Sologamia: sostantivo femminile che significa unione matrimoniale di una persona con sé stessa. Una pratica nota in Giappone da decenni, tanto che le agenzie matrimoniali propongono ai single e alle single pacchetti di self-wedding al pari delle unioni di coppia, e la tendenza ora dilaga in tutto il mondo.
Non si tratta solo di un fenomeno sociale o, per qualcuno, di una moda, ma dell’impegno formale, con tanto di cerimonia solenne e certificato nuziale, di un individuo, a qualsiasi genere appartenga, ad amare sé stesso prima di ogni altro essere umano. Deluse dall’altro sesso e stanche delle relazioni complicate, sono soprattutto le donne a sentire sempre più forte il desiderio di amarsi al punto da volersi auto-sposare. Acquisire consapevolezza di sé, imparando a valorizzare le proprie potenzialità e accettando le proprie specificità al di là delle convenzioni sociali, è infatti il presupposto di ogni forma d’amore libero e incondizionato. Questa forma di auto-inclusione è l’assunto che sta alla base dell’estetica dell’artista visiva Elena Ketra, che ha fatto dell’empowerment femminile, dell’inclusione sociale e della coscienza del senso di sé il manifesto della propria arte. Da qui nascono le opere Sologamia, Nontiscordardite e, nel 2022, la performance digitale Sologamy. Basta inserire i propri dati grazie a uno schermo touchscreen per ottenere, ‘in virtù dell’arte e dell’amore’, un certificato di matrimonio sologamico che, firmato dall’artista, è un’opera unica.
Dopo aver presentato in anteprima nazionale, nel luglio scorso, questa originale performance digitale, promossa dalla Fondazione Solares delle Arti in collaborazione con la galleria romana Supermartek a Videocittà, all’interno del Festival della visione e della cultura digitale svoltosi al Gazometro di Roma, l’artista attualmente espone ancora nella Capitale, insieme ad altri cinque artisti (Crollame/Marcello del Prato, Jennifer MacLaren, Salvatore Mauro, Giuseppe Palmisano e Alessio Facchini), allo Studio GIGA per la mostra Selfness, visitabile dal 29 settembre al 28 ottobre 2023. «La mostra indaga tramite diversi media e chiavi di lettura l’idea di “selfness”, dunque di autoanalisi ed esplorazione del sé (o dei sé), vissuto storico personale e possibilità future di vita autonoma e autosufficiente, rispetto a una tendenza che vede una sempre crescente “collettivizzazione” dell’individuo e dei suoi strumenti di pensiero», spiegano gli organizzatori della mostra Bianca Catalano e Matteo Peretti. «In un mondo del tutto social, si può essere “antosocial”? Ovvero, nella società odierna, dove l’idea di affermazione e percezione del sé passa sovente per meccanismi di pretesa celebrazione individualista in contesti di autoimposta condivisione, come accade nei social e nei fenomeni da essi generati (come la FOMO, ovvero “Fear of Missing Out”), siamo spinti a chiederci cosa accade se, e quando, si riesce finalmente ad essere soli con il proprio sé più autentico, in un egoistico universo interiore scevro da ogni tipo di sovrastruttura di stampo sociale».
Elena Ketra. che ha sviluppato il suo percorso formativo all’Accademia di Belle Arti di Venezia, indirizzando la sua ricerca sul corpo e le modificazioni artificiali e sperimentato molteplici forme materiche e sistemi mediali, si è aggiudicata nel 2022 il premio speciale Stefano Trionfetti all’exibart prize, nella sezione dedicata all’inclusione. L’artista spiega a Mediterranea il suo progetto e la sua personale concezione della sologamia.
Ci parli della sua performance digitale Sologamy. Com’è nata l’idea e cosa intende rappresentare?
Sologamy nasce dal mio interesse per il fenomeno della Sologamia. È ancora poco noto in Italia, mentre all’estero è molto diffuso. In sintesi è il matrimonio con se stessə, una dichiarazione d’amore autentica che rivolgiamo a noi stessə. Ho sviluppato la ricerca su questo tema per la sua forte filosofia intimista che mette in discussione il concetto di individualismo, elevandolo ad un’accezione positiva e inclusiva. Il progetto Sologamy è un’affermazione dell’indipendenza emotiva e una profonda presa di coscienza delle proprie capacità, forza e bellezza, al di là di stereotipi estetici, convenzioni sociali e limitazioni legate al genere.
Il progetto comprende opere diverse?
Sì. Le prime opere “SOLOgaMIA” e “SOLOgaMY” consistono in una serie di lastre di alluminio specchiato sulle quali è impressa una torta nuziale stilizzata a più piani sopra la quale troneggia un pezzo degli scacchi femminile, maschile e neutro, e sotto la definizione della parola “sologamia”. Queste prime opere porteranno allo sviluppo di un’altra connessa e in dialogo con esse: NONTISCORDARDITE, uno specchio-memorandum per non dimenticarsi di prendersi cura di sé. Dopo questa prima serie, però sentivo il bisogno di rendere l’opera un’esperienza più personale e intima, che chiunque poteva fare dove e come voleva, senza che fosse legata per forza alla mostra o all’evento. Così assieme al curatore e al team di Supermartek abbiamo sviluppato una piattaforma interattiva, ed ecco la nascita di Sologamy.org. che grazie alla Fondazione Solares delle Arti ho portato in anteprima internazionale a Videocittà, il Festival della visione e della cultura digitale presso il Gazometro di Roma.
L’opera si inscrive in una sua di più ampio respiro in cui tratta tematiche femminili, è così?
Sì, mi interessa approfondire temi legati all’empowerment femminile e all’inclusione sociale in particolar modo, sollevando dubbi e spunti per riflettere. Mai dare nulla per scontato, basti guardare agli Stati Uniti dove si è persino arrivati ad abolire un diritto costituzionale – che si pensava inviolabile – che, guarda caso, colpisce le donne: il diritto all’aborto. Una violazione terribile dei diritti umani. Impensabile.
Si tratta di un’opera isolata o è inserita in un progetto più ampio?
Sologamy segue un percorso, ogni mia opera è legata a quella precedente, è una sorta di racconto continuo che affronta argomenti che mi smuovono e toccano in prima persona. Sologamy è un’opera globale, perché ha in sé tutti gli elementi che mi affascinano: indipendenza, autoaffermazione, consapevolezza di sé, abbattimento degli stereotipi, inclusione e libertà.
In che senso considera la sologamia un atto inclusivo?
La prima forma di inclusione viene da noi stessi, imparando ad accettare e conoscere prima noi stessə, siamo più propensə ad accettare e conoscere le altre persone. Più ti conosci, più ti senti sicurə di te e più sei liberə di aprirti, quindi è un percorso di conoscenza e consapevolezza intima, che non fa che rafforzare e rendere più autentico il rapporto con gli altri. Quante relazioni tossiche si potrebbero evitare se solo ci prendessimo più cura di noi… Sembra banale dirlo, ma è tutta un’altra storia nel realizzarlo.
Dove è possibile abbracciare il suo mondo artistico e sposare sé stessi?
Nel sito sologamy.org è possibile farlo.
Pensa che la sologamia sia un trend destinato ad espandersi, in una società sempre più individualista in cui la coppia non rappresenta più il puntello della società?
Credo che sia una nuova presa di coscienza personale, profonda e vera al di là di tutto. Mette sotto una nuova luce l’individuo e l’individualismo: pensare anche a noi stessə non deve essere bollato come egoismo, ma semplicemente come un modo per conoscerci e individuare cosa o chi vogliamo davvero. Perché le promesse di amore e rispetto valgono solo se fatte agli altri e non invece a noi stessə? Alla fine conviviamo prima con noi, poi con gli altri!
La sologamia è un fenomeno sociale nuovo in Occidente, ma diffuso in Giappone da molti anni. Che tipo di riscontro ha trovato in Italia rispetto alla sua sollecitazione?
La prima reazione è stato lo stupore, poi la curiosità, soprattutto tra i più giovani. La diffidenza invece da coloro che l’hanno visto come una prevaricazione sul matrimonio tradizionale e un atto egoistico di esclusione sociale, il contrario di ciò che professa la sologamia. In questo caso è stata evidente la lettura superficiale del progetto. Ma una volta approfondito, l’atteggiamento è cambiato completamente ed è stato condiviso. Da qui il successo di partecipazione alla performance.
Trova che in Italia ci siano resistenze maggiori rispetto ad altri Paesi?
In Italia ci sono ancora delle resistenze, ma è normale quando ci si imbatte in argomenti nuovi. Credo che non sia stata ancora colta nel suo significato, non è uno sterile show autocelebrativo. La superficialità banalizza qualsiasi cosa, è la via più facile, il difficile sta nell’affrontare un argomento che potrebbe mettere in dubbio le tue certezze e il tuo mondo, no?
Si tratta di una moda o di una filosofia di vita?
E’ una profonda filosofia di vita intimista che ha in sé le basi dell’inclusione sociale, per tale motivo mi ha affascinato.
In base alla performance e ai contatti nel sito, quale genere è stato maggiormente propenso al matrimonio con se stesso?
La maggioranza è stata femminile, ma una bella percentuale anche maschile. L’interesse è molto acceso, al di là del genere.
Come la mettiamo con la maternità?
La maternità è una scelta personale, che tu sia sposatə o meno, la sologamia ti porta semplicemente a riflettere su ciò che veramente vuoi. Da solə o con chi desideri.
L’unico matrimonio che non avrebbe senso sciogliere…
Se sciogliessimo il matrimonio con noi stessi significherebbe affermare che non ci accettiamo e non ci rispettiamo più: è una dichiarazione autolesionistica che lascia ad altri il controllo sulla nostra vita.
Quale messaggio intende dare alle donne con questa e con le altre sue opere dedicate al femminile?
I messaggi delle opere hanno più sfumature, ma una è dominante: la libertà di scegliere. Innanzitutto del proprio corpo oltre le forti e costanti oppressioni e aspettative sociali legate al genere femminile. L’abbattimento degli stereotipi di genere è una lotta continua.