Di Cascina degli Ulivi a Novi Ligure basterebbe dire semplicemente che appartiene alla famiglia Bellotti dal 1930, che la sua produzione di vini naturali risale al ’77, cioè da quando Stefano Bellotti iniziò ad occuparsi di agricoltura, e che tutti gli additivi sono stati banditi dal 1984, cedendo spazio alla conduzione di una viticultura ed a pratiche enologiche improntate sui concetti della biodinamica. E naturale viene anche di parlare di Stefano, senza grosse descrizioni o impalcature di alcun genere, poiché anche qui bastano le sue parole…
“Il contadino, per me, è la persona più libera che ci sia, perché vive all’aria aperta e ha a che fare con le piante, con il cielo, con le piogge, con la neve. Quale uomo può sentirsi più libero di un contadino?”.
…le parole di una persona che ricordava con affetto dei suoi diciott’anni, periodo in cui decise di riprendere la tenuta familiare, e di quando, grazie all’aiuto dell’anziano Pietro Toccalino, appassionato e competente contadino senza alcuna scolarizzazione, cominciò a fare vino senza ricorrere all’enologia.
Infatti, sempre secondo Stefano…
“L’agronomia non è una scienza esatta, ma una scienza umanistica perché ha a che fare con il vivente. Non è una scienza che calcola, ma che comprende. Una scienza che ascolta, che incontra, che osserva, che riconosce l’altro come nei rapporti umani. L’agricoltura non è Natura ma con la Natura e nella Natura ed è lecita e positiva se fa proprie le leggi della Natura stessa.”
…ed anche da questo si capisce benissimo quanto il progetto di Cascina degli Ulivi, comprendente il vino, l’agricoltura e l’allevamento, sia un progetto molto più ampio, improntato sul legame tra l’uomo e la terra e sul rapporto tra la salute dell’uomo e quella dell’ambiente stesso.
Dunque nella ciclicità della Natura e di questo legame umanistico con la Madre Terra il suo testamento, a poco più di un anno dalla sua scomparsa.
Insomma sedersi, stappare una bottiglia, afferrare un bicchiere e bere, cercando non la concentrazione, la quale esigerebbe attenzione, teoria e reminiscenze, attività di pensiero ed ancora impalcature, per pratiche buone o sbagliate che siano, qui no…
Meditare allora: si però senza ascetiche pretese ma per vuotare la mente, per gioire del buono che ancora esiste nelle cose semplici e sentire l’effetto piacevole che il vino sano ha sul corpo e sull’animo dell’uomo fuori da ogni logica degustativa ma dentro un tempo che, fermato l’assurdo ticchettio dell’orologio, torna finalmente ad appartenerci.
Sui terreni di argilla rossa che le vigne, esposte a sud ovest presso Tassarolo, danno vita alle uve Cortese per fare il Bellotti Bianco, uve che una volta diraspate subiscono una pressatura soffice, decantano staticamente per 24 ore e fanno spontaneamente alcolica e malolattica in acciaio. Soltanto lieviti indigeni dunque, senza solfiti aggiunti, senza filtraggi e con un passaggio garbato di 6 mesi in botti di rovere da 110 ettolitri sui suoi lieviti.
Semplice si… ma per la sua onestà intellettuale di beva e con un profilo organolettico niente affatto scontato e monotono. Il Semplicemente Vino Bellotti Bianco 2016 ha un colore giallo dorato tenue con una lieve velatura e con una densità snella e briosa. Al naso sorprende per la pulizia in cui si contraddistingue il fieno, la salvia secca, il timo limonato e la fragranza con la quale il fruttato si svela sotto forma di pomodorino e pesca gialla, con sentori agrumati, un accenno di melata e toni minerali sul finale. In bocca è tondo, succoso e sapido con un ritorno del fruttato a polpa gialla e di quell’agrumato che in gustolfattiva diventa quasi di crostata di arance, di quelle per niente burrose. Un Cortese in purezza dissetante e che bevuto appositamente oltre il biennio suggerito si è reso ancor più gradevole se possibile. Focaccia di Recco dopo una pausa dalla potatura verde a metà mattinata.
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