Il paesaggio che si riesce ad ammirare nei pressi di Sennori, piccolo paesino nella regione storica della Romangia di poco più di 7000 abitanti, è davvero incantevole, colmo di bellezze naturalistiche e di rilevanti testimonianze storiche: macchia mediterranea a perdita d’occhio, frutteti, oliveti e vigne costituiscono la cornice all’azzurro del Golfo dell’Asinara in una zona in cui non mancano ruderi nuragici, castra romani e resti di insediamenti medievali, giudicali ed aragonesi in una delle aree più floride del Logudoro, vasto territorio centro-settentrionale della Sardegna, che un tempo corrispondeva all’antico Giudicato di Torres; l’antropizzazione che si è stratificata e susseguita nel tempo ha lasciato in questo paesaggio ondulato tesori inestimabili quali il Nuraghe di Badde Margherita ed il Nuraghe di Badde Puttu, la Tomba dei Giganti di Badde Nigolosu, la Domus de Janas dell’orto del Beneficio Parrocchiale e le chiese dedicate alla Santa Croce, a San Basilio Magno, a Santa Lucia e San Giovanni.
Posta sul fianco di una collina di tufo calcareo a 277 metri dal livello del mare, da cui si riescono a vedere la Maremma della Nurra, il Parco dell’Asinara e persino la Corsica, la cittadina di Sennori viene spesso spazzata dalle maestralate che scuotono le piante di carrubo, oleastro, corbezzolo ed alloro e gli arbusti di lentisco, pungitopo e mirto, diffondendone i profumi nell’aria.
Per quanto la Romangia sia una delle aree vocate alla viticultura meno note della Sardegna è bene evidenziare che il vino viene qui prodotto almeno da 3000 anni, come testimoniano i reperti rinvenuti ad esempio presso la Domus de Janas di Abelazu, e che l’intero territorio vitivinicolo è il quarto per l’importanza della coltivazione del Cannonau, stando agli ettari vitati con questo cultivar.
In questo terroir dove difficilmente i grappoli d’uva crescono con delle anomalie, grazie alle perfette condizioni climatiche ed il rispetto del suolo, Alessandro Dettori porta avanti il suo lavoro di vignaiolo con criteri biodinamici, operazioni quasi del tutto manuali e senza additivi né in vigna né in cantina… un artigiano del vino che non teme di doversi adeguare all’andamento vendemmiale ed interpretare l’annata, il quale tiene a ribadire:
“io non seguo il mercato, produco vini che piacciono a me, vini del mio territorio, vini di Sennori. Sono ciò che sono e non ciò che vuoi che siano”.
E
“Meglio perdere l’uva di una stagione che inquinare la Terra”.
Insomma I vini di Alessandro Dettori sono eredità storica e culturale, frutto di una memoria gustativa e familiare che ne predilige esattamente quell’impronta e quell’identità senza scendere a compromessi.
Le uve impiegate per il Renosu Bianco sono il Vermentino ed il Moscato di Sennori, allevate ad alberello e dall’età di oltre 50 anni, le quali vengono diraspate senza essere state pigiate e messe a macerare e fermentare spontaneamente coi propri lieviti per un periodo variabile dai tre ai dieci giorni in cemento, per poi affinare in piccole vasche di cemento dai 24 ai 36 mesi, senza chiarificazioni e filtraggi.
In pieno stile Triple A il Renosu Bianco Romangia Igt 2018 ha un colore giallo paglierino, velato e di buona consistenza. Al naso fiori di arancio e di camomilla, confettura di nespola, pomodorino giallo, il profumo che si sente all’interno del barattolo dopo aver preso le pesche sciroppate, una nota di miele di corbezzolo, salvia essiccata e timo con un tocco lievemente salmastro. In bocca è tutto un morso tondo, pieno che irrompe nelle vibrazioni succose di freschezza e con una buona sapidità… note di succo di pompelmo rosa e scorza d’arancia in retrolfattiva con ritorni di macchia mediterranea. Entrata morbida dunque con finale sapido e piacevolmente lungo. Dopo averne seguito l’evoluzione ossidativa a calice prosciugato affiora ancora la nota da barattolo di pesche sciroppate e la trama sapida si ispessisce ed assume l’odore glutammico dell’alga kombu nel dashi. Kuneli Avgolemono.
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