Non è il solito Chianti scontato e prevedibile ma sicuramente un’espressione territoriale di tutto rispetto quella che Saverio Basagni, viticultore biologico, interpreta a Monterotondo col suo lavoro certosino.L’attività vitivinicola di questa cantina nasce nel 1959 per volere del nonno di Saverio, resta una delle attività di suo padre che ne conferisce le uve fino al 1994, anno in cui Saverio e sua moglie Fabiana ne fanno la loro passione, producendo anche olio e dando ospitalità e buona gastronomia con l’agriturismo; 3,5 ettari di vigneto nel cuore del Chianti Classico su terreni ciottolosi di origine arenaria, situati ad un’altitudine di 574 metri sul livello del mare e microclima caratterizzato da forti escursioni termiche. In conversione biologica dal 2000 la cantina ubicata sul punto più alto di Monterotondo ottiene la certificazione del 2003, lavorando alacremente per il costante miglioramento ed il rispetto del terroir.
L’annata 2012 del Vaggiolata è l’inizio di un nuovo percorso che vede macerazioni più profonde, vinificazione ed affinamento in legno più prolungate per dare al bevitore l’idea immediata del potenziale senza rinunciare all’espressività territoriale.
Coupage di Sangiovese all’85%, di Canaiolo al 10% e per la restante quota di Malvasia Nera, il Chianti Classico Vaggiolata si presenta di un bellissimo colore rosso granato, caldo e avvolgente, con unghia tendente all’aranciato e consistente ricchezza. Lampone, mora in confettura e ciliegia sotto spirito si fanno strada quasi uniformemente, poi la viola appassita, seguono zest di arancia disidratata, terra umida e cuoio ed una nota balsamica che veicola alloro essiccato, radice di liquirizia e spezie dolci. La natura complessa di questo vino si rivela in bocca nella percezione della vaniglia, sintomo di un uso millimetrato e per niente invasivo del legno, la riconferma delle sensazioni di frutta a polpa rossa e note di tabacco, tè nero e geranio che estendono la persistenza aromatica intensa di diverse lunghezze entro cui tannino e sapidità tengono testa l’uno all’altro, una percettibilmente buona acidità ed un desueto retrogusto di banana come in un vibrante beaujolais ma con tutta la complessità e la struttura dei vini materici. Ossobuco alla fiorentina coi porcini.