È alla somiglianza con le meduse e i loro lunghi tentacoli che una particolare tipologia di galassie deve il suo nome. Molti dei fenomeni che avvengono nelle caratteristiche code di gas delle “galassie medusa“ sono però ancora poco noti.
Ora un team italo-tedesco di ricercatori ha studiato in dettaglio una “galassia medusa“, scoprendo la presenza di intensi campi magnetici nella sua coda, probabilmente amplificati e modellati dal gas intergalattico circostante che impatta contro di essa.
Un team internazionale di astronomi ha studiato in dettaglio JO206, una cosiddetta “galassia medusa”– in inglese jellyfish, chiamata così perché mostra dei “filamenti”, simili ai tentacoli di una medusa, composti da stelle e gas, che si estendono per quasi 300 mila anni luce. In particolare, i ricercatori hanno analizzato l’intensità e la direzione del campo magnetico della galassia JO206, scoprendo che anche nella sua frammentata coda gassosa sono presenti intensi campi magnetici ben allineati con essa. La prima autrice del lavoro, a cui hanno partecipato ricercatrici e ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), dell’Università di Bologna e del Leibniz-Institut für Astrophysik a Potsdam, è Ancla Müller della Ruhr-Universität di Bochum. Lo studio è stato pubblicato in un articolo sulla rivista Nature Astronomy ed è stato condotto nell’ambito del progetto GASP (GAs Stripping Phenomena in galaxies with MUSE), finanziato dal Consiglio Europeo per la Ricerca tramite una ERC Advanced grant.
La scoperta del campo magnetico nei “tentacoli”
Tipicamente le “galassie medusa” si trovano all’interno di ammassi di galassie, in movimento verso il loro centro. Durante il loro moto verso il centro dell‘ammasso, le galassie medusa vengono private del proprio gas interstellare, strappato nella direzione opposta per effetto dell’interazione con il gas caldo che permea l’ammasso. È così che si origina la tipica coda che conferisce a queste galassie le sembianze di una medusa, e dà loro questo nome particolare. In precedenza un gruppo di ricercatori guidato da Bianca Poggianti, dirigente di ricerca INAF a Padova che coordina il progetto GASP e coautrice anche dello studio attuale, aveva scoperto che nelle code delle galassie medusa si originano nuove stelle. “È noto che anche i campi magnetici delle galassie possono contribuire alla formazione di nuove stelle” spiega Poggianti. “Tuttavia, non è ancora chiaro che ruolo abbiano i campi magnetici stessi nella formazione stellare che avviene nelle loro code gassose, un ambiente difficile da studiare a causa della scarsa luminosità”.
Un primo passo verso la comprensione di questo fenomeno è stato compiuto proprio dallo studio di Ancla Müller e collaboratori. Le ricercatrici e i ricercatori coinvolti hanno analizzato la struttura del campo magnetico di JO206 grazie a profonde osservazioni effettuate con il radio telescopio JVLA (Jansky Very Large Array) negli Stati Uniti. Lo studio mostra che anche la coda della galassia, e non solo il suo disco, ospita un campo magnetico intenso. Studiando l’emissione polarizzata proveniente dalla galassia, gli astronomi hanno potuto concludere che il campo magnetico è allineato in modo molto preciso con i tentacoli della coda.
“Per misurare il campo magnetico è stato necessario studiare non solo l’emissione in banda radio della galassia, ma anche l’emissione in banda X del mezzo circostante. Il nostro contributo è stato proprio quello di analizzare le osservazioni X dell’ammasso ottenute con il satellite Chandra della NASA, per derivare la densità del gas caldo che circonda la galassia e che è un parametro fondamentale nella stima del campo magnetico”, spiegano gli studiosi dell’Università di Bologna Myriam Gitti, professoressa al Dipartimento di Fisica e Astronomia “Augusto Righi”, e Alessandro Ignesti, dottorando di ricerca in Astrofisica.
Simulazioni al computer rivelano una possibile interpretazione
Con l’aiuto di simulazioni al computer il gruppo ha ricostruito un possibile scenario che spiegherebbe i risultati delle osservazioni. Mentre la galassia JO206 si muove verso il centro dell’ammasso, il suo campo magnetico interagisce con il gas caldo circostante, che si stratifica sopra la galassia stessa. In questa interazione, il campo magnetico della galassia viene a sua volta amplificato e allineato lungo la coda, dando vita all’elevata frazione di radiazione polarizzata osservata dai ricercatori.
“JO206 si muove ad alta velocità verso il centro dell’ammasso, moto che causa l’interazione fra i campi magnetici e il vento caldo del mezzo intergalattico, generando un accumulo del plasma”, continua Poggianti. “Parte del plasma condensa quindi sugli strati esterni della coda di gas e ‘avvolge’ la coda di gas che è stato strappato alla galassia, determinando la direzione e le proprietà del suo campo magnetico”.
Il prossimo passo, affermano gli autori, sarà verificare se questo scenario possa essere confermato con osservazioni su altri oggetti simili.
“Per verificare le ipotesi suggerite dalle osservazioni della galassia JO206 stiamo osservando altre galassie con code simili utilizzando radio telescopi in Australia (ATCA), Sud Africa (MeerKAT) e Stati Uniti (JVLA)” conclude Poggianti. “L’osservazione del campo magnetico di JO206 è la prima e per ora unica indagine del genere in una galassia medusa. Ci servono altre osservazioni per capire se il fenomeno scoperto è comune o eccezionale. Questo ci permetterà anche di capire che collegamento esiste tra il campo magnetico e la formazione stellare fuori dai dischi delle galassie”.
Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Nature Astronomy nell’articolo Highly ordered magnetic fields in the tail of the jellyfish galaxy JO206 di Ancla Muller, Bianca Poggianti, Christoph Pfrommer, Bjorn Adebahr, Paolo Serra, Alessandro Ignesti, Martin Sparre, Myriam Gitti, Ralf-Jurgen Dettmar, Benedetta Vulcani, Alessia Moretti
Il ruolo del team di Paolo Serra dell’INAF di Cagliari
Il progetto osservativo di Bianca Poggianti porta con sé implicazioni molto importanti sia dal punto di vista scientifico che tecnologico anche alla luce delle collaborazioni che è riuscito a creare. Il coinvolgimento del team di Paolo Serra, astrofisico dell’INAF di Cagliari, nel progetto GASP rappresenta una dimostrazione importante della qualità del lungo lavoro di osservazione e sviluppo tecnologico del progetto “Meerkat Fornax Survey” con cui da quattro anni Serra coordina l’osservazione dell’ammasso di galassie della Fornace, oggetto che presenta interessanti analogie con le “galassie medusa” oggetto dello studio di GASP.
L’apporto del team “cagliaritano” (formato, in realtà, da ricercatori di ogni parte del mondo) è consistito nell’osservazione delle “galassie medusa” in onde radio con il già citato JVLA. In tal modo si sono potute rilevare delle “code” di idrogeno neutro impossibili da vedere nelle frequenze ottiche in cui hanno osservato gli strumenti normalmente usati da GASP.
Non secondario, inoltre, è il fatto che il team di Serra ha avuto anche l’occasione di “allenare” e testare con GASP un software di analisi dati che già lavora su Fornax e che verrà ulteriormente perfezionato nei prossimi anni per consentire agli astronomi un’analisi dati il più possibile precisa ed automatizzata, evitando loro di passare notti insonni alla ricerca di picchi e anomalie del segnale. Il risultato della collaborazione è stato quindi doppiamente produttivo: creare dati e scienza per un altro progetto affinando nel contempo le potenzialità del proprio strumento di ricerca.
Questa è la dimostrazione del grande valore tecnico-scientifico dei ricercatori dell’INAF di Cagliari e della loro capacità di produzione scientifica di primo livello anche in progetti non direttamente relazionati con il Sardinia Radio Telescope, progetti che sfruttano con abilità e intelligenza molti dei nuovi grandi strumenti astronomici sparsi per il resto del pianeta.