usare. Essere social è il nuovo comandamento dell’era moderna da cui nessun travel blogger può prescindere.
Fonti:
http://www.hospitalityschool.it
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