L’economia è diventato argomento di discussione necessaria, prima che utile, a capire la realtà che ci circonda. Anche la cultura deve misurarsi con l’economia, e viceversa, la scienza economica ha bisogno di un supporto ideale: ha bisogno di rivolgersi di nuovo all’uomo. Sembra siano tornati i tempi in cui l’economia si progettava sulle esigenze e speranze della società. Nascono e si espandono teorie economiche, modelli strutturati sui cambiamenti sociali, anzi che anticipano i futuri cambiamenti. Per creare una nuova società servono modelli economici nuovi, questo è un assioma condiviso universalmente. Da chi arrivi prima lo stimolo al cambiamento non è dato scoprirlo in questo articolo, di sicuro da parte della redazione di Sviluppo felice, c’è la consapevolezza di portare avanti un discorso importante, che tenga conto della realtà in cui viviamo senza eliminare tutto l’esistente o inventare mondi solo teorici. Tener conto che il capitalismo, così come lo hanno insegnato nelle università, e come lo abbiamo vissuto fino ad oggi, si prepara a cambiare per sempre.
Abbiamo intervistato Gianluca Palma insieme alla redazione di Sviluppo felice
Raccontaci come è partita questa iniziativa, e come volete procedere con il progetto Sviluppo felice.
È nata dall’insoddisfazione per le risposte attuali alla crisi epocale che stiamo vivendo. Sembrano tutte incomplete, anche le più approfondite. Pensiamo di aggregare, sia come lettori sia come collaboratori, persone abituate a riflettere sui problemi sociali, e non a schierarsi soltanto.
Vi proponete come alternativa alla moda della decrescita felice. Il vostro pensiero affonda le radici sull’esigenza reale di uguaglianza sociale?
Sì, sebbene non pensiamo ad un’eguaglianza assoluta. La crescente disuguaglianza è connessa con la crisi, in particolare con la finanziarizzazione dell’economia mondiale e l’indebolimento del controllo statale. La decrescita felice ci sembra una risposta velleitaria al bisogno di maggiore uguaglianza.
Quali sono i difetti dell’attuale mercato, dell’attuale funzionamento dell’economia italiana? (ci limitiamo alla zona mediterranea).
A dispetto delle illusioni dei neo-liberisti l’attuale mercato crea ingiustizie e inefficienze crescenti proprio perché è troppo lasciato a se stesso. Nei paesi del sud Europa ci sono tradizionali posizioni di privilegio e di rendita – in pratica, di minoranze ricche che si appropriano della maggior parte della ricchezza – che impediscono la concorrenza e fanno ristagnare la produzione, distruggendo gli stimoli al cambiamento.
Diversificare i consumi è una pratica che possono fare tutti o i costi sono sopportabili solo da una parte della popolazione? Si sa che in questo periodo i consumi principali sono rivolti alle merci di bassa qualità, si eliminano sempre più i servizi (salute, prevenzione, sicurezza) a favore del risparmio.
Innanzitutto, attualmente è possibile diversificare i consumi solo se lo Stato dà un forte incoraggiamento a nuovi investimenti produttivi privati. La maggior parte dei costi può essere pagata dal mercato, con titoli di credito garantiti da istituzioni pubbliche, ma finalizzati – questa è la differenza – all’attuazione di precisi progetti produttivi. Questi progetti devono produrre beni che soddisfino bisogni attualmente insoddisfatti e che i cittadini o gli operatori sono disposti a pagare in sostituzione di beni ripetitivi e inutili (es. progetti per il risanamento idrogeologico, piano per il turismo, risanamento urbanistico, protezione delle fasce sociali più deboli, ecc.).
Cos’è per te lo sviluppo? Lo spieghi molto bene nel tuo articolo, un punto di vista alternativo al consumo di massa, un cambiamento di mentalità e comportamenti più etici, a difesa dell’ambiente e sostenibili. Lo sviluppo mediterraneo ha un ritmo e un carattere estremamente diverso da quello nord europeo o nord americano. “Il sud viaggia ad un’altra velocità, ma non dobbiamo stare ad inseguire un modello che non è il nostro”, così spiegava ne “Il pensiero meridiano” il sociologo Franco Cassano, che anticipa se vogliamo il vostro pensiero.
Da una parte ci sono costanti abbastanza consolidate e individuate, che sono comuni a tutti i processi di sviluppo. Dall’altra è vero che ogni caso storico di sviluppo ha le sue particolarità, anche rilevanti. Lo sviluppo del sud Europa (quello dell’Africa e dell’Asia mediterranee comporta problemi diversi) oggi dovrebbe caratterizzarsi, non più per una industrializzazione intensiva (che trova costi più bassi nei paesi emergenti), ma per un potenziamento dei prodotti immateriali, dell’istruzione, dei servizi alla persona, del turismo.
Quale “sviluppo immagini per la zona euromediterranea, tenendo conto delle teorie dello Sviluppo felice?
Proprio la diversità nelle condizioni di partenza – culturali, economiche, politiche – può essere un potente fattore di sviluppo per tutti i paesi mediterranei, se si intensifica lo scambio di esperienze e di collaborazione. Questo, soprattutto nell’istruzione, nella cultura, nei progetti di grandi infrastrutture comuni. Oltre allo scambio di esperienze tra piccole comunità. Ci sono inoltre grandi progetti comuni di sviluppo; ad es. i trasporti trans-mediterranei; le reti internet; o l’enorme impresa del progressivo disinquinamento del Mediterraneo.