Tattoo Convention
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Sono tanti i motivi per cui si può decidere di tatuarsi: ragioni puramente estetiche, la voglia di imprimere un momento particolare della vita sulla propria pelle, il desiderio di condividere un’immagine o una citazione con un’altra persona. Quella di tatuarsi, inoltre, non è più una pratica così rara in Italia: secondo un’indagine dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) riportata in un articolo di Sky TG24, il 12,8% della popolazione italiana, pari a circa 7 milioni di persone, ha almeno un tatuaggio. I tatuaggi, però, non sono sempre stati ben visti nel nostro Paese, né hanno sempre avuto lo stesso significato. Come sono giudicati oggi e come lo erano in passato?

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FONTE: Pixabay.com

Il tatuaggio oggi: non più qualcosa da nascondere

I tatuaggi, oggi, non sono certo da considerarsi un tabù come lo sono stati per molto tempo. A dimostrarlo è proprio la realtà che abbiamo intorno: molti personaggi dello spettacolo sono tatuati, così anche come molti eroi ed eroine dei prodotti di intrattenimento. Nel panorama videoludico, ad esempio, come riportato in un articolo di IGN Italia, sono tanti i personaggi completamente o in parte tatuati: una di queste è Faith Connors, protagonista di Mirror’s Edge, che sfoggia un piccolo tatuaggio proprio sotto l’occhio destro oltre a un tattoo più grande sul braccio, novità del sequel/reboot Mirror’s Edge Catalyst. Sempre nel settore dell’intrattenimento, i tatuaggi sono oggi protagonisti anche di alcuni prodotti legati all’industria dell’azzardo, come le slot machine. Una delle slot presenti sulla piattaforma di gioco Betway Casino, Hot Ink, è dedicata proprio al mondo dei tattoo. Tra i suoi simboli principali compaiono un ragazzo e una ragazza tatuati e diversi tipi di tatuaggi legati ai temi della fortuna: un ferro di cavallo, un quadrifoglio, e anche un cuore con le ali. I tattoo, insomma, non sono più certo qualcosa da nascondere, né una sorta di marchio associato solo a una certa categoria di persone. È proprio questo, invece, che erano considerati fino a non molto tempo fa.

Tatuaggi come marchio di appartenenza

FONTE: Pixabay.com

Come anticipato, i tatuaggi non sono sempre stati così comuni o così ben visti dalla società, almeno nel nostro Paese. Fino alla fine dello scorso secolo, infatti, i tattoo sono stati giudicati per lo più come un segno di imbarbarimento e di emarginazione sociale, oltre ad essere spesso associati ai detenuti o alle persone poco raccomandabili in generale. Ad aver contribuito alla diffusione di questa idea furono soprattutto gli scritti di Cesare Lombroso, uno dei pionieri degli studi sulla criminalità. Secondo Lombroso, infatti, erano soprattutto le persone criminali e violente ad avere la tendenza a farsi tatuare, mentre era tipica delle prostitute l’abitudine di tatuarsi un neo sopra le labbra. Sempre per Lombroso, il tatuaggio era poi anche simbolo di ribellione e degenerazione morale: uno strumento, quindi, attraverso il quale mostrare il proprio riavvicinamento al mondo degli animali, a un animo più primitivo e selvatico. Al di là degli scritti di Lombroso, i tatuaggi hanno continuato a rappresentare segni di rabbia e ribellione anche negli anni Sessanta e Settanta, soprattutto in relazione alla cultura hippie e alla tendenza dei biker e dei punk di tatuarsi per comunicare la loro natura poco incline all’omologazione sociale. Nonostante siano passati solo cinquant’anni, l’idea generale nei confronti dei tatuaggi è decisamente cambiata in positivo, come indica anche il numero sempre maggiore di persone che scelgono di farne uno.

Tatuaggi e religione

I tatuaggi sono stati a lungo associati anche a segni strettamente riconducibili alla religione cattolica, soprattutto in Italia. Come si narra nella Bibbia, infatti, Caino (che era un artigiano) venne marchiato da Dio affinché fosse riconosciuto dagli altri e non ucciso, ed è proprio a partire da questa narrazione che nel corso del XVI secolo gli artigiani cominciarono a tatuarsi per avere un segno che li identificasse immediatamente come tali. In Italia, inoltre, i tatuaggi sono stati per molto tempo un segno distintivo dei pellegrini, che erano soliti farsi “marchiare” come prova dell’avvenuto pellegrinaggio. I tatuatori dell’epoca, conosciuti con il nome di marcatori, si trovavano proprio nelle principali sedi di pellegrinaggio, ovvero città come Gerusalemme e Loreto. I tatuaggi potevano essere di vario tipo: chi apparteneva a un ordine religioso ben preciso, ad esempio, era solito tatuarsi il simbolo del proprio ordine, mentre gli altri pellegrini erano soliti optare per simboli più generici, tra i quali il Sacro Cuore di Gesù, il simbolo della città di Loreto, il crocifisso, la dicitura INRI o la Madonna. Al di là di quanto si possa pensare, questa pratica non è poi così lontana nel tempo ma è anzi stata in voga fino allo scorso secolo.

Dietro ai tatuaggi c’è una storia lunga secoli, distante non solo nel tempo ma anche nello spazio. Oggi, nella maggior parte dei casi, i tatuaggi rappresentano una semplice forma d’arte e, per fortuna, sono finalmente privi di qualsiasi connotazione negativa.

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