“Todo parece que tiene que ser muy grande, hay que volver a la gente explicar que hay que cuidar el territorio, que hay productos de proximidad de calidad. El mercado tan global se lo come todo! Se queda mucha gente por el camino… pero creo que una familia en el territorio es una hierba que ayuda a no erosionar” (Produttore Moianès).
I limiti manifestati dal modello di produzione agraria capitalista e le politiche che lo hanno sostenuto, hanno evidenziato la necessità di ripensare il ruolo di chi produce e di chi consuma, degli spazi di produzione del mondo rurale e riprogrammare l’agenda politica nei differenti paesi in relazione all’insorgere di nuovi elementi e nuovi contesti economici, ecologici e sociali strettamente connessi al cibo e alla sua produzione. L’uso del suolo, la gestione razionale delle risorse, la revisione stessa del rapporto tra uomo e natura, costituiscono parte delle nuove variabili che devono essere valutate all’interno dei contesti locali. L’analisi di queste variabili può essere effettuata solo considerando la diversità di soggetti e di istituzioni e la fitta rete di interdipendenze (Lamine, C., 2015).
A tal fine risulta necessario riflettere su esperienze in grado di integrare, attraverso un approccio pluridimensionale, processi economici e dinamiche di transizione verso la sovranità alimentare, migliori livelli e condizioni di educazione, di salute e di benessere, introducendo contemporaneamente una maggiore equità sociale e sostenibilità ambientale dei sistemi agricoli (Caporal, F., 1998).
La questione della produzione ed il tema della sicurezza alimentare furono alla base degli obiettivi dell’agricoltura nel Patto di Roma. Essi prendevano in considerazione aspetti principalmente di tipo quantitativo, che emergevano dall’esigenza di garantire alimentazione per la popolazione. Le scelte operate sul sistema agroalimentare a partire dal secondo dopo guerra furono supportate grazie a processi regolatori e a strutture che permisero una sua stabilizzazione, nonostante l’“insostenibilità” ecologica e sociale dei processi (Lamine, C., 2015).
In questo complesso sistema di revisione e costruzione di un intero sistema agroalimentare, l’influenza del pensiero liberale a partire dagli anni cinquanta, genera la marginalizzazione di buona parte delle realtà locali. Non solo il pensiero politico, ma gli stessi approcci teorici dominanti propongono un’immagine della società rurale prevalentemente negativa, attribuendo ai contadini un ruolo passivo all’interno del processo di meccanizzazione considerato necessario dal punto di vista economico e strettamente connesso anche alla necessità di riconversione sociale diretta alla modernizzazione (Sevilla Guzmán, E, 2006).
La politica agricola europea basata fino agli anni ottanta sul concetto di food security (sicurezza alimentare intesa come capacità di accesso al cibo), a causa di rilevanti scandali alimentari si trova a riflettere sul concetto di food safety (sicurezza alimentare, intesa come qualità, salubrità del cibo). Questi due elementi legati ai problemi derivanti dal cambiamento climatico, richiedono anche una riflessione sul tentativo di collegare l’agricoltura con la tutela dell’ambiente e l’utilizzo ragionato delle risorse naturali. Il ruolo stesso dei consumatori e la loro attenzione per la qualità dei prodotti alimentari genera lo sviluppo di azioni di sostegno selettive ed un progressivo riequilibrio a compensare la progressiva perdita del peso politico dell’agricoltura e degli agricoltori. Si parla dunque di una revisione e di un nuovo patto sociale tra gli agricoltori e la società (Sotte, F., 1997)
Le crisi globali, i processi di globalizzazione, i sistemi capitalisti e gli stessi processi di strutturazione e ristrutturazione della PAC, mostrano dunque che le politiche messe in atto hanno portato a una polarizzazione della produzione agroalimentare (Van der Ploeg, J.D., 2008).
L’organizzazione stessa del territorio si differenzia frequentemente tra produzioni di massa e specialità integrate, evidenziando il contrasto tra dinamiche competitive basate sul prezzo che considerano la terra come mero strumento di produzione e un tipo di produzione che trova il suo fondamento nel complesso della società locale e del territorio.
La produzione in piccola scala acquisisce un nuovo ruolo lontano dalla segregazione delle parti irrilevanti del mercato globale, dove diverse teorie della scienza convenzionale l’avevano relegata durante decenni, creando nuove opportunità per le aree rurali e per le economie destrutturate.
Fenomeni come il cooperativismo e l’associazionismo contribuiscono alla creazione di un modello diverso di mercato che supera la mera concezione meccanicistica a favore di quella relazionale che permette il superamento del processo di produzione – accumulazione – circolazione del capitale, nella quale gli attori acquisiscono una congruenza tra valori comuni condivisi e la volontà di mantenere una certa produzione nel territorio.
In questi spazi si sviluppano esperienze che cercano di superare la pressione del mercato agroalimentare industriale e di massa e creano alternative nei processi di produzione e nei canali di commercializzazione riuscendo a mantenere il controllo sul ciclo di produzione.
Transizioni: il caso del Moianès
Il territorio, la gestione sostenibile delle risorse naturali, le reti tra gli attori, i processi di cooperazione, le politiche pubbliche, sono alcuni degli elementi che emergono nell’esperienza di un piccolo territorio rurale catalano, che rappresenta una riflessione sulle dinamiche di transizione sulla rilocalizzazione delle produzioni nel mondo rurale. Processi produttivi e dell’organizzazione del lavoro, in cui il territorio, le conoscenze tradizionali e la sostenibilità nella produzione alimentare possono costituire elementi fondamentali per rispondere alla pressione delle crisi.
Il Moianès è una comarca, una subregione della Catalogna costituita da dieci comuni situati in uno spazio di 335 kmq, situata a circa 60 km da Barcellona, su un altopiano ad una altezza 700 metri, con circa 13.000 abitanti.
Il territorio ha conosciuto una storia di crisi comune a molte aree rurali europee. Nonostante la sua centralità geografica, durante la prima fase di industrializzazione la subregione venne esclusa dal processo a causa dell’assenza di infrastrutture come, per esempio, elettricità e strade. Questo fatto comportò una difficile transizione da un’economia di tipo artigianale alla produzione industriale, influenzando in particolare lo sviluppo del settore tessile ed agricolo, che costituivano la base dell’economia della zona.
Nel XIX secolo quando il Moianès passa dalla produzione agricola per autoconsumo alla produzione diretta alla commercializzazione, specializzandosi in coltivazioni di cereali, legumi e vigneti, affronta la caduta dei prezzi agricoli derivanti dalla intensificazione della produzione e dalla fillossera. Nel XX secolo si sperimentano i processi di modernizzazione e di meccanizzazione del settore agricolo che generano un cambiamento verso modelli di produzione intensiva che portano molti dei produttori ad abbandonare il settore, trovare occupazione in differenti settori produttivi, a spostarsi verso la zona urbana generando così un contesto di abbandono dell’attività agricola, la perdita di specie di coltivazioni autoctone, della conoscenza locale e della struttura sociale del territorio. Negli anni settanta del secolo scorso il Moianès si trova in una profonda crisi nei settori dell’economia tradizionale, ma inizia a attrarre l’interesse da parte di visitatori che arrivavano dall’area metropolitana i quali riscoprono nella subregione la conservazione della cultura locale, del settore artigianale e le peculiarità del cibo locale e della natura sfuggiti ai processi di standardizzazione (Vila i Purtí, X., 2008).
Le crisi hanno continuato ad interessare la subregione con cicli continui, fino agli ultimi decenni del secolo scorso. A causa dello spopolamento e della mancanza di ricambio generazionali tra il 1982 ed il 1999 si è assistito ad uno smantellamento delle realtà produttive ad una drastica riduzione delle attività nel comparto agricolo pari al 52,9% delle aziende
Cosa raccontano i dati? In riferimento al Moianès i dati socio-economici raccontano una storia importante: attualmente la quota di imprese agricole nel Moianès rappresenta il 9,8% e il peso del settore primario supera di gran lunga la media catalana, che è del 2%. Tra il 1991 e il 2014 la popolazione è aumentata del 52,24% e il tasso di disoccupazione è pari all’11,16%, la metà rispetto alla media catalana. Attualmente la quota dell’agricoltura nel Moianès rappresenta il 14% del totale dei settori economici e l’’agricoltura biologica oltre il 7% della SAU.
Secondo la più grande raccolta di dati globale sulle produzioni biologiche “The world of organic agriculture 2015”, pubblicato dall’Istituto di ricerca dell’agricoltura biologica (FiBL) in collaborazione con la Federazione internazionale dei movimenti dell’agricoltura biologica (IFOAM – Organics International) e altri partner, alla fine del 2013 circa 10,2 milioni di ettari nell’Unione Europa erano coltivati come biologico (il 5,7% dell’area agricola), gestiti da circa 260.000 produttori. E tra i paesi con maggiore superficie di produzione biologica troviamo la Spagna con 1.6 milioni di ettari e l’Italia con 1.3 milioni. Secondo i dati del CCPAE (l’organismo di controllo catalano), l’incremento della produzione biologica in Catalogna si è concretizzato nei vari settori della filiera e viene maggiormente rilevato nel settore primario: tra il 2000 ed il 2014 la superficie agraria registrata in biologico è passata da poco più di 10.000 ettari a 120.865 ettari. Il 45% dei prodotti biologici è commercializzato in Catalogna e il 20% nel resto della Spagna.
Produzione biologica e di qualità: questioni di lotta
“…tenías que tener 2.000, 20.000 mil gallinas, 400 cerdos no eran bastante, no había futuro…” y “resultaba imposible competir con las grandes integradoras … entonces bueno, siempre abajo, siempre abajo”.(Elaborador/Distribuidor Moianès)
Nelle esperienze territoriali presenti nel Moianès, la rilocalizzazione della produzione e la decisione di optare per una produzione di tipo biologico nasce da differenti motivazioni.
Una delle ragioni è strutturale, legata alla piccola dimensione delle aziende. Si sostiene inoltre che l’agricoltura biologica risulti l’unica opzione che possa garantire la preservazione dell’ambiente e del territorio. Per taluni produttori il biologico soddisfa la necessità di creare un preciso spazio nel mercato che non li obblighi a competere con la grande distribuzione. Per altri la decisione di affrontare un processo di conversione biologica emerge da un sentimento di fiducia nel modello convenzionale sostenuta da esperienze dirette e indirette (indebitamento di molti produttori della zona; lunghi canali di commercializzazione, svalutazione del prodotto e del lavoro; effetti negativi dei prodotti chimici su suolo e persone..).
Altri ancora mantengono la diversificazione e le rotazioni come processo legato all’agricoltura tradizionale, pur introducendo elementi di innovazione nelle fasi di trasformazione e produzione. Il sistema di commercializzazione dei prodotti biologici del Moianès è gestito in maniera indipendente da alcuni produttori, da altri viene affidato alle aziende che lavorano nel campo della distribuzione dei prodotti biologici. Gran parte della commercializzazione esclude come soggetti di vendita i supermercati e gli ipermercati, sia per i produttori che per i distributori biologici. Tale scelta si basa su ragioni ideologiche legate al controverso ruolo della grande distribuzione nella progressiva scomparsa dei piccoli produttori locali e su motivazioni economiche che vedono i produttori locali trarre maggior beneficio dalla creazione di canali alternativi e indipendenti dal sistema degli intermediari.
Le aziende sono caratterizzate da strutture che crescono progressivamente nel tempo e sono in grado di effettuare investimenti in linea con la capacità economica, la gestione e il tipo di produzione, senza fare affidamento su finanziamenti pubblici, i quali sono limitati o inesistenti. Un complesso sistema di imprese costituisce un rilevante sistema di filiera, una agglomerazione produttiva di tipo distrettuale, che più che per le caratteristiche spaziali di produzione, emerge per un complesso sistema di valori ed un intenso reticolo di relazioni che contribuiscono alla costruzione del territorio.
Tra le diverse esperienze nel Moianès legate alla costruzione di processi locali di produzione e relazioni, emerge il caso di Bonapasta: pasta biologica prodotta nel territorio attraverso un progetto che coinvolge tre aziende locali che hanno deciso di collaborare per garantire un ciclo produttivo chiuso. I produttori sono principalmente tre: Biobastona azienda zootecnia biologica che coltiva il farro, Natureco azienda distributrice di prodotti biologici che commercializza la pasta e trasforma la farina di farro e La Moianesa, impresa di pasta locale nata nel territorio alla fine XIX secolo. La distribuzione della pasta interessa negozi specializzati e ristorazione principalmente catalani.
Costruzione del territorio e politiche pubbliche
Nel mese di Aprile 2015, dopo un processo durato più di 10 anni il Moianès è passata dallo status di comarca natural (subregione riconosciuta per attributi di tipo geomorfologici, demografici e storico) ad essere riconosciuta dalla regione autonoma della Catologna come comarca administrativa, acquisendo la capacità di gestire finanze e servizi territoriali. La proposta di riconoscimento amministrativo è stata messa al voto attraverso un referendum promosso dalla regione, che ha chiesto agli abitanti del Moianès di esprimersi sulla volontà di dotarsi di tale autonomia. Un processo politico da evidenziare perché in assoluta controtendenza rispetto alle attuali dinamiche di smantellamento progressivo del decentramento e di limitazione delle autonomie locali e raggiunto attraverso un importante impegno sinergico sociale e politico nel territorio.
Questo processo, avviato nei primi anni del 2000, ha prodotto dalla sua nascita la costituzione di organizzazioni locali fondamentali per sopperire alle difficoltà derivate dalla distanza tra la zona rurale e le istituzioni centrali, che sarebbero state smantellate se il referendum avesse avuto esito negativo. Queste organizzazioni hanno avuto come ruolo la somministrazione di servizi ai cittadini e alle piccole imprese, nonché l’elaborazione di ricerche approfondite per ricostruire tutte le informazioni necessarie sulla struttura socio-economica esistente al fine di stabilire gli obiettivi della programmazione.
Centrale è stato il ruolo svolto dal Consorci del Moianès, un’agenzia territoriale il cui obiettivo è stato quello di sostenere il rilancio del territorio attraverso la ricerca e la realizzazione di progetti locali. Il Consorzio ha creato un processo partecipativo permanente “Come vogliamo il Moianès domani” che è iniziato nel 2005 ha coinvolto l’intera comunità. Il processo nasce a seguito di azioni importanti quali la mappatura delle risorse culturali, storiche e turistiche del territorio, la creazione dell’Ecomuseo e la stesura del “Piano di azione partecipativo per lo sviluppo economico e sociale del Moianès”, che partiva proprio dalla rilevazione dei processi di rilocalizzazione delle produzioni e dalla necessità della valorizzazione ed accompagnamento di tali dinamiche. In questo contesto, l’analisi del settore agricolo ha rappresentato l’origine di una riflessione più ampia sulla conservazione e rivitalizzazione del territorio in un quadro di sviluppo rurale integrato, tenendo conto della conservazione dell’ambiente.
Il sistema sperimentato dall’unione dei comuni del Moianès, propone un modello di servizi basati sulle economie di scala, sulla razionalizzazione della spesa pubblica dei comuni diretta al risparmio ma in funzione della preservazione, ottimizzazione e aumento dei fondi locali diretti ai servizi del territorio e ai cittadini, superando i limiti dei tagli imposti dal governo centrale alla spesa pubblica, alle sovvenzioni.
Riflessione, azione, partecipazione
Le aziende hanno deciso di investire nella piccola produzione locale di qualità artigianale, come mezzo per riprendere il controllo sul ciclo produttivo. L’elemento chiave di questa riflessione non voleva essere dunque esclusivamente il cambiamento di paradigma dalla produzione convenzionale alla produzione biologica, ma anche una riflessione più ampia sulle ragioni che l’hanno prodotto: la rilocalizzazione della produzione, le transizioni ecologiche, sociali e politico-amministrative in un territorio in cui la cura e la conservazione dell’ambiente, le scelte legate al rimanere o al ritornare nel territorio, hanno rappresentato la base per le politiche pubbliche e per l’impegno del tessuto economico locale. Molte delle parole e dei discorsi raccolti in questo territorio catalano, sono comuni a produttori ed abitanti di altre zone rurali europee.
La presentazione di alcune esperienze può apportare stimoli alla riflessione, al dibattito e al confronto, tenendo sempre in considerazione la necessità di superare la credenza che ha appassionato le politiche pubbliche per decenni, ovvero la fattibilità dell’applicabilità e replicabilità dei “modelli di sviluppo”.
Le sfide che si presentano sono diverse ed importanti, alcune di esse possono essere sintetizzate attraverso i seguenti concetti: restituire ai produttori un ruolo chiave all’interno della revisione di un complesso sistema agroalimentare; rivalutare il ruolo dei territori come spazi non solo di produzione ma anche spazio di dinamiche e relazioni tra diversi soggetti; mutare le esternalità negative e gli effetti indesiderati della degradazione ambientale; attribuire al Cibo una funzione che racchiuda il complesso di variabili sociali, ecologiche, economiche, riportandolo al centro del dibattito politico come necessario oggetto di programmazione.
Considerare tutte le variabili del ciclo del Cibo, dalla produzione al suo riciclo richiede uno sforzo di dialogo tra differenti soggetti. La produzione, l’agire individuale e collettivo, i processi di innovazione, le politiche pubbliche, possono trovare la loro validità solamente se considerate nella loro interezza e nella loro diretta interrelazione.
Bibliografia
CAPORAL, Francisco (1998). La Extensión Agraria del Sector Público ante los Desafíos del Desarrollo Sostenible: El Caso de Rio Grande do Sul, Brasil. Tesis de Doctorado, Universidad de Cordoba.
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http://www.ccpae.org/
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