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Un lavoro straordinario firmato e interpretato con eleganza da Anthony Mathieu e Simone Venditti, andato in scena il 29 novembre nello spazio T.off di Cagliari.

“I pagliacci muoiono come elefanti” in un’ora racconta un mondo tenero, onirico e dimenticato in cui i due attori/interpreti armeggiano valigie, lampade ed enormi bauli, dimora di sogni e di un mondo fantastico, ma reale e fedele alla “conservazione” storica del clown. Un mondo felliniano, un regno dove tutto è possibile.

Lo spettacolo è una proposta di circumnavigazione dell’essere umano, uno sterminato magazzino di oggetti smarriti e abbandonati, di ipotesi surreali e fantasie, in cui il sognatore è un regista dell’anima. Perciò i due personaggi come fossero sopravvissuti, si muovono in questa storia senza pellicola all’interno di una scrittura di uno dei più geniali manipolatori dell’immaginario.
Si colgono allusioni, nessi e sottintesi e attraverso questi, tutti gli spettatori hanno potuto viaggiare nel mare della bellezza.
Come scriveva Arthur Schnitzler amico di Freud, e abituale annotatore di sogni, “le persone scomparse dopo un pò spaziano liberamente più vive dei vivi nel nostro sonno”. Così in questa raffinata opera teatrale i personaggi appaiono immersi nella loro la quotidianità in cui il gesto e relazione con l’altro, attraverso l’ironia, offre uno spaccato reale in cui spaziano personaggi illuminanti e melanconici.

L’angelo e il clown mostrano un carattere umano fatto di presunte inadeguatezze, autoironia e una serena disperazione. L’umorismo governa la scena, i due fabbricanti di immagini si muovono con leggerezza superando altezze, larghezze, gradini e svariate superfici contenute nella bella scenografia, piccola, ma ricca di segni e di molteplici universi in cui il sogno, il viaggio, la transumanza sono narrati e illustrati.
La danza, il teatro, la manipolazione degli oggetti da luogo ad un nuovo e originale linguaggio non verbale difficile da identificare con un unico termine. Bisognerebbe inventarlo, perché si tratta sicuramente di un terzo linguaggio in cui il corpo la parola non basterebbero a spiegarlo.

Ma lasciamo ai due autori la soluzione usando le loro parole che inducono a pensare alla poesia come unico termine che accoglie il pensiero supremo:

<Un universo meraviglioso regolato da leggi immaginarie dove gli uomini rimangono in cinta, i bambini crescono in un batter d’occhio, i personaggi possono volare, cambiare il propri cuori e parlare con le loro anime. Immagini poetiche aggrappate ad una realtà cruda che ci parla di morte e allo stesso tempo elogia la vita ed i suo innumerevoli sentieri.>

Simonetta Pusceddu

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