Stefano Saletti
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Il nostro viaggio attraverso i percorsi musicali del Mediterraneo nella fase di ripartenza delle attività artistiche dopo il lockdown, fa tappa a Roma. Abbiamo incontrato Stefano Saletti, polistrumentista, autore e produttore discografico, che da anni si occupa dello studio e della diffusione della musica mediterranea. Il musicista, dopo la lunga battuta d’arresto delle sue attività artistiche, ci racconta degli slanci e delle difficoltà della rinascita musicale dopo la pandemia.

“Sono rimasto bloccato poco dopo la messa in scena di uno spettacolo ad Algeri – ci racconta Saletti – “Il canto libero delle stelle Mediterranee”, un reading musicale tratto dall’omonimo libro della scrittrice Francesca Bellino, recitato dalla stessa autrice e musicato da me all’oud e al bouzuki, e dalla cantante Barbara Eramo con musiche della tradizione araba e siciliana. Un progetto incentrato sulla vocalità femminile ma anche sulla condizione femminile fra le due sponde del Mediterraneo”.

Si tratta di una storia ambientata tra Italia e Tunisia agli albori della “Primavera araba”, che mette in relazione alcune fra le più importanti cantanti del mondo arabo-mediterraneo, dalla diva egiziana Uhm Kalthum, alla principessa drusa Asmàhan, dalla cantante tunisina di origine berbera Saliha, alla siciliana Rosa Balistreri, simbolo della condizione femminile nel dopoguerra in Italia, fino alla star libanese Fairuz: tutte artiste che sono riuscite a emanciparsi da una condizione di subordinazione in contesti maschilisti e patriarcali, levando la loro voce in Paesi nei quali era proibito per le donne cantare in pubblico. “Lo spettacolo si è tenuto il 10 marzo – continua il musicista – dopo di che siamo tornati in Italia che è stata blindata per due mesi e mezzo. Ho perso 22 concerti, da marzo a giugno, ma a breve si ripartirà in grande”.

L’artista parteciperà infatti a un importante evento intitolato “La Notte del Caffè”, che si terrà il 4 agosto presso la Cavea dell’Auditorium Parco della Musica che sarà presto dedicato alla memoria di Ennio Morricone: una festa musicale che ripercorre le rotte degli antichi viaggiatori attraverso il Mediterraneo. Saranno sul palco insieme a Saletti e ai musicisti della Banda Ikona, anche Nando Citarella e i Tamburi del Vesuvio e Pejman Tadayon col Sufi Ensemble.

“Saremo 22 musicisti sul palco – continua Stefano Saletti – a celebrare la ripartenza all’insegna dello scambio e della condivisione. Il progetto nasce dall’esperienza comune del “Caffè Loti”, ispirato all’antico Caffè letterario di Istanbul dedicato a Pierre Loti, dove i viaggiatori provenienti da vari Paesi si fermavano a conversare e confrontare le loro esperienze, creando un ponte culturale fra Europa e Asia. Allo stesso modo il nostro progetto musicale, incentrato sulla ricerca della musica popolare mediterranea e dell’est, crea un canale di comunicazione fra passato e presente, tra tradizione occidentale e orientale, mescolando insieme suggestioni colte e popolari”.

Nella Notte del Caffè i musicisti interagiranno musicalmente scambiandosi le loro tradizioni musicali di provenienza in un progetto originale in cui, oltre a composizioni originali, saranno presentati brani della tradizione sefardita spagnola, cantighe medievali, brani di musica persiana classica, madrigali, tarantelle, ballate popolari, alternando strumenti come il boukuzi greco, il saz, il setar e l’oud, oltre alle percussioni della tradizione partenopea. Ogni cantante canterà nella lingua dell’altro, e tutti canteranno in sabir, l’antichissima lingua franca dei marinai dei porti del Mediterraneo.

Saletti ci racconta anche dei tanti progetti a cui avrebbe dovuto prendere parte, e che si sono invece dovuti fermare, come il Festival “Sete Sóis Sete Luas”, una realtà internazionale che esalta la musica e l’arte come strumenti di dialogo e di pace fra le nazioni e che, a partire dallo scambio culturale e musicale tra Italia e Portogallo, ha visto, nel corso di oltre vent’anni di attività, l’adesione di nuovi Paesi dell’area mediterranea: Grecia, Spagna, Capo Verde, Francia, Marocco, Israele, Croazia, Brasile, Romania, Slovenia e Tunisia.

“Ho iniziato la collaborazione con il Festival “Sete Sóis Sete Luas” nel 2008 – racconta Saletti – dirigendo la 7 Sóis Orkestra, e poi nel 2010 l’ensemble Les Voix du 7 Sois e nel 2019 la Med Arab Jewish 7 Sóis Orkestra, tre formazioni che hanno visto la collaborazione di musicisti da diversi Paesi del Meditteraneo come Jamal Ouassini, proveniente dal Marocco e Eyal Sela da Israle: era bello il fatto che stessero insieme sul palco un israeliano e un arabo. E ancora la cantante di fado portoghese Margarida Guerreiro, Mario Rivera, bassista siciliano degli Agricantus e della Banda Ikona, il percussionista calabrese Massimo Cusato, Miguel Angel “El Rubio” Ramos, ballerino di flamenco spagnolo e la cantante marocchina Soukaina Fasi e tanti altri ancora.

Tutti insieme sul palco a proporre un affascinante percorso che dal fado portoghese arriva alla bulerías spagnola, dalle melodie arabo-andaluse ai ritmi del sud Italia, dai temi sefarditi al canto in sabir, a raccontare in musica l’incontro tra Oriente e Occidente attraverso uno scambio proficuo fra tradizioni e culture diverse. Con queste formazioni abbiamo fatto lunghe tournée durate anni toccando circa 30 città del Mediterraneo in Croazia, Slovenia, Portogallo, Francia, Italia, concludendo l’anno scorso nell’isola della Réunion in Africa del sud. Una lunga carovana artistica che quest’anno si è dovuta fermare perché non tutti i Paesi hanno riaperto le frontiere alle stesse condizioni, anche perché si tratta di tournée che si programmano con molti mesi di anticipo. Al momento siamo sospesi in attesa dello sviluppo degli eventi”.

Riguardo alla nostra domanda sulle risposte governative alle richieste dei musicisti Saletti è cautamente ottimista. “Nonostante la confusione iniziale – ci spiega – il governo ha avuto una reazione lenta ma abbastanza efficace in relazione agli aiuti economici. Il problema è che i musicisti rappresentano una categoria molto composita, che spesso manifesta delle lacune nella consapevolezza dei propri diritti e doveri, per cui è successo che quando il governo ha distribuito, nel Decreto Rilancio, il bonus da 600 euro, anche quando il requisito per richiedere il bonus è passato da 30 giornate contributive a 7 per il 2019, molti musicisti si sono resi conto di non aver accumulato, per vari motivi, questi contributi, pur essendo in molti casi grandi professionisti.

“Il nostro lavoro – continua – è poi molto vario, e può succedere che i contributi per un anno non vengano versati perché si sta lavorando a un disco o perché, come nel mio caso, ho fatto molti concerti all’estero, che non rientrano nei contributi ex Enpals. Per questo è necessario avvalersi anche del supporto delle Collecting private [Società private di gestione collettiva dei diritti d’autore, ndr] che gestiscono i cosiddetti “diritti connessi”, ossia i diritti di esecuzione su disco, come il “Nuovo IMAIE” o “ItsRight”, che durante la crisi hanno dato un sostegno importante ai musicisti, erogando somme dignitose per chi abbia dovuto rinunciare ai concerti in questi ultimi tre mesi”.

Secondo il musicista la crisi potrebbe rappresentare un’opportunità per gli artisti per prendere coscienza del proprio status lavorativo. “Se questa sorta di “Piano Marshall” – commenta l’artista – messo in atto dall’Unione Europea servirà per migliorare i trasporti, la scuola, la sanità, la cultura, il mondo dello spettacolo, e soprattutto a snellire la burorazia, che è un problema asfissiante in questo Paese, se pensiamo solo ai ritardi per molti lavoratori nel ricevere la cassa integrazione a causa delle farragginose comunicazioni tra le varie Istituzioni, allora potremo dire che la crisi avrà rappresentato un’opportunità di rilancio per il Paese”.

Una categoria tuttavia, quella degli artisti, ancora molto frammentata, secondo l’artista, e che solo di recente grazie alle Associazioni che fungono da tramite tra i musicisti e le Istituzioni, come Note Legali o altre union di tutela della professione artistica che si stanno consorziando, cerca di assumere una voce univoca per confrontarsi col governo.

“E’ importante uscire da una fase che definisco un po’ naïf – spiega Saletti – in cui si svolge la professione del musicista in maniera borderline, senza una chiara coscienza di categoria, non sempre avendo l’abitudine di versare regolarmente i contributi. Oltre al fatto che sino ad ora l’atteggiamento dei musicisti italiani è stato, come mi piace definirlo ironicamente, un po’ “anarco-individualista”, badando di più al proprio ego, a volte ipertrofico, che all’interesse comune. Questo mondo è caratterizzato da un’altissima evasione contributiva – aggiunge – eppure l’intero sistema sarebbe autosufficiente dal punto di vista economico se già solo tutti versassero i contributi, senza gravare sulle casse dello Stato. Al momento moltissimi musicisti esercitano la loro professione privi di garanzie e tutele. Occorre sfatare il pregiudizio che il musicista sia una sorta di “dopolavorista”; la maggior parte di noi tra attività di insegnamento, concerti, laboratori, workshop, organizzazione di eventi culturali, rappresenta una piccola impresa culturale che è necessario valorizzare e tutelare. Non vorremmo, insomma, più sentirci chiedere: “Sei un musicista, ma di mestiere che fai?”.


Un universo multiforme e differenziato, a partire dalla grande spartizione tra dilettanti e professionisti, ma in grado di movimentare, in ogni sua espressione, dal concertismo di alto livello al piano bar, un’intera filiera produttiva.

“Spero inoltre – continua il musicista – che questo fermento recente, sviluppatosi con la crisi generata dalla pandemia, induca lo Stato a prendere coscienza del fatto che gli artisti contribuiscono al Pil nazionale per il 16,5% e che quindi rappresenta una categoria altamente produttiva. Ma questo non basta per risollevare il comparto, a causa del forte indebitamento pubblico; occorre che anche gli imprenditori privati si accorgano che la musica è una fonte di reddito importante e investano anche nelle produzioni musicali. Bisogna pungolare il mercato anche attraverso progetti ibridi che ad esempio abbinino la tradizione musicale a quella culinaria. Io ho dato vita in Calabria al progetto Food’n Sound, dove si eseguono musiche del Mediterraneo seguite da cene a tema in cui il team di cuochi di Daniele e Nicola Marzocchi propone del cibo mediterraneo, un binomio che funziona perfettamente”.

Il musicista ci parla infine dei progetti che non potranno ripartire dopo il lockdown, e che saranno proposti in altra forma.

“Sono direttore artistico del Festival Popolare Italiano che si svolge nel Teatro di Villa Pamphilj. L’edizione di quest’anno doveva partire il 25 aprile, ma non si è potuta tenere, allora ho ideato insieme alla direttrice del Teatro Veronica Olmi, i “Dialoghi Mediterranei”: un ciclo di 7 appuntamenti online nei quali i musicisti che si sarebbero dovuti esibire o che si erano esibiti nelle precedenti edizioni del Festival, come Luigi Cinque, Lucilla Galeazzi, Riccardo Tesi, Gabriele Coen, Jamal Ouassini, Gabriella Aiello e io stesso, hanno fatto delle dissertazioni musicali, e alcuni di loro hanno anche suonato dei brani da casa”.

Saletti è tuttavia scettico riguardo alla possibilità che lo streaming possa costituire in futuro un’alternativa valida alla musica dal vivo.

“Nonostante la platea della musica online possa essere ampliata a dismisura – argomenta – l’impatto del live rimane insostituibile, perché la musica è fatta di sensazioni, di odori, di sguardi, di abbracci, senza contare che l’interazione col pubblico può condizionare l’esecuzione in un continuo scambio di emozioni. Solo a patto di una produzione di livello tecnico di qualità molto elevata, ipotizzo che le due realtà in futuro potrebbero viaggiare parallelamente”.

Saletti, nelle molteplici esperienze che lo vedono impegnato in qualità di direttore artistico, si considera danneggiato dalla crisi, in quanto molti dei suoi progetti questa estate non potranno ripartire.

“Da qualche anno dirigo il Festival “Suoni nel mare”, che si svolge nella suggestiva Fortezza medicea nel porto di Livorno: uno spazio ideale per la tradizione di apertura e multietnicità della città toscana, inteso come luogo di incontro delle musiche e delle culture del Mediterraneo. Quest’anno subirà uno stop, così come un altro progetto che mi sta a cuore, legato al Caffè Loti, che porto avanti insieme a Nando Citarella e a Pejman Tadayon, e che si sarebbe dovuto svolgere nello Sferisterio di Macerata a settembre: la rilettura in chiave popolare dei Carmina Burana di Orff, con l’intento di ricondurre alle origini lo spirito di mosaico multilingue e multiculturale che animava le storie narrate nel Codex buranus, che prese successivamente il nome di Carmina Burana, e che ne vuole far riemergere tutta la forza espressiva e la profonda anima di canti del popolo. E’ evidente che un progetto che richiede un ensemble di 150 elementi sul palco al momento è impossibile, a causa delle attuali regole di distanziamento sociale: per questo abbiamo dovuto rinunciare anche a realizzarlo d’estate al Teatro Romano di Verona, ma per l’autunno non smettiamo di sperare”.

Una speranza legata anche all’attività didattica, che accomuna moltissimi musicisti che negli ultimi mesi hanno dovuto trasferire i loro corsi nelle piattaforme online.

“Ho dovuto svolgere il mio laboratorio di canti e musiche del Mediterraneo, insieme alla cantante Barbara Eramo, su Zoom, ma è stato estremamente penalizzante in quanto non è possibile per i musicisti suonare insieme su Internet, a causa dei tempi di latenza del suono. Ciò che mi auguro è che, se l’emergenza sanitaria si protrarrà a lungo, vengano potenziati o creati nuovi spazi più idonei per la musica, per non rischiare di snaturarne il significato sociale. La musica, dal punto di vista fisico, è fatta di frequenze che fanno muovere l’aria e comunicano delle sensazioni che richiedono una comunicazione diretta tra gli esecutori e il pubblico, guardarsi negli occhi, sentire il respiro: tutte cose che a distanza non possono essere mediate da alcun mezzo. E poi francamente insegnare da casa il mio bouzuki greco è assolutamente impossibile!”.

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