È stata Cavalleria Rusticana, melodramma in un atto di Pietro Mascagni, ad aprire la stagione lirica estiva dell’Ente Concerti “Marialisa de Carolis” di Sassari, stuzzicante anteprima del cartellone autunnale. Un allestimento prestigioso, recentemente restaurato, di proprietà del Teatro Massimo Bellini di Catania, quello che il pubblico sassarese ha salutato con fragorosi applausi nella platea gremita del Teatro Comunale. Un cast di prim’ordine, costituito, oltre che dall’acclamata soprano olandese Gabrielle Mouhlen, da Walter Fraccaro e Alessandra Palomba, rispettivamente nei ruoli di Santuzza, compare Turiddu e Lucia, anche dai talenti sardi Elena Schirru e Marco Caria, che hanno vestito i panni di Lola e compare Alfio, interpretando con qualità vocale e vigorosa presenza scenica la drammatica vicenda, arricchita di pathos dalla suggestiva regia di Sante Maurizi. Forte dei successi della recente stagione sinfonica, ottima la prestazione dell’Orchestra dell’Ente, diretta dal giovane sassarese Andrea Solinas, e del coro, diretto dal veterano Antonio Costa. Una consacrazione per il direttore artistico Alberto Gazale, baritono di fama internazionale cui la città di Sassari ha dato i natali, che arricchisce l’offerta musicale cittadina con grandi progetti e nuove visioni.
Perché ha scelto proprio Cavalleria Rusticana per inaugurare la stagione lirica sassarese?
“Cavalleria è un’opera che mi sta molto a cuore: come cantante, l’ho interpretata tante volte nella mia carriera e mi troverò a reinterpretarla tra un paio di mesi. In generale, per la stagione di Sassari ho scelto i primi titoli tra quelli più popolari, nel senso più nobile del termine, e il capolavoro di Mascagni, amato dal pubblico e immediato già al primo ascolto, è secondo me il più bello che possa esistere”.
Ha scelto un allestimento di stampo tradizionale…
“Sì, un allestimento storico, sia pure in veste rinnovata, che mi è capitato di interpretare diverse volte, da Catania a Pechino. Conosco vari allestimenti di quest’opera, ma volevo inaugurare la stagione lirica con quello che ritengo essere il più bello e il più adatto. Quando alcuni allestimenti storici continuano ad essere riproposti e a piacere al pubblico, significa che sono davvero efficaci”.
Una produzione importata in cui vengono però valorizzati i talenti locali…
“Ho voluto dare un segnale importante: quello di avere un occhio attento al territorio, perché non c’è cultura senza il coinvolgimento delle risorse locali. Ci sono tanti artisti a Sassari e, in generale, in tutta la Sardegna, che hanno delle carriere internazionali avviate o, se si tratta dei più giovani, qualità internazionali ancora non pienamente espresse. Pensiamo al direttore Andrea Solinas che, da Sassari, si sta facendo largo in tutto il mondo: è giusto che la sua città natale sostenga la sua ascesa. Un altro sassarese è il regista Sante Maurizi, che ha fatto e sta facendo tanto per la cultura cittadina”.
Per quanto riguarda i cantanti, poi, chi meglio di lei può scegliere il meglio che offra il panorama locale e internazionale?
“Beh, di baritoni penso di intendermene parecchio… e trovo che Marco Caria, nel ruolo di Alfio, sia una delle più belle voci che ci siano attualmente. Un’altra importante risorsa regionale è Elena Schirru, dotata di grande qualità vocale. Ce li terremo stretti entrambi per altri progetti futuri”.
Anche per quanto riguarda gli orchestrali lei sembra premiare il merito…
“Esatto. Anche l’orchestra, che ha come responsabile musicale il violinista Michelangelo Lentini, e il coro, diretto da Antonio Costa, sono costituiti da talenti locali affermati a livello nazionale e internazionale. Premiare il talento e il merito è stato il mio obiettivo primario”.
La seconda opera in programma d’estate sarà Pagliacci di Leoncavallo, che si rappresenterà il 7 luglio in Piazza d’Italia. Un modo per avvicinarsi alla gente portando l’opera nel cuore pulsante della città?
“Questo è uno dei progetti che ho fortemente voluto. Sono nato e cresciuto in teatro e continuo a vivere all’interno del teatro, quindi mi rendo conto della necessità di cambiare ogni tanto le regole del gioco. Oggi il pubblico ha bisogno di essere coinvolto in una maniera più diretta, attiva e immediata. E’ importante che siano i protagonisti dell’opera a scendere da un ipotetico scranno, nel quale si pensa erroneamente siano posti. L’opera è una fusione di diverse arti, che coinvolge un centinaio di persone, tra palcoscenico e orchestra, e altrettante che lavorano dietro le quinte: è come un intero paese operoso. Un organismo complesso che si pone un obiettivo unitario”.
Qual è oggi il ruolo sociale dell’opera?
“L’opera è un sistema democratico, fatto per far incontrare la gente e per farla stare bene insieme. In questo senso è una grande scuola di convivenza civile. A questo scopo sto attivando dei percorsi che coinvolgono le nuove generazioni, affinché i giovani si avvicinino all’opera non solo come spettatori, ma anche per portarvi le loro idee creative e le loro proposte di cambiamento. Il teatro è un campo aperto che ha la possibilità di accogliere nuove risorse e energie fresche, senza naturalmente mai far venire meno la qualità. L’arte presuppone sempre alla base lo studio, la preparazione, il metodo, ma poi è un organismo vivo che deve coinvolgere la città, e non solo i musicisti”.
Vuole tracciare un bilancio della stagione sinfonica che si è da poco conclusa?
“Il bilancio è sorprendente. Si è trattato di una stagione sinfonica di grande qualità che è stata accolta con grande entusiasmo degli spettatori. Si sono succedute delle serate indimenticabili, con dei protagonisti tali da giustificare un giorno la frase “Io c’ero!”. Del resto, l’orchestra ha sostenuto con grande perizia i grandi nomi con cui si è sfidata. E la sfida era particolarmente difficile, in quanto suonavano senza un direttore vero e proprio: era il solista stesso ad avere la doppia funzione, e questo presuppone per gli orchestrali grande preparazione, concentrazione, e una responsabilità maggiore. In Cavalleria Rusticana, poi, hanno messo tutta la loro passione”.
Diventerà una compagine stabile?
“Sì, ma non solo. Ci auguriamo che diventi un’orchestra che abbia molta produttività. Il fatto che sia costituita dai migliori musicisti del territorio, che in molti casi sono anche docenti delle scuole musicali di diverso ordine e grado, Scuole medie ad indirizzo musicale, Licei musicali e Conservatori, può dare un impulso anche alla didattica musicale, che serve non solo a formare dei musicisti, ma anche a dare dignità lavorativa e un’opportunità concreta a chi studia la musica. Ciò rappresenta una crescita culturale per l’intero territorio”.
Il pubblico ha risposto con entusiasmo?
“Il pubblico è andato oltre le più rosee aspettative. Evidentemente abbiamo risposto a un’esigenza forte e a una richiesta implicita che in città c’era. In questo senso probabilmente stiamo facendo qualcosa di utile a livello formativo, sul piano culturale”.
Qual è la visione che ispira la sua direzione artistica?
“La mia visione è quella di avere un teatro inclusivo, comunitario, che possa essere utile alla società. Il teatro deve radicarsi nel tessuto sociale, assumere le caratteristiche peculiari del territorio e anche connotare il territorio stesso. Sassari deve diventare un punto di riferimento per la lirica e la sinfonica di qualità. Allo stesso tempo, però, ho un altro sogno: che questo diventi un teatro da esportazione, con produzioni che possano essere richieste in altre parti del mondo”.
Quali sono le perle della stagione autunnale?
“Avremo innanzitutto delle belle sorprese sul versante della musica sinfonica. Per quanto riguarda la lirica, avremo, come da tradizione, una stagione molto interessante: oltre al Macbeth, al Barbiere di Siviglia e al Nabucco, ci sarà una vera e propria chicca: un dittico costituito da La Voix Humaine di Poulenc e Agenzia Matrimoniale di Roberto Hazon, una rarità imperdibile”.
Tutte produzioni “made in Sassari”?
“Già, questo è un altro importante obiettivo. Certamente non abbiamo i mezzi del Teatro alla Scala, ma ci siamo sforzati di fare tutto da noi: costumi, scenografie ecc… per mettere in moto il più possibile il territorio e contribuire a creare un indotto. Uno degli obiettivi futuri sarà quello di attivare, nelle sale adiacenti al teatro, dei laboratori sempre più efficienti in modo da diventare un’officina musicale. Un sogno che la Sardegna può permettersi di realizzare. Non siamo solo mare”.