Una famiglia perfetta
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Mi chiamo Matthias e sono un bel ragazzo, alto, sportivo, il fisico allenato dalla corsa, sorriso timido su una faccia d’angelo, i modi garbati e formali. Il padre perfetto della famiglia perfetta. Certo in effetti non ho proprio un bellissimo carattere e non ho amici, a parte mio cugino Stephan, che vive anche lui in questo pezzo di Svizzera, che sembra rubato alle favole con le case perfette, le scuole perfette, il panorama perfetto.

Tutto perfetto come la mia famiglia: una moglie che adoro e due splendide figlie. O perlomeno avevo una famiglia perfetta fino a quando mia moglie non decide che si vuole separare. Il matrimonio gli sta stretto, e il rapporto con me pare che non gli basti più, lei vuole di più e io (secondo lei) non sono in grado di accontentarla.
Per me era tutto meraviglioso perché la mia idea del matrimonio e della famiglia felice era questo: una moglie dolce e premurosa, due figlie educate e sensibili e questo era tutto ciò di cui avevo bisogno. Ricordo che da piccolo mentre tutti i ragazzi della mia età si circondavano di poster con i loro miti tipo i Duran Duran, gli Spandau Ballet io avevo una foto di una famiglia appesa nella parete. Si proprio così il mio mito era quello della famiglia felice.
Ma lei… lei voleva di più. Lei amava circondarsi di amici, organizzare cene, andare a ballare e poi c’era questa mania del voler far carriera a tutti i costi, e non solo io e le nostre figlie non le bastavamo ma lei mi contraddiceva di continuo, mai una volta che mi desse retta e questo mi faceva uscire di testa. Che bisogno aveva di amici e conoscenti se c’ero io, io che dovevo essere il suo mondo, io che dovevo essere il suo universo?

Da quando lei mi ha lasciato la mia vita non è più la stessa, non è che stia proprio male, ma è piuttosto come se in me vivessero due persone distinte, ogni tanto sono il Matthias perfetto, il padre premuroso, amorevole altre volte la mia mente inizia a vagare e a programmare un piano per punire mia moglie, responsabile di avere voluto metter fine alla nostra storia d’amore. Lei parla di rapporto malato … in nostro era il più bel rapporto che ci potesse essere, ma si sa come sono le donne, mai contente e sempre alla ricerca di quel di più che dovrebbe farle felici..
E vi assicuro che io so quando una famiglia è felice e quando invece non lo è. Io ci sono passato, la mia si che è stata un un’infanzia infelice. La separazione dai miei e l’allontanamento di mio padre quando ero piccolo … io e i mie fratelli siamo cresciuti senza l’appoggio e la sicurezza di una famiglia unita. Proprio per questo motivo la mia famiglia era tutto per me, per lei evidentemente no, e poi sono io quello malato!

Io e Irina ci siamo conosciuti nel 2004, lavoravamo entrambi in una multinazionale del tabacco. Io, ingegnere, mi occupavo dello sviluppo dei filtri delle sigarette, lei avvocato, era la responsabile dell’area legale. Due ottimi lavori con stipendi da favola, ma lei era molto più ambiziosa, a differenza mia che faticavo ad avere relazioni “normali” anche professionalmente.
Questo un po’ mi pesava, io un ragazzo chiuso, senza amici, con una famiglia d’origine complicata, avevo notevoli difficoltà a instaurare nuovi legami, tanto che per vincere la solitudine mi ero iscritto persino ad un corso di ballo. Oltre a questo inutile negare che mi sentivo sempre un po’ inferiore e non alla sua altezza Ebbene si, volevo essere il capo famiglia ma senza dovermi assumere responsabilità.
Non vi nascondo che era Irina a pensare a tutto, alla casa, alle bambine. Io mi limitavo a giocarci quando ero a casa, ma io le adoravo e questo ve lo potranno confermare tutti qui nel mio paese (oddio forse oggi qualcuno potrebbe nutrire dei dubbi).

Che altro dirvi di me? Ero ordinato, meticoloso, forse un po’ avaro ma niente di che. Con gli estranei ero formale, molto educato, gentile. Ma era solo in famiglia, con Irina, e solo con lei, che veniva fuori quell’altro io, quello che saltava fuori senza che me ne rendessi conto. Era come se un demone si impossessasse di me e bastava una sciocchezza perché io reagissi contro di lei schiacciandola con una violenza psicologica o verbale e facendola sentire inadeguata.
Ma nonostante questi momenti io non sono mai stato violento con lei, mai uno schiaffo, mai una mano alzata, né con lei, né con le mie figlie. Lei riusciva a farmi rivivere frustrazioni e dolori antichi. E poi c’era questa cosa della separazione e per vedere le mie figlie dovevo programmare e chiedere il permesso con giorni e giorni di anticipo. IO volevo l’affidamento esclusivo delle mie gemelline, e lei non era assolutamente disposta a trattare.
Certo era stata conciliante ad esempio nell’andarsene dalla villa sul lago e aveva rinunciato a chiedere un assegno adeguato per evitare storie. Mi permetteva di vedere le bambine, alcune volte, anche oltre gli accordi di separazione, tanto che a Natale ero riuscito a portarle per ben 3 settimane in vacanza alle Antille.

Ma a me tutto questo non mi bastava. Non potevo accettare di perdere quella famiglia perfetta che Irina mi aveva regalato, piena di calore e di amici, quella che mi era stata negata nell’infanzia e che ora mi meritavo. Non so più quante volte ho insistito nel voler tornare con lei. Nella mia ultima cartolina le ho anche scritto che non potevo vivere senza di lei.
E lei? Lei cosa ha fatto? Mi chiede il divorzio e per giunta con una squallida e fredda mail… Non ci ho visto più, è stato come l’esplosione di una bomba, ma poi tutto è stato chiaro nella mia mente. Dovevo farla soffrire così come lei aveva fatto con me, e le bimbe non sarebbero state più di nessuno e con nessuno.. questa si che sarebbe stata giustizia divina.

Ora che sono morto pure io, si mi sono buttato sotto un treno ormai non avevo più nulla da fare in quel vostro mondo, le cose le vedo con un distacco maggiore. No, non sono pentito di quello che ho fatto e lo rifarei ancora, c’è solo una cosa che non capisco: alcuni continuano a sostenere che la colpa è di Medea. E io ve lo giuro, non ho la più pallida idea di chi sia questa Medea.

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