Periferie diffuse, sobborghi residenziali, strade, centri commerciali. E’ sufficiente osservare la trasformazione, spesso selvaggia, del nostro paesaggio per comprendere che le superfici edificate sono in costante aumento, a discapito del suolo naturale. Ogni anno in Italia si consumano più di cinquecento chilometri quadrati di territorio, circa tre volte la superficie del comune di Milano. Secondo i dati Istat, in Italia tra il 1990 e il 2005 sono stati divorati dal cemento e dall’asfalto 3,5 milioni di ettari, cioè una regione più grande di Lazio e Abruzzo messi insieme.
Lo sviluppo dell’edilizia nell’Italia di questi anni ha visto intrecciarsi in un connubio indissolubile gli interessi di politici, imprenditori e banchieri. Gli attori principali di questo sistema di lobbying mettono insieme politica, grande impresa, finanza, Chiesa e giornali, in mano spesso agli stessi costruttori, e i grandi architetti che forniscono alle speculazioni edilizie una copertura culturale. Ne sa qualcosa l’ex governatore della Regione Sardegna Renato Soru, la vittima più illustre del partito del cemento.
L’ex presidente, infatti, padre della “legge salva coste” e del piano paesaggistico regionale, si dimise a seguito della mancata approvazione da parte della sua stessa maggioranza della legge urbanistica regionale, a dimostrazione di quanto trasversale sia il partito del cemento. L’attuale governatore Ugo Cappellacci ha invece fatto della legge sul piano casa e della libertà di mattone uno dei suoi cavalli di battaglia.
L’assalto alle coste della Sardegna è rappresentativo di quali interessi muovano le operazioni immobiliari. Quel che sta avvenendo sulla costa di Teulada, tra Tuerredda e Capo Malfatano, ha dell’inverosimile. In uno dei tratti di costa ancora in gran parte integri del Mediterraneo, tutelati con vincolo paesaggistico, in parte con vincolo archeologico e destinati ad area marina protetta, è in progetto la costruzione del complesso turistico Malfatano Resort, 150mila metri cubi di volumetrie su 700 ettari di costa.
Un complesso alberghiero a cinque stelle nella collinetta prospiciente la spiaggia di Tuerredda, terme, ristoranti, piscine, centro sportivo e tante ville con giardino, tutto costruito con “colta semplicità” come assicura il gruppo d’interesse che la sta costruendo. Chi sta dietro al Malfatano Resort? Una joint venture composta da Sansedoni Spa, controllata dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena, che vede Francesco Gaetano Caltagirone come primo azionista privato. Nella società ci sono pure i Benetton, il Gruppo Toffano, la famiglia d’immobiliaristi romani dei Toti e il Gruppo Marcegaglia, titolare pure del Forte Village di S. Margherita di Pula e dell’ex Arsenale della Maddalena.
In una regione come la Sardegna, per ogni nuovo abitante che si è insediato negli ultimi cinque anni, sono stati costruiti 4500 metri quadri di edifici, come se ogni nuovo cittadino avesse a disposizione un centro commerciale. Da Capo Malfatano alla Maddalena il cemento sembra voler sostituire il granito. I comuni d’altra parte, spesso sull’orlo del dissesto finanziario, sono sempre a caccia di finanziamenti e l’ultima risorsa rimasta è proprio il suolo. Gli enti locali quindi vendono i propri terreni in cambio degli oneri di urbanizzazione. Le coste diventano perciò sempre più appetite e, in breve tempo, luogo di una speculazione che vede nel mattone il motore dell’economia e la fonte primaria del benessere delle comunità locali, cui tutto deve essere sacrificato, come pegno per lo sviluppo.
Nel film documentario di Mossa e Trentini, Furriadroxus, Ovidio Marras afferma la propria ostinata volontà a non lasciare la sua terra “per infilarci i padovani”, come lui chiama i signori del mattone. Intrappolato tra hotel destinati a turisti facoltosi e accerchiato da una gigantesca speculazione edilizia, Ovidio, pastore e agricoltore di Malfatano, ha ingaggiato una battaglia legale contro la società dei Caltagirone, Benetton, Toti per difendere il proprio terreno dall’avanzata del cemento.
Un giudice per ora gli ha dato ragione condannando “i padovani” a pagare le spese di giudizio e gli avvocati dell’agricoltore malfatanese. Succede nei film, questa volta anche nella realtà. La cementificazione delle coste sarde è il prodotto di un’idea di sviluppo distorta che produce posti di lavoro volatili, distruggendo paesaggi e bellezza. Come dice Ovidio, “Loro ci sono solo d’estate, noi viviamo anche d’inverno”.
Fonti
Garibaldi, Massari, Preve, Salvaggiulo, Sansa, La Colata, 2010, Chiarelettere Editore
gruppodinterventogiuridico.blog.tiscali
Mossa, Trentini, Furriadroxus, 2005, Editore ISRE. Il documentario è visibile su www.sardegnadigitallibrary.it/index.php