La storia del Dr Roberto Pili sugli sviluppi della ricerca sulla longevità dei sardi
La scoperta di parte della mappa del genoma umano, ha inaugurato un nuovo modo di vedere il mondo. Una scoperta che pone l’individuo singolo, con il suo Dna, con le sue caratteristiche peculiari, al centro dell’universo. Non più una persona in mezzo a tante, ma con precise distinzioni genetiche: intelligente, sportivo, artista, oppure pigro, incline a delinquere, predisposto a determinate malattie, fisiche o psichiche. Questi aspetti si possono ritrovare nel DNA, ma pare influiscano per un 30%, il resto della nostra personalità dipende dal nostro stile di vita. Naturalmente gli aspetti positivi sono tanti, a partire dalla possibilità di riconoscere una persona da un piccolissimo frammento di pelle o di un capello, utile alle indagini degli investigatori.
In Sardegna l’interesse per il DNA si è concretizzato nel “Progetto genoma” che aveva come obiettivo la mappatura del DNA di un intero territorio. Un progetto dedicato alla mappatura genetica dei centenari sardi, capire come il Dna influisca sulla loro longevità. Il Dna è una parte importante della nostra identità di singoli, potrebbe esserlo però anche per intere comunità, ed è quello che cercano di dimostrare con la ricerca sarda. Gli obiettivi sono diversi: dallo studio delle malattie di origine genetica, (ereditarie o meno), allo studio dei caratteri culturali di una certa comunità, ma soprattutto la ricerca in campo farmacologico, con sviluppi non sempre nobili.
Oltre gli aspetti positivi, ci sono anche moltissimi dubbi di natura etica, o meglio aprono il campo di ricerca della bioetica.
Quali scenari si possono immaginare, quale politica adottare per il futuro? Come ci comporteremmo se conoscessimo in parte il nostro destino genetico? Quali implicazioni religiose, sociali, psicologiche, economiche dovremo affrontare se i dati fossero disponibili e pubblici? Pensiamo ad un datore di lavoro che richiede in sede di colloquio il certificato del DNA, oppure alle assicurazioni sulla vita che potrebbero speculare sui premi. Problemi di ordine individuale ma anche collettivo, siamo pronti per gestire tutte queste informazioni?
C’è molto interesse intorno a queste ricerche in Sardegna, soprattutto da parte degli Stati Uniti, in genere le società altamente sviluppate, dove lo stile di vita invece tende a peggiorare a causa delle malattie come il diabete o il colesterolo cattivo. L’interesse medico/sociale però ha molti risvolti economici, sia per i governi che risparmierebbero moltissimi soldi dall’avere una popolazione che non deve ricorrere alle cure mediche, o che non diventi obesa o sedentaria, sia dalla ricerca farmacologica che potrebbe produrre in sintesi le caratteristiche positive del DNA.
Abbiamo intervistato il Professor Roberto Pili, presidente della Comunità mondiale della longevità
Come nasce il progetto e quali sono o vogliono essere gli obiettivi dell’Osservatorio internazionale della longevità?
L’Osservatorio nasce dall’esperienza pluriennale della Comunità Mondiale della longevità che ha visto la collaborazione di enti, organismi e ricercatori a livello nazionale ed internazionale. Scopo dell’Osservatorio è promuovere, raccogliere, diffondere ricerche ed interventi nel campo della longevità e dell’invecchiamento attivo. Avvalendosi della collaborazione di ricercatori e studiosi ha anche lo scopo di svolgere direttamente ricerche in questo ambito. Inoltre ha lo scopo si stimolare e sensibilizzare gli stakeholders sull’importanza di ricerche ed interventi di promozione della salute e del benessere delle persone che invecchiano.
In che modo essere “coerenti” dal punto di vista alimentare con il proprio ambiente avrebbe ripercussioni positive sul rallentamento del processo di invecchiamento (è uno dei principi che muove le ricerche della biogerontontologia)?
E’ una questione piuttosto complessa ancora all’attenzione dei ricercatori. Volendo riassumere la complessità potremmo collegarci al concetto di habitat naturale, che ha un forte valore per gli animali e per le piante e che consente di trovare un giusto equilibrio tra omeostasi ed adattamento all’ambiente. Un’eccessiva richiesta di adattamento all’ambiente può mettere sotto pressione il sistema, senza considerare poi tutti gli aspetti legati alla psiche.
La ricerca sulla longevità dei sardi è preziosa sotto molti aspetti, sia sociali che economici. Quali sono i veri interessi economici, americani e non, intorno alla ricerca sul DNA e sullo stile di vita dei centenari sardi?
La Sardegna rappresenta un luogo ideale nel quale svolgere le ricerche sull’ invecchiamento per diversi motivi, in primis per la sua eccezionalità in termini di longevità. Sin dagli anni 90 grazie agli studi di Pes e Poulain è stata riconosciuta come prima zona blu a livello mondiale per l’elevato tasso di longevità e per l’eccezionale longevità maschile. Anche i nostri studi , più recenti, e replicazione degli stessi ricercatori, hanno confermato questa eccezionalità, sia dell’Ogliastra sia in una zona inattesa come quella di Teulada. Studiare le determinanti ed i predittori dell’invecchiamento attivo e di successo nelle popolazioni di longevi ed ancor più in quelle che mostrano peculiarità, offre importanti spunti in termini di promozione dell’invecchiamento, nella sensibilizzazione su stili di vita salutogenici e nello studio delle patologie tipiche dell’anziano.
Non è difficile pensare agli sviluppi di queste ricerche dal punto di vista turistico, economico in genere. La Sardegna potrebbe diventare come la Florida per gli americani, un posto dove vivere una vecchiaia o una maturità lontana da ritmi stressanti, con una buona qualità della vita grazie all’abbondanza di cibi sani e un clima mite per quasi tutto l’anno, la bellezza dei luoghi e la ricchezza dei rapporti sociali.
1 thought on “DNA, qualità della vita e longevità in Sardegna”