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Su Filindeu

, pasta tipica sarda, sbarca alla BBC. É Eliot Stein, giornalista e scrittore statunitense, a recarsi a Nuoro per intervistare l’ultima depositaria di questa antica arte e far conoscere a tutto il mondo una delle tante, ma sicuramente la più complessa, eccellenza culinaria sarda.

“Lontano dalle sue spiagge cerulee, il roccioso interno della Sardegna è un labirinto di profonde fenditure e massicci impenetrabili che proteggono alcune delle tradizioni più antiche d’Europa”, così inizia il racconto di Stein, che ci porta in una Nuoro i cui monti attorno hanno contribuito a tenere salde alcune tradizioni, come, appunto, quella del Filindeu.

 

 

É qui che Paola Abraini, 62 anni, ogni giorno si alza alle 7 per preparare la “pasta più rara d’Italia”. Oltre a lei, le altre artigiane che sono in grado di prepararla secondo quanto dettato dalla tradizione, sono la nipote e la cognata della Abraini, seguendo una sorta di linea ereditaria familiare. Anche se nessuno ricorda l’origine del Filindeu, la tradizione si è tenuta nella famiglia per oltre 300 anni (1).

Uno dei massimi esperti di gastronomia sarda, Giovanni Fancello, riconosce che le origini della pasta italiana siano dubbie. C’è chi dice che sia araba, portata in Sicilia dopo la sua conquista. Altri ritengono, invece, che provenga dalla Cina e che sia arrivata in Italia per mano di Marco Polo. Un’altra scuola di pensiero vuole invece che essa sia l’evoluzione della laganon greca (impasto di acqua e farina tagliato a fette). Anche le origini de Su Filindeu nuorese sono controverse. Alcuni gastronomi sardi interpretano anche il nome in maniera diversa: o “capelli di Dio” o “capelli d’angelo”. In realtà Filindeu dovrebbe provenire dall’arabo “fidaws”, parola che, evolvendosi nella penisola di conquista islamica, quella iberica, è venuta a significare “capello” (2).

Sempre Fancello, spiega ancora che per quanto riguarda il metodo di preparazione, si ritrovano similitudini sia con la Cina che con l’antica Roma. La pasta deve essere e può essere fatta esclusivamente a mano. E non esiste un segreto particolare, se non, come rivela l’Abraini a Stein, “le sue mani”. Si ottiene da un impasto di semola di grano duro, acqua e sale, che, fatto a filone, viene stirato a mano, come con gli spaghettini di riso cinesi, finché non assume le sembianze di un tessuto a trame sottili, intrecciate e trasparenti. Potrebbe sembrare un procedimento semplice, ma in realtà l’impasto deve avere una giusta consistenza che si ottiene dopo tanto lavoro e attingendo a varie tecniche per renderlo più o meno elastico a seconda delle esigenze. Viene poi posto su ripiani rotondi di asfodelo e fatto asciugare al sole.

Stein racconta ancora nel suo articolo per la BBC travel che la preparazione de Su Filindeu è talmente difficile e richiede così tanto tempo che che per oltre 200 anni il “piatto sacro” fu servito solo ai fedeli che compivano a piedi o a cavallo il pellegrinaggio da Nuoro a Lula per la festa di San Francesco. Ancora oggi, infatti, si dice che “non esiste la festa senza Filindeu”, che viene preparato in grandi quantità per l’occasione.

 

 

Non solo un cibo, ma un rito sacro e una tecnica di preparazione che può richiedere anni prima di essere imparata. Su Filindeu racchiude storia e identità di un popolo, ma anche un’arte manuale antica, che, mette in evidenza Stein, si rischia di perdere. Oltre a Paola Abraini, come spiegato sopra, sono solo due le altre persone che la sanno preparare. La titolare della tradizione di famiglia, non avendo altri familiari a cui trasferirla, ha aperto la sua casa ad altre ragazze di Nuoro e dintorni, affinché imparassero come preparare Su Filindeu. Molte di loro non sono più tornate per la difficoltà riscontrata. Così la Abraini, non solo è stata a Roma per far effettuare le riprese delle fasi di preparazione alla rivista Gambero Rosso, ma ha anche iniziato a preparare la pasta speciale per tre ristoranti della città di Nuoro.

Su Filindeu, una volta cotto, si presenta come una sorta di minestra. La pasta viene bollita in brodo di pecora, poi condito con formaggio fresco acidulo. Una delizia per il palato delle persone di tutto il mondo che, oggi, a Nuoro possono assaporarlo anche in ristorante, certi che sia preparato secondo tradizione. I Capelli di Dio, tuttavia, sono ancora più buoni per un sardo che sa che nella sua terra esiste un’arte antica e unica che nessuna macchina è mai riuscita a riprodurre e che porta con se il sapore unico della sapienza culinaria di Sardegna.

Daniela Melis

1 Eliot Stein, The secret behind Italy’s rarest pasta, www.bbc.com/travel

2 Filindeu di Nuoro, www.taccuinistorici.it

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