Un piccolo tesoro custodito gelosamente e destinato alle anime del futuro è il diario poetico dell’imperatrice Elisabetta d’Austria, protagonista di “Specchi ad angoli obliqui. Diario poetico di Elisabetta d’Austria” di Matteo Tuveri edito da Aracne.
Il volume, ormai divenuto un cult delle biografie sull’imperatrice, arriva nelle librerie con una seconda edizione ampliata di due capitoli dedicati ai rapporti dell’imperatrice con l’Italia e alla reinterpretazione del suo personaggio come icona nella cultura LGBTI e nella cultura di massa. Tuveri ha già curato per Aracne “Tabularium. Considerazioni su Elisabetta d’Austria” ed è conosciuto al pubblico televisivo per le sue partecipazioni, in qualità di storico, sia nelle tv nazionali che austriache, a docufilm e documentari dedicati all’Imperatrice.
«Nella poesia, la vita è ancora più vita che la vita stessa», scriveva il critico letterario russo Vissarion Bielinski, soprattutto se a scrivere i versi è l’imperatrice Elisabetta d’Austria Ungheria, più nota come Principessa Sissi. Un corpus formato da tre volumi che l’imperatrice chiuse nel 1890 e depositò in una cassetta di latta a cui allegò le sue volontà: “Questa cassetta deve essere aperta 60 anni dopo l’anno 1890 (…) e va inoltrata intatta all’indirizzo indicato sopra di essa: al Signor Presidente della Confederazione Elvetica, Berna”. Sottolineò inoltre che “i proventi dovranno essere utilizzati esclusivamente per i figli bisognosi dei condannati politici”. Nel 1951, il presidente della Confederazione Elvetica ricevette il plico.
A metà del secolo scorso nel grande schermo l’Imperatrice aveva il volto dell’attrice Romy Schneider nei film di Ernst Marischka, che hanno fatto sognare e identificare intere generazioni di donne nello stereotipo della giovane sovrana come moglie e madre perfetta. Ma i tre volumi del suo diario contraddicono il personaggio diffuso da film e cartoni animati. «Era una donna fuori dal comune dotata di straordinaria sensibilità a cui stava stretto il ruolo di sociale e politico acquisito con il matrimonio con Francesco Giuseppe. Voleva essere libera e affermare la sua volontà», spiega Tuveri.
Dalle sue poesie, ispirate alla poetica del disincanto di Henrich Heine, emerge l’immagine di un personaggio diviso tra l’obbligo di dover assolvere ai suoi doveri istituzionali e il desiderio di infrangere i protocolli. «Per questo suo desiderio di andare contro le regole, Elisabetta era mal vista da tutto l’entourage della corte. Dedicò la sua vita a viaggiare perché era l’unico modo per evadere da quella prigione che era divenuto per lei il ruolo di imperatrice».
Con grande rigore storico e cura nell’analisi dei versi e del contesto sociale e politico, l’autore – considerato come uno dei massimi esperti del personaggio – ci restituisce la vera immagine dell’Imperatrice, donna dall’animo libero (che lei stessa, nei suoi versi, definiva “profondo come un lago di cui non vedo fine”), all’avanguardia per il suo tempo e incompresa: «Ecco perché dedicò i suoi versi alle anime del futuro: si sentiva in sintonia con esse perché intuiva che, a distanza di tempo, le lotte per la libertà e per la pace sarebbero state sempre attuali».
Giulia Marini