Palazzo Strozzi ospita Il Cinquecento a Firenze. Tra Michelangelo, Pontormo e Giambologna, la mostra curata da Antonio Natali e Carlo Falciani che celebra una stagione di notevole prolificazione artistica e ne coglie pienamente lo spirito.
Con questa straordinaria esposizione, che riunisce oltre 70 opere di 41 artisti, si chiude il ciclo iniziato con Bronzino. Pittore e poeta alla corte dei Medici e proseguito con Pontormo e Rosso Fiorentino. Divergenti vie della “maniera”.
Arrivare al piano nobile di Palazzo Strozzi e trovarsi davanti alla conturbante bellezza del Dio fluviale di Michelangelo, fresco di restauro, vale già la mostra: l’opera è di una potenza tale che si rischia di sottovalutare la notevole Pietà di Luco di Andrea del Sarto. Non sfugge il legame tra il bianco marmoreo del corpo michelangiolesco, colto in una possente torsione e il telo, dipinto da Andrea del Sarto, su cui viene adagiato il Cristo, sorretto da figure che non nascondono nei colori e nella monumentalità l’influenza di Raffaello e dello stesso Michelangelo.
Ma chi ha studiato ore ed ore tra i manuali di storia dell’arte al liceo o all’università, nella seconda sala vede realizzato un sogno: confrontare dal vivo, per la prima e forse unica volta, la Deposizione dalla croce di Volterra di Rosso Fiorentino, la Deposizione di Santa Felicita del Pontormo e il Cristo Deposto di Besançon del Bronzino. Sono esposte senza cornice e ti colpiscono con i loro mirabili azzurri, i rosa pastello, i rossi e gli arancio sgargianti, con le loro geometrie, la loro serenità e la loro delicatezza.
In tutte le rimanenti sei sale in cui si snoda il percorso espositivo, ci si sorprende davanti a capolavori assoluti del Cinquecento. La mostra documenta, infatti, come nella seconda metà del secolo Firenze brilla ancora per la presenza di maestri supremi, e si avvia al Seicento in compagnia di artisti come Santi di Tito ed Alessandro Allori di cui sono in mostra rispettivamente la Visione di San Tommaso d’Aquino e i Miracoli di san Fiacre.
Le opere si susseguono in un ordine a volte cronologico, a volte tematico dando vita a inusuali accostamenti tra maniera e controriforma, tra un’arte che ruotava intorno alla figura di Francesco I de’ Medici, ritratto mirabilmente da Alessandro Allori, e i dettami voluti dal concilio di Trento.
Difficile fare una scelta tra i gioielli che brillano nelle sale di Palazzo Strozzi: lo svettante e filiforme Mercurio e i corpi avvinghiati del Ratto delle Sabine, realizzati in bronzo dal Giambologna, un altro Mercurio opera di Baccio Bandinelli. Il poetico Cristo e l’Adultera di Alessandro Allori, l’altorilievo di Pietro Bernini San Martino divide il mantello col povero. Tanto è il garbo che pervade l’Apollo e Giacinto di Benvenuto Cellini e molta la dolcezza che traspare nell’Annunciazione di Francesco Salviati. Di mirabile vivacità è la tavola con il Ritratto di Guido Guardi con i figli di Santi di Tito. E poi ancora Giambologna che riesce a effigiare sensualità e femminilità sia che scolpisca il marmo nella Fata Morgana, sia che si cimenti con il bronzo nella Venus fiorenza. Sensuale e marmorea è la Notte di Michele di Ridolfo del Ghirlandaio, mentre più morbide e dolci le forme con cui Jacopo Zucchi realizza Amore e Psiche.
Pale d’altare, santi, crocifissi e annunciazioni accostate a immagini profane legate alla committenza civile, ritratti di donne, uomini e divinità che rievocano il mondo classico, oppure raccontano il loro tempo e in alcuni casi anticipano il barocco: questo e altro ancora in mostra sino al 21 gennaio 2018.
Per tutte le informazioni sulla mostra potete visitare il sito www.palazzostrozzi.org