di Shady Hamadi
La Siria da diversi anni è martoriata dal problema della desertificazione che avanza metro dopo metro mangiando continuamente porzioni dei suoi terreni, trasformando rigogliose praterie in desolate distese di sabbia. Il governo di Damasco ha messo in campo i suoi migliori esperti per risolvere il problema della desertificazione prima che si arrivi a un punto di non ritorno. I responsabili siriani all’ambiente hanno individuato e iniziato a piantare numerose piante resistenti alle sabbie del deserto che possono con le loro radici bloccare il movimento delle sabbie.
Un altro importante risultato è stato l’accordo siglato nel 2009 tra Siria e un altro paese fortemente a rischio di desertificazione che è il Libano. Gli accordi stipulati tra questi due paese riguardano uno sforzo unitario di ambedue gli stati per il rimboschimento delle zone che delimitano il loro confine, uno scambio di competenze tecniche e scientifiche e progetti comuni in campo di allevamento.
Un secondo problema per la Siria è quello dell’acqua. La presenza delle falde acquifere è maggiore nei distretti di Homs, nelle fasce di confine con il Libano, a nord nelle zone di confine con la Turchia e sulla costa. In tutto il resto del territorio siriano l’acqua manca a causa della mancanza di pozzi. Il governo per garantire la sufficienza idrica del paese durante la stagione estiva, cioè proprio il periodo di maggior carenza d’acqua, ha scelto misure drastiche che prevedono il taglio della fornitura dell’acqua alle case di tutto il paese per qualche ora al giorno. Nello stesso tempo la Siria ha variato vari piani edili per la costruzione di canali che sono collegati al fiume Eufrate che dovrebbero aiutare l’agricoltura e aiutare anche a fermare la desertificazione.
Ma è proprio l’Eufrate il fiume della discordia perché la Turchia ha in progetto il controllo delle sue acque, tramite la costruzione di dighe per usi energetici. Questi progetti di controllo delle acque da parte della Turchia hanno causato le proteste del governo di Damasco che vede nei progetti turchi un pericolo per la stabilità dell’ecosistema siriano che rimarrebbe irrimediabilmente colpito dalla diminuzione dell’acqua proveniente dall’Eufrate a causa delle dighe.
Un tipico caso in cui lo sviluppo deve essere sostenibile, dove si deve decidere come usare un bene così prezioso come l’acqua. Questo sarà un problema sempre più grave nei prossimi anni, soprattutto quando si tratta di corsi d’acqua che attraversano più Stati. Ma in questo caso il problema da risolvere è: produrre energia pulita attraverso l’idroelettrico e le dighe, oppure pensare che l’acqua sia utile anche per l’agricoltura e per il consumo umano. Interi territori verrebbero sacrificati per costruire la diga, le popolazioni spostate in altre zone, espropriate delle loro terre e l’acqua (bene di tutti in teoria) distribuita a piacimento dalla Turchia.
A volte bisogna scegliere qual è lo sviluppo sostenibile, quali principi deve seguire. Sono principi che permettono un dialogo tra i bisogni umani e quelli della natura, ci sono bisogni umani che sono diversi, a volte opposti, a seconda del territorio. Che fare?
I nemici che la Siria sta combattendo contro la mancanza d’acqua e la desertificazione e dovrà sconfiggerli tutti e due se vorrà vedere il futuro.