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La lingua italiana è davvero straordinaria nella moltitudine di espressioni, combinazioni e sfumature che, attraverso i suoi termini, è capace di imprimere al nostro linguaggio. La lingua italiana è straordinariamente bella per il suo essere erudita, romantica, colloquiale, imperativa, colorita, tecnica, arcaica e moderna al tempo stesso a seconda dell’uso che se ne vuol fare, del contesto e dell’interlocutore.

Un patrimonio lessicale che ammonta ad un lemmario compreso tra le 215.000 e le 270.000 voci, voci che sovente restano attonite rinchiuse in quel prezioso scrigno di tesori nascosti, chiamato comunemente vocabolario, e che rende la lingua italiana un viaggio di scoperta, un dono estremamente meraviglioso che ci consente di descrivere il nostro pensiero, i nostri sentimenti ed il nostro stato emotivo, la nostra visone onirica della realtà, la nostra filosofia di vita, i neologismi e le frasi più disparate sino a determinare le espressioni con le quali esponiamo i progetti che vorremmo mandare in porto.

Ecco perché il linguaggio che esprimiamo è un biglietto da visita che, al netto di semiotica e semiologia, dovrebbe costituire sempre una delle più robuste espressioni descrittive dell’individuo e giammai un belletto per celare i propri pensieri, questo perché la parola è di fatto una delle forme più evidenti di traduzione del pensiero… pure perché quando non si ha voglia di esternarli, piuttosto che sottoporsi al poco onorevole sforzo di deformarli, basterebbe tenere la bocca chiusa.

Spesso ed erroneamente ritenuta un ricettacolo di terminologie astruse e desuete, nonché bollata come la cugina sfigata del nostro italico idioma, di cui è inequivocabilmente parte integrante, la lingua marinaresca resta purtroppo appannaggio quasi esclusivo nel costume orale e scritto di quel Popolo che si muove lungo le acque a discapito di una nazione con un periplo costiero di ben 8000 chilometri  e che fino a ieri l’altro, misconoscendone persino i lemmi più comuni, aveva nomea di repubblica marinara.

Potremmo fare tranquillamente degli esempi di lingua italiana ad uso dei naviganti citando parole come alighiero, amantiglio, arridatoio, bastingaggio, battagliola, bovo, cabestano, draglia, gherlino, matafione, pappafico, polaccone, sequaro e terrazzano appunto, ma per non scomodare termini che per qualcuno potrebbero apparire meramente tecnici, anche se in fondo è pur sempre di lingua italiana che si sta parlando, forse sarebbe d’uopo focalizzarci su una parola altrettanto marinara ma assolutamente poliedrica per le numerose interpretazioni a cui si presta:

Appulso, vi piace l’idea?

Esistono diversi significati per appulso che prima di essere caduto in disuso stava per punto cospicuo e vede tutt’oggi come sinonimi spinta, impulso e congiunzione astronomica. In anatomia si parla di appulso del sangue e talvolta l’effetto che le correnti d’aria o la diversa pressione in entrata ed uscita da una galleria vedono questo termine imprestato in frasi d’altri tempi così: l’udito con noja riceve gli appulsi intemperati de’ tremori dell’aria, che senza ordine e senza regola vanno a ferire sul timpano.

Appulso significa anche approdato e, in alcune locuzioni gergali proprie della navigazione astronomica, come si evince dal Trattato di Navigazione esposto in 50 lezioni del 1850 di Gaetano Poderoso appulso trova collocazione in frasi come: “culminazione dell’appulso del suo centro in meridiano” piuttosto che “quanto manca all’appulso del Sole in meridiano”; esso in fondo trova una valenza in “appulso delle onde”, ossia nel massimo sviluppo del moto ondoso, ed è presente in un vecchio dizionario analitico di diritto commerciale, sempre in riferimento ai trasporti marittimi, così come segue: “si intenderà seguito l’appulso ogni qual voltali bastimenti… veleggeranno nella distanza di 5 miglia dal litorale e terranno così una navigazione sospetta…” oppure “sarà permesso l’appulso ai bastimenti carichi di tabacchi destinati a essere scaricati nel porto franco di Genova….

Ma calma e gesso prego! Appulso non è affatto un vocabolo in dismissione perché nella sua più moderna accezione, quando si affronta lo studio della Navigazione Tradizionale, esso sta ad indicare l’istante cronografato di entrata ed uscita dalle basi misurate. Lo trovate nei quaderni marinari di Aldo Nicoli nella relativa materia di studio e nel capitolo sulle basi misurate appunto che, giusto per un rimando, si suddividono nel loro scopo in allineamento di corsa, congiungente di corsa, rotta su segnale di terra e rotta.

L’italiano è una lingua meravigliosa assai, dunque parliamolo e teniamolo vivo nella nostra comunicazione di tutti i giorni senza immaginare che i suoi termini debbano essere contingentati necessariamente ed esclusivamente ad un determinato settore. La lingua italiana è la più alta forma del nostro patrimonio culturale immateriale e tocca a noi difenderlo.

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