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Con il retaggio di antica sede vescovile a partire dall’anno 499 d.C. e gli attuali 7300 abitanti, Alife, in provincia di Caserta, fa parte della Comunità Montana del Matese ed è nazionalmente conosciuta come “città della cipolla”, bulbo la cui coltivazione è datata dai tempi della dominazione dell’Antica Roma ed esportato da secoli, costituendo la principale fonte di sostentamento degli alifesi.

Posta ad un’altitudine media di 110 metri dal livello del mare, per quanto la vetta del Monte Acuto arrivi a 1265 metri, Alife è ubicata nell’omonimo pianoro, tra la parte sud-occidentale della regione storica del Sannio e le pendici meridionali del massiccio del Matese; il territorio è attraversato dal medio corso del fiume Volturno e dal fiume Torano, suo affluente, che attraversa il centro storico di questo borgo, la cui estensione complessiva, attorno ai 64 km², lo colloca al terzo posto della provincia, dopo i comuni di Sessa Aurunca e Teano.

Le origini di Alife pare siano osche o sannite: coniava moneta, fu a lungo in lotta con Roma e, durante le Guerre Sannitiche, ne venne distrutta. Per quanto incerto, l’etimo di Alife, con pronuncia sabellica, dovrebbe essere Alpha, anche se su un didramma d’argento del IV secolo a.C. la dicitura osca è grecizzata in Alioha; In greco il nome di Alife veniva reso, per Strabone e Diodoro Siculo, con Ἀλλιφαί, mentre per Tolomeo era Ἄλλιφα e per i romani Allifae, seppur con qualche variante, e menzionata da Silio Italico, Plinio il Giovane, Cicerone e Orazio. Comparso il nome di Alife su diverse pergamene risalenti al Medioevo, pare che la tesi più pertinente verta proprio sul termine greco Elais: con il significato di oliva, l’etimo di Alife farebbe riferimento alla “tonda allifa”, antica varietà olivicola autoctona.

A seguito della sua distruzione, perpetrata dall’esercito romano, causa tra l’altro delle numerose sepolture rinvenute in località Conca d’Oro, Alife ricostruita successivamente come oppidum, con la tipica pianta romana, con decumano massimo e cardine massimo, e quindi incorporata come praefectura sine suffragio nella repubblica romana, per poi diventare municipium Romanorum, con governo proprio di decurioni, decemviri, questori, censori, edili e pontefici. Della città romana è possibile ancora oggi apprezzare la cinta muraria. Alife rimase abitata, malgrado costanti assedi e saccheggi, per tutto il Medioevo, vedendo una fiorente attività monastica, come dimostrato dall’edificazione dei monasteri di Santa Maria e San Pietro a Massano, Santa Maria in Cingla, San Giovanni, San Salvatore, San Nazario e San Martino al Volturno.

La storia di questo borgo casertano è davvero lunghissima e molto interessante: fu gastaldato nel periodo longobardo, assurse al massimo splendore durante il dominio normanno e passò alla Casa di Svevia, vedendo un passaggio di re, imperatori e personaggi storici di ogni epoca, fin poi a passare dal territorio beneventano a quello di Caserta nel 1945.

Con un totale di 16 ettari complessivi, tra uliveti secolari e vigneti, Tenuta Donna Paola è una moderna azienda agricola ancorata in maniera decisiva al territorio di Alife: non a caso la sua storia è di molto anteriore all’attuale ristrutturazione e può vantare il retaggio della famiglia Capasso sin dagli anni ’20; infatti Vincenzo Capasso, capostipite della cantina alifana, riscosse agli inizi del Novecento riconoscimenti notevoli, sia in ambito nazionale che internazionale, diventando un riferimento per la Campania, grazie alla sua grande vocazione per la vitivinicoltura.

Ubicata nel comune di Alife, precisamente nella frazione San Michele della località Valle Paola, Tenuta Donna Paola si estende su terreni collinari a ridosso di una cava di dolomia, rientrante in un importante progetto di riqualificazione ambientale, ed è incastonata in un paesaggio davvero suggestivo.

Le uve occorrenti alla produzione dello Xystus Rosso provengono proprio dalla cava che crea, nel contesto di un’altitudine di circa 300 metri sul livello del mare e un clima favorevole, con buona ventilazione, condizioni uniche che conferiscono unicità ai vini che ne derivano: infatti le viti di Merlot e Casavecchia affondano le loro radici in un terreno dalla tessitura franco-sabbiosa, ricco di scheletro e mineralità.

Xystus Campania Rosso Igt 2023 di Tenuta Donna Paola, così come la sua versione in bianco, deve il suo nome al pontefice Sisto I, sesto papa dopo San Pietro e Santo Patrono di Alife, segno di omaggio e appartenenza stessa al territorio, tangibile anche nell’etichetta che mostra un raspo stilizzato con sei chicchi d’uva, tanti quanti lo sono le lettere che danno nome a questo vino e che rievocano la Ferula Papale del santo alifano.

Lo Xystus Rosso si presenta austero sin dall’aspetto grazie al colore rosso rubino, profondo e compatto, seppur con qualche reminiscenza cromatica purpurea, con archi fittissimi, forieri di grande consistenza. Il profumo floreale è quello del pot-pourri di viola e rosa, segue la mora con i gelsi rossi con una lieve vena di felce e foglie di mirto, quindi confettura di fichi e marasca selvatica, con un finale leggermente balsamico di sapa e pepe nero. Il sorso è veemente, materico, pieno e appagante: i tannini sono ancora giovani ma vengono ricalibrati da succosa freschezza, sapidità e tocco umami; in retro olfattiva il fruttato e la nota piperita vengono confermati, con in aggiunta il ribes nero e un’idea di tè nero essiccato. Digeribilissimo nei suoi 14,5° e dalla pai piuttosto lunga si abbina perfettamente allo Spadone del Brenta, coccola da fumo lento accompagnata dalle note di Summertime, nella versione di Louis Armstrong e Ella Fitzgerald del 1957: la voce calda di Fitzgerald si mescola al timbro di Armstrong, esattamente come nell’abbraccio enologico tra Merlot e Casavecchia.

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